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La formazione professionale come leva per un futuro migliore

La formazione professionale come leva per un futuro migliore

L’importanza della formazione per la tutela della salute, della sicurezza sul lavoro e dell'ambiente per accompagnare il sistema imprenditoriale nel necessario processo di cambiamento. Di A. Zaffanella.

 
L'Italia è ormai diventato un Paese dove se non c'è una regola scritta non si sa cosa fare, non si è capaci di decidere come procedere; usare il cervello è visto un rischio: meglio aspettare la circolare o la disposizione autorevole.
 
C'è da chiedersi come abbiano potuto costruire Brunelleschi e Michelangelo le cupole del Duomo di Firenze o di San Pietro …
 
Nessuno si permette più uno studio o una proposta diversa dalle “normali regole consolidate”, pena il rischio di un'autorizzazione negata o qualche blocco dei lavori. Tutto questo porta l'Italia ad accentuare le resistenze e inerzie al cambiamento, vuoi per motivazioni storiche e culturali, vuoi per la diffusa presenza di corporazioni e localismi.
 
Sul piano economico tali difficoltà sono tra i fattori che determinano la scarsa competitività del nostro sistema produttivo e altrettanto limitata capacità di innovazione. La crisi economica non ha fatto altro che aggravare una malattia presente nel nostro Paese già a partire dagli anni 90: in questo contesto la formazione professionale e per la prevenzione, anziché essere vista e utilizzata come strumento per il cambiamento e ammodernamento organizzativo, è stata e viene vissuta come un adempimento burocratico che è importate documentare con un “attestato” possibilmente a basso costo e a prescindere dalla qualità del servizio formativo erogato.


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Partendo da tali premesse ci si domanda come la formazione professionale per la tutela della salute, sicurezza e ambiente di lavoro e di vita, possa consentire una inversione di rotta e aiutare a creare le condizioni per riavviare un percorso di cambiamento e di crescita.
 
Va sottolineato che in una società moderna investire in formazione professionale per tutti i profili operativi è la leva per costruire un futuro migliore per le nuove generazioni.
 
A tale scopo occorre, in primo luogo, ridare alla formazione professionale per la prevenzione, ma in generale alla formazione di qualsiasi tipo, il ruolo di crescita culturale, sviluppo personale nonché di “elevazione sociale” che già in passato in Italia, alla fine dell'ultimo conflitto mondiale, abbiamo avuto. Purtroppo una recente indagine ha evidenziato che oggi i giovani non ritengono l'istruzione il veicolo più importante per l'affermazione economica e sociale e per una vita complessivamente migliore.
 
Dobbiamo far comprendere ai giovani che le Conoscenze, le Capacità e le Competenze che si acquisiscono nei processi formativi, rappresentano le condizioni necessarie per il dispiegamento delle loro potenzialità nel mondo del lavoro e nella società a partire dalla responsabilità verso se stessi e gli altri, dal rispetto delle regole condivise e dal miglioramento del proprio benessere nell'ambiente di lavoro.
 
È peraltro ormai più che evidente che il sistema produttivo italiano non è in grado di creare nuove opportunità di lavoro se non contando di fare emergere le nuove professionalità a partire dalla tutela dei consumatori, dalla sicurezza dei prodotti d'uso e per l'alimentazione umana e dalla tutela e sicurezza dei servizi di trasporto, energetici e di supporto alla persona.
Abbiamo bisogno di avere professionisti in grado di supportare le imprese italiane che vanno all'estero, di controllare e se del caso aiutare le imprese straniere che vengono ad investire o a operare nel nostro Paese, di essere più coscienti delle sfide che i nuovi mercati ci pongono, ma anche attenti, coscienti ed in grado di comprendere, far fronte e gestire i rischi derivanti dal mercato globale.
 
La formazione professionale per la tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente deve essere all'altezza delle sfide ed “essere in grado di accompagnare il sistema imprenditoriale nel necessario processo di cambiamento. Ciò implica un costante cambiamento dei contenuti, delle metodologie, degli strumenti, e dei formatori stessi”; in altre parole un efficace allineamento alle migliori esperienze europee ed internazionali, a cominciare dalla normazione volontaria riconosciuta a livello mondiale come la UNI ISO 29990.
 
Arnaldo Zaffanella



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Rispondi Autore: Gian Piero Marabelli - likes: 0
22/09/2014 (07:46:36)
Quale futuro se non riparte l'economia? Se non riparte l'economia siamo tutti morti...e non una "gufata"....Non c'è più nessuno che voglia fare il coordinatore (un paradosso). Prima facevamo 2/3 corsi di aggiornamento l'anno e almeno un corso intero per coordinatori da 120...è un anno che non si fa piu nulla. Le aziende per la formazione generale dicono "aspettiamo un attimo".."vorrei...ma adesso non posso proprio"....Adesso non si possono più utilizzare i fondi europei (rimane qualcosina da utilizzare ma poca roba..il problema è il "nuovo", cioè gli investimenti sulla formazione che non ci sono. Se non riparte l'economia siamo morti.
Rispondi Autore: Filippo Pataoner - likes: 0
22/09/2014 (09:03:41)
In questo panorama di decadenza culturale...può la formazione rilanciare le competenze professionali?

Assolutamente NO. Il problema non è la formazione "in se", quanto il valore che viene dato alla didattica.

Lei dice: Dobbiamo far comprendere ai giovani che le Conoscenze, le Capacità e le Competenze che si acquisiscono nei processi formativi...". Ma chi mai sta misurando tali conoscenze, capacità o competenze?

La maggior parte si limita a rispettare la legge (in tema di formazione) ma così non ne usciremo mai, sarà sempre un adempimento normativo fatto giusto giusto per stare nei limiti, senza osare quel qualcosa in più.

Serve innovazione tecnologica, progresso scientifico, spirito di azione, non per andare contro alla legge, ma per essere superiori alle imposizioni legislative.

Ci riusciremo?
Rispondi Autore: Giuliano Palotto - likes: 0
22/09/2014 (09:35:57)
Dizionario TRECCANI. Definizione di ECONOMIA: Nel linguaggio econ. e sociale, particolare tipo di sistema economico, soprattutto per ciò che concerne l’organizzazione della produzione e la distribuzione delle ricchezze: e. passiva o distruttiva, quella, prevalente fra le popolazioni primitive, che si limita a consumare i prodotti offerti dall’ambiente naturale (mediante caccia, pesca, raccolta dei frutti, ecc.), contrapposta all’e. attiva o conservativa o produttiva, propria dei popoli civili, che invece provvede a conservare le possibilità produttive della natura o ad aumentarle (con la coltivazione del suolo, l’allevamento del bestiame, ecc.); e. curtense, caratteristica dell’alto medioevo, in cui tutto il ciclo della produzione e dello scambio si compiva entro l’ambito della curtis; e. naturale ed e. monetaria, secondo che gli scambî avvengano in natura o in moneta; e. cittadina, con scambî limitati tra città e contado; e. nazionale (o chiusa) e internazionale (o aperta), secondo che gli scambî avvengano entro i confini di uno stato o tra stato e stato; per la cosiddetta e. sommersa, definita anche, meno comunem., e. informale, v. sommerso. Con riferimento ai criterî informatori del sistema economico, si distinguono inoltre le e. individualistiche, liberali (o liberiste) o di mercato, basate sul rispetto della libera iniziativa individuale, nella quale a prevalere è la legge della domanda e dell’offerta; le e. collettiviste, in cui l’interesse della collettività è inteso come superiore a quello degli individui; le e. socialiste, o socializzate, o nazionalizzate, caratterizzate dalla socializzazione dei mezzi di produzione e dette anche e. pianificate; le e. controllate (o dirette, di intervento, programmate o programmatiche), in cui l’iniziativa individuale è regolata dal controllo dello stato o da un programma statale; ecc.; e. mista, con cui si vuole sottolineare la caratteristica del sistema economico di alcuni paesi che, pur garantendo in diversa misura l’autonomia nelle decisioni dei singoli operatori privati, attribuisce un’importanza preminente, o comunque crescente, all’intervento pubblico; e. globale, l’economia fondata sulle regole imposte dalla globalizzazione; nuova e. (per calco dell’ingl. new economy, che si contrappone a old economy), quella che ricava i principî del suo fondamento dalle tecnologie più avanzate, dai nuovi assetti dei mercati finanziarî, dalla flessibilità del mercato del lavoro, dalla stessa economia globale.
L'economia parte da noi. Se rimaniamo immobili in attesa che parta qualcun'altro, lo stesso farà lui ottenendo per risultato un immobilismo disfattista. Se vogliamo muoverci, dobbiamo farlo in modo consapevole e professionale. La formazione (NO formificio!) è sicuramente uno dei buoni metodi per avere un risultato positivo. COGITO ERGO SUM.
Rispondi Autore: Francesco Cattari - likes: 0
22/09/2014 (11:36:25)
Quante parole inutili sulla formazione! oggi la formazione è solo un business per chi la propone e la gestisce. Nel panorama delle offerte di formazione (che sono tantissime)si trovano tanti argomenti inutili, dispersivi e costosissimi per le aziende. La vera formazione, come è sempre stata, è quella di mandare i giovani di 15 anni a fare l'apprendista, cosa che non esiste più nella realtà attuale. Oggi assumono laureati di 25 / 30 anni, con il contratto di 4 anni di apprendistato. Che formazione è? A 15 anni si impara il mestiere di falegname, fabbro, muratore, idraulico, elettricista, carrozziere, panificatore, cuoco e quant'altro. Oggi si preferisce tenere a casa i ragazzi piuttosto che vederli in un'officina o in una falegnameria. Cosa volete, se questi sono i "lavori che gli italiani non vogliono più fare", come pensate di migliorare, con una formazione teorica e inutile?
Sulla sicurezza del lavoro, in modo particolare, ci sono obblighi di formazione previsti dalla legge che sono solo oneri per il datore di lavoro. Un solo esempio: "in un'azienda in cui ci sono operai che usano in carrello elevatore (muletto) da oltre 20 anni, dopo aver frequentato un inutile corso di formazione sull'uso del muletto, oggi devono rifare lo stesso corso definito "di aggiornamento" che oltre a costare all'azienda in forma diretta, ci sono anche le ore di lavoro perse. Alla fine questi operai specializzati dovranno seguire una lezione tenuta da chi il muletto non lo ha mai usato.
Rispondi Autore: Davide - likes: 0
23/09/2014 (09:33:34)
Sono completamente concorde con Francesco Cattari che ha centrato a mio avviso il problema della formazione.
In qualità di RSPP , credetemi ho grosse difficoltà a fare formazione in aziende (GRATUITAMENTE) , i DL non mi concedono ore dei lavoratori che devono produrre quel poco di lavoro che hanno, e del resto come dargli torto in un momento simile.
Io non riesco proprio a capire se i legislatori, gli ispettori, i magistrati , ecc. ecc. si stanno rendendo conto che gli imprenditori NON CE LA FANNO PIU' ad arrivare a fine mese, pagare stipendi, contributi, tasse, balzelli vari e tutte le complicazioni che anche in materia di sicurezza devono affrontare. Carta, carta, carta, tutti vogliono vedere valutazioni su valutazioni, formule, numeri, certificati a discapito della vera sicurezza operativa.
Una macchina funziona benissimo, mai avuto problemi, mai un infortunio, ma se non c'è la carta multa, sanzione, ecc. ecc.
Stiamo affondando e al posto di rialzare la testa restiamo sottomessi ai soliti burocrati che continuano a spingere le nostre aziende sott'acqua.
La fortuna per queste persone è che comunque in Italia in fondo siamo un popolo di gente pacifica.

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