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RSPP esterni o interni: una nuova procedura d’infrazione europea

RSPP esterni o interni: una nuova procedura d’infrazione europea
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: RSPP, ASPP

10/07/2013

Avviata contro l’Italia la procedura d’infrazione n. 2013/4117: per l’attività di protezione e prevenzione l’Unione Europea richiede che una figura esterna all’azienda possa essere ricercata solo se non è presente una professionalità adeguata interna.

Roma, 10 Lug – Sono più di 100 le procedure d’infrazione – procedimenti volti a sanzionare gli Stati membri dell'Unione Europea responsabili di violazioni del diritto comunitario - aperte per l'Italia. La maggioranza delle procedure riguarda casi di violazione del diritto dell’Unione e solo una ventina attengono invece al mancato recepimento di direttive europee.
 
E il non corretto recepimento di una direttiva riguarda anche l’ennesima procedura dì infrazione, in tema di sicurezza sul lavoro, comunicata al nostro paese.
Infatti - come indicato nel  resoconto della seduta parlamentare del 3 luglio 2013 - il Ministro per gli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi, con lettera in data 2 luglio 2013, ha trasmesso - ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 - la comunicazione concernente l'avvio di diverse procedure d'infrazione, ai sensi degli articoli 258 o 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Tra queste la procedura d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013, per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. La comunicazione è stata trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XII Commissione (Affari sociali).

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Si tratta della seconda procedura negli ultimi due anni aperta dalle istituzioni dell’Unione Europea contro l’Italia in materia di sicurezza sul lavoro, dopo la procedura di infrazione n. 2010/4227 aperta in conseguenza delle denunce inviate alla Commissione dall’RLS Marco Bazzoni.
 
Veniamo ai motivi della procedura d’infrazione n. 2013/4117.
 
Posto che il datore di lavoro deve prevedere un servizio di protezione e di prevenzione all'interno della sua impresa o del suo stabilimento, l’Europa contesta quanto riporta il D.Lgs. 81/2008 riguardo alla scelta dei responsabili e dei servizi prevenzione in azienda.
 
Ricordiamo che il D. Lgs. 81/2008, confermando quanto già contenuto nel D.Lgs. 626/1994, norma il servizio di prevenzione e protezione con l’articolo 31:
 
Articolo 31 - Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.
3. Nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.
6. L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni,, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.
 
Dunque nella normativa italiana il servizio di prevenzione e protezione può essere “diretto”, interno o esterno. Al “servizio diretto”, con riferimento all’articolo 34 del D. Lgs. 81/2008, può accedere in certi casi il datore di lavoro che si impegna a svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione dai rischi indicati nell’art. 33. Al di fuori di quanto richiesto dal comma 6 dell’articolo 31 il Datore di lavoro può dunque optare per addetti e responsabili dei servizi interni o esterni. 
 
Differentemente dalla normativa italiana, la direttiva comunitaria indica invece un ordine di priorità: una figura esterna all’azienda potrà essere ricercata solo se non è presente una professionalità adeguata interna.
 
Vediamo a questo proposito l’articolo 7 della Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
 
Articolo 7
Servizi di protezione e prevenzione
1. Fatti salvi gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di prevenzione dei rischi professionali nell'impresa e/o nello stabilimento.
2. I lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali. I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente direttiva, devono poter disporre di tempo adeguato.
3. Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento.
4. Nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
5. In ogni caso:
- i lavoratori designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi richiesti,
- le persone o servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e
- il numero dei lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere sufficiente,
per assumere le attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento e/o dei rischi a cui i lavoratori sono esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell'insieme dell'impresa e/o dello stabilimento.
6. Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o allo stabilimento. Se necessario, il(i) lavoratore(i) e/o il(i) servizio(i) debbono collaborare.
7. Gli Stati membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell'impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro, a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il compito di cui al paragrafo 1.
8. Gli Stati membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo 5. Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5.
 
In questo senso, con riferimento al comma 3 che abbiamo evidenziato, la legge comunitaria è abbastanza chiara e sembra andare in direzione diversa dall’abitudine dei datori di lavoro nostrani, spesso di piccole e medie aziende, di utilizzare responsabili e servizi di prevenzione e protezione esterni.
 
E adesso cosa succederà?
 
Ricordiamo che l’avvio di una procedura d’infrazione è una competenza della Commissione europea, la quale può agire su denuncia di privati, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa.
Si parla di pre-contenzioso quando, rilevata la violazione di una norma europea, la Commissione procede all'invio di una " lettera di messa in mora" e concede allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni.
Se lo Stato membro non risponde alla lettera di messa in mora nel termine indicato o fornisce risposte non soddisfacenti, la Commissione può emettere un parere motivato con il quale cristallizza l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine. Se poi lo Stato membro non si adegua al parere, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee. In questo caso si conclude la fase del pre-contenzioso ed inizia il contenzioso vero e proprio.
 
E nel caso della procedura d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013, in fase di pre-contenzioso, l’Italia dovrà fornire alla Commissione una risposta entro il 26 agosto.
Un risposta che dovrà essere convincente per evitare il contenzioso e la possibilità di pagare salate sanzioni per ogni giorno di mancato adeguamento alla normativa dell’Unione Europea.
 
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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Rispondi Autore: pietro perocchi - likes: 0
10/07/2013 (07:53:57)
Mi sembra una questione di lana caprina! Chi stabilisce se ci sono le competenze? Il D.d.L. Se lui dice che non ci sono e nessuno all'interno si propone, avendo i titoli, le conoscenze e le competenze, va bene quanto indica l'attuale D.Lgs. 81/08. Oltretutto, poiche' svolgere attivita' di RSPP significa dedicarsi alla specifica mansione il D.d.L. deve sostituire l'eventuale incaricato con altra persona, che normalmente e' come minimo un diplomato. Quindi con oneri economici. Secondo mio parere purche' l'attivita' venga svolta con professionalita' e competenza non ci vedo anomalie.
Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0
10/07/2013 (08:37:10)
La direttiva 391 ha più di 20 anni e ancora andiamo avanti con l'analisi grammaticale delle parole. Anche in Europa non hanno nulla di meglio da fare?
Concordo con Pietro Perocchi.
Rispondi Autore: carlo tadini - likes: 0
10/07/2013 (09:02:38)
signori confermo le vs. osservazioni , visto che vi sono argomenti molto piu' importanti da risolvere. Buona giornata.
Rispondi Autore: Luca Ricci - likes: 0
10/07/2013 (09:28:53)
Più che continuare a dirimere sulla questione del RSPP interno o esterno ritengo sarebbe più opportuno cheiarire altri punti, come ad esempio cosa si intende con "numero sufficiente" ad esempio o cominciare a stabilire delle tariffazioni minime per chi assuma l'incarico come esterno o interno così da poter garantire un efficente servizio di prevenzione e protezione e non soltanto una mera assunzione di incarico ai fini legislativi.
Rispondi Autore: L. Neli - likes: 0
10/07/2013 (10:39:24)
Spero che questa vicenda possa portare, finalmente, a far chiarezza sulla differenza tra RSPP (figura e funzione escusivamente italiana) e il "Safety Manager" o "Safety Specialist" come inteso in EU. Figura quest'ultima di generalmente di linea e di responsabilita' operativa (non semplice consulente del DDL)e con percorso formativo ben diverso da quello espletato con i "nostri" moduli RSPP.... tant'e che che la qulifica di RSPP non e' riconosciuta/equiparabile in paesi diversi dal nostro.

Rispondi Autore: Dott.ssa Chiara Pegorin - likes: 0
10/07/2013 (11:01:05)
Da una veloce e sommaria lettura dell'articolo suindicato è possibile rilevare quanto segue.
Il comma 3 espleta un caso in cui la legge prevede un obbligo di avvalersi di un esterno debitamente titolato ma non esclude espressamente la possibilità del datore di lavoro di appoggiarsi a persona tecnicamente e formalmente competente secondo le prescrizioni normative qualora ne senta l'utilità e l'esigenza.
Sarebbe in ogni caso necessario un approfondimento sulle fonti legislative citate e sulla eventuale giurisprudenza per poter accertare le ulteriori questioni sottese al caso considerato.
Rispondi Autore: attiliomacchi - likes: 0
10/07/2013 (11:02:32)
Art. 32 comma 2 definisce i requisiti. Se all’interno dell’azienda non c’è nessuno che ha un diploma non c’è discussione. Se c’è la persona diplomata (in ragioneria!? Per i coordinatori cantieri il diploma DEVE essere tecnico!!!) e non ha frequentato corsi significa che non ha i requisiti richiesti dal dettato legislativo. Non mi sembra ci sia altro da dire. Non c’è scritto che il datore di lavoro ha l’obbligo di inviare ai corsi previsti (modulo A, B, C) il lavoratore che ha il PRE_requisito_diploma per partecipare, fatto salvo l’art. 31 comma 6.
Non è che come al solito c’è dietro la vendita dei suddetti moduli. Detto tra parentesi costa molto meno un RSPP esterno che uno interno (assenza ore per frequentazione corsi e aggiornamenti e costo degli stessi, ore dedicate alla valutazione, programmazione degli interventi, …) e c’è sempre la possibilità che un lavoratore formato al ruolo di RSPP se ne vada dall’azienda e la trafila ricomincia da capo.
La CE farebbe bene ad interessarsi di situazioni ben più incisive nel processo di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ma corre voce che sia tutta gente che non ha mai lavorato!!!
La questione è che l’art 41 della Costituzione vale per tutti (gente che diventa impresa edile ad esempio in un giorno) ma non per il libero professionista che è vessato da ogni angolo dell’impero.
Un’opportunità potrebbe andare a ramengo.
Sarebbe più corretto intervenire sul numero delle aziende massimo che un professionista “singolo senza dipendenti o collaboratori nello studio” può avere (vale anche per gli incarichi di coordinatore nei cantieri temporanei e mobili). Inaccettabile avere più di 100 aziende nel portafoglio del professionista, inaccettabile avere 50 cantieri in contemporanea, ma accade (anche di più!).
Qualcuno potrà dire che l’iniziativa economica privata (del professionista in questo caso) viene confinata, ma l’art. 31 comma 6 già esclude (giustamente a mio avviso) la possibilità di esercitare la professione in quei casi, perché non aggiungere ulteriori limitazioni sostenute dall’etica professionale tanto urlata nei codici deontologici inosservati?
Il nostro, che sia lavoro di RSPP o di coordinatore, è un lavoro tecnico ma “socialmente utile”. Il nostro compito è fare tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, invece di disquisire su argomenti puramente da legulei incalliti.
Propongo che per l’elaborazione dei DVR i datori di lavoro vengano lasciati soli con i loro RSPP interni, i loro software risolutivi (salvo indagine degli organismi di vigilanza), le loro associazioni di categoria,… Per il professionista c’è sempre la scelta Cincinnato!!! Buona fortuna.

Rispondi Autore: pietro perocchi - likes: 0
10/07/2013 (12:15:28)
Trovo molto interessante quanto scrive L. Neli. La figura del nostro RSPP a volte coincide con colui che scrive il DVR. Spesso piu' che un DVR e' un insieme di normative incollate a formare un volume, magari con belle illustrazioni a colori, che nulla hanno a che vedere con la realta' pratica. Difficilmente puo' interferire nell'organizzazione del lavoro all'interno dell'attivita' nella quale opera. Il solo fatto di essere in staff al D.d.L. lo rende un corpo distaccato dalla realta' produttiva. Io propendo piu' per il Safety Specialist ad ampio spettro. Ma caro L. Neli se li immagina quanti RSPP dovranno essere rivalutati? Auguri!!
Rispondi Autore: PAOLO INVERARDI - likes: 0
10/07/2013 (12:46:26)
La prima cosa a fare per la crescita economca del paese è cancellare le direttive europee che per la maggior parte sono sbaglite e per l'altra sono il risultato delle influenze dei maggiori gruppi economici. Burocrazia inutile e costosa.
Rispondi Autore: massimiliano carpene - likes: 0
10/07/2013 (17:22:11)
Ma questi non sono gli stessi che disquisivano sul raggio di curvatura delle banane? Provo la stessa sensazione di quello sull'autobus lanciato a folle velocità con l'autista ubriaco ... e noi a puntualizzare, interpretare, capire, discolparci, ecc.
Rispondi Autore: andrea saccardo - likes: 0
10/07/2013 (22:11:12)
A differenza di alcuni che hanno commentato l'articolo, ritengo che la questione non sia di poco conto.
Chi si occupa di sicurezza come me, sa bene che solo uno che "vive" la realtà aziendale ogni giorno (...interno all'azienda)può davvero collaborare a migliorarne la sicurezza (...se in possesso di capacità adeguate).
Qualcuno, (a mio parere, a torto), potrebbe pensare che più SPP interni tolgano lavoro ai consulenti esterni. In realtà questa considerazione è figlia di come in Italia si sia snaturato il ruolo dell'SPP. Il buon consulente ("non quello che si occupa di stesura di documenti di sola normativa") sarà sempre necessario al SPP per la parte di approfondimento tecnico e formativo.
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
10/07/2013 (22:48:07)
[..] 3. Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento. [..]

Non capisco dove siano i margini per avviare una procedura di infrazione.
Non vedo dove sanzionare il comportamento del Datore di Lavoro che gradisce più l'apporto dell'esperto esterno che del lavoratore interno.
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
11/07/2013 (07:01:44)
[..] 3. Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento. [..]

Non capisco dove siano i margini per avviare una procedura di infrazione.
Non vedo dove sanzionare il comportamento del Datore di Lavoro che gradisce più l'apporto dell'esperto esterno che del lavoratore interno.
Rispondi Autore: L. Nelli - likes: 0
11/07/2013 (11:15:36)
(a Pietro Perocchi).
Ha ragione. La quasi totalita' di RSPP, direi.
Ma potrebbe essere anche un modo per iniziare un cammino verso una eccellenza di questa professione. Una sorta di selezione su competenze non su soli titoli.
l'RSPP cosi come concepito (o per meglio dire espletato, in senso lato) nel ns paese non da risultati o performance positive (generalmente parlando)
Rispondi Autore: pietro perocchi - likes: 0
11/07/2013 (12:17:37)
(a L.Neli e quanti altri interessati)
Concordo totalmente con la sua analisi. Purtroppo da noi il RSPP e' stato concepito non come una risorsa ma come un "tappabuchi" per il Datore di Lavoro. Se pensiamo che senza alcuna esperienza pratica di lavoro, iscrivendosi ai corsi per RSPP che vengono elargiti anche a prezzi di saldo, uno puo' svolgere la professione per una molteplicita' di aziende, le piu' varie anche come settori. In questi casi il RSPP puo' offrire solamente il supporto all'elaborazione del DVR e poco altro in termini pratici. Se poi pensiamo che la stessa figura, frequentando un corso per Formatore dei Formatori puo' fare formazione ai lavoratori, Preposti e Dirigenti come da Accordo Stato Regioni, abbiamo detto tutto!! Poi magari verifichiamo che RSPP con anni di attivita' pratica e di conoscenze tecniche non possono svolgere la formazione perche' non hanno le ore di docenza richieste!. La mia domanda e': come dare un significato tecnico ed operativo alla figura del RSPP? Chiedo scusa a tutti quanti mi leggeranno ma non c'e' nulla di personale. E' solo una presa d'atto della realta'.
P.S. sono un RSPP; sono un Formatore; ho 20 anni di esperienza nella Sicurezza in ambito industriale.
Rispondi Autore: Luca Ricci - likes: 0
11/07/2013 (14:49:44)
(a pietro perocchi)
Commento molto calzante sopratutto in merito alla valutazione per competenze e non per titoli, sarebbe davvero una svolta estremante positiva!
Magari inserendo qualche anno di esperienza come consulente o ASPP prima di poter accede al ruolo di RSPP..... Trovo tuttavia che un tema altrettanto interessante da sviscerare, sarebbe quello di definire anche un "listino", in senso lato ovviamente, dei "prezzi" come RSPP esterno.
Come lei anche io ho qualche anno di esperienza come consulente (non sono 20 ma 10 si) e nella prassi quotidiana si ottiene il lavoro in ragione del prezzo più basso e non della maggiore competenza. Come un può RSPP svolgere la propria funzione quando gli vengono commissionati 1-2 sopralluoghi anno? Mistero della fede.....
Rispondi Autore: Daniele Bersano - likes: 0
11/07/2013 (17:40:18)
Forse non tutti ricordano che nell'Europa c'è anche l'Italia, che il testo lo ha votato e recepito.
Ora questa cosa tocca gli interessi di molti consulenti esterni, credo tutti quelli che hanno commentato così aspramente il testo, ma è un dato di fatto che il Parlamento Europeo comprende parlamentari italiani e che il parlamento italiano ha l'obbligo di recepire le direttive, possibilmente senza snaturarle.
Il testo europeo parla di competenze, perchè l'Europa poco sa dell'apparato di corsi, attestati e crediti messo su dall'Italia: quindi se in azienda c'è una persona che ha le competenze per svolgere tale ruolo, sarà poi cura del datore di lavoro inviarlo ai corsi e abilitarlo. Sono totalmente d'accordo sul fatto che poi saranno esterni i consulenti per le valutazioni del rischio specifiche, per i campionamenti e per tutte le attività "tecniche" che richiedono ulteriori COMPETENZE (appunto). Andrea Saccardo ha già ben espresso questo punto.
Rispondi Autore: pietro.perocchi - likes: 0
11/07/2013 (20:57:22)
Al riferendomi al commento del Sig. Daniele Bersano non mi sembra ci sia stata asprezza nei commenti finora espressi, ne' interessi di parte, ma forse una disamina su un problema di fondamentale importanza per la salute e sicurezza dei lavoratori. Vorrei porle un quesito: L'art. 7, comma 3 della Direttiva 89/391/CEE dice quanto segue . Secondo lei chi deve stabilire se queste competenze ci sono? Oltre il Datore di Lavoro esiste qualche altro ente che abbia l'autorita' di farlo? Se cosi' non e' (e non e'!) sara' sempre solo il D.d.L a stabilirlo ed a decidere quello che va fatto, nel suo specifico interesse. Deve essere chiarito anche cosa si intende per competenza: conoscenze tecniche? saper comunicare? essere in grado di organizzare le emergenze, ecc? Io posso essere la persona che ha piu' conoscenze ma se non so comunicare; se non so organizzare, ecc. ecc non sono adeguato per lo scopo specifico. Questo e' quello che penso io e che l'esperienza degli anni mi ha fatto vedere. E' chiaro che ognuno puo' e deve avere la sua opinione, ma deve esserci un punto comune. Non si tifa pro o contro gli RSPP esterni! Comunque l'argomento e' spinoso, tocca anche molti interessi (le lobby della formazione) e richiederebbe approfondimenti che in questa sede sarebbero poco congrui. Chissa' che da questo piccolo "assaggio" non si possa approfondire l'argomento RSPP e Sicurezza?. Buona serata a tutti. E' stato un vero piacere interloquire con tutti voi.
Rispondi Autore: pietro perocchi - likes: 0
11/07/2013 (21:12:23)
Chiedo scusa ma nella mia risposta al Sig. Bersano ho omesso di riportare (dopo le parole: quanto segue...) il testo dell'art. 7, comma 3 della Direttiva Europea 89/391. E' gia' riportato nell'articolo di Tiziano Menduto, percio' non lo inserisco pero' e' stata una mia disattenzione.
Rispondi Autore: Giampaolo Ceci - likes: 0
13/07/2013 (18:41:00)
Concordo con quanto scritto da Cuccuini.
Rispondi Autore: Giuseppe Scalzo - likes: 0
14/07/2013 (23:20:02)
Mi sembra che la Comunità Europea ha fatto confusione e non ha letto bene la normativa Italiana. Infatti è vero che l’art 31 prevede che “il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo” MA al comma 4 recita che “Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32”.
Quindi c’è una chiarissima limitazione alla nomina di persone esterne “ in assenza di dipendenti …….“.
Mi sembra che sia la stessa cosa che dice la direttiva Europea.
Inoltre la legislazione Italiana è più stringente di quella Europea in quanto al punto 6 dell’art 31 è previsto che “L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi……..” .
Vengono elencate le attività per le quali vige comunque l’obbligo di nominare solo persone interne. Ovviamente se non ve ne sono si deve per forza ricorrere ad esterni.
Pertanto la procedura di infrazione dovrebbe essere al contrario in quanto la legislazione Italiana inoltre non consente la valutazione prevista dalla direttiva che cosi recita “Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento”.
Pertanto mentre nella legislazione Italiana nei casi previsti dal punto 6 citato il Datore di lavoro è obbligato a nominare persone interne se sono provviste dai titoli, la direttiva prevede che sia lo stesso datore di lavoro a stabilire che se le competenze interne non sono sufficienti può nominare professionisti esterni.
Ritengo quindi che la direttiva saia più elastica della normativa Italiana.
Per quanto riguarda poi i moduli previsti per essere abilitato a fare l’attività di RSPP questo è un altro fatto e concordo che i corsi cosi come vengono effettuati non abilitino un bel nulla. Sarebbe stato più logico prevedere un bel corso Universitario della durata di un anno magari con tirocinio pratico e un esame di abilitazione finale.
Rispondi Autore: francesco scappini - likes: 0
15/07/2013 (08:43:50)
Premesso il mio pieno accordo con Pietro Petrocchi e con l'amico Riccardo Borghetto, ricordo che originariamente il RLS dava un parere (ovviamente non vincolante) sulla scelta del RSPP e il tutto veniva comunicato agli Organi di Vigilanza: l'RLS "avvallava" la mancanza di professionalità interna dell'azienda e gli OOVV ne erano a conoscenza per "vigilare"... direi che la direttiva era soddisfatta.

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