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Imparare dagli errori: quando un DPI manca o è inadeguato

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Imparare dagli errori

06/09/2011

Esempi tratti dall’archivio Ispesl Infor.mo.: ancora incidenti legati a mancanza, deterioramento o uso scorretto di dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Lo smontaggio di pale in una cisterna e la sabbiatura delle pareti di un silos.

 
Brescia, 6 Sett – Riprendiamo a parlare degli incidenti correlati alla mancanza, il deterioramento o l’uso inadeguato dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, incidenti che – come abbiamo visto in una precedente “puntata” di “Imparare dagli errori”sono spesso correlati a infortuni mortali.
Come sempre, le dinamiche degli incidenti che analizzeremo sono tratte dall’archivio di INFOR.MO. - strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
 
I casi
Il primo caso è relativo all’attività di montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili.
Due lavoratori, dipendenti rispettivamente di due ditte diverse, sono in un azienda per effettuare lo smontaggio di pale all'interno di una cisterna.
Vengono rinvenuti “privi di conoscenza all'interno del serbatoio, che in precedenza aveva contenuto un semilavorato a base di betone”.
I due lavoratori “non indossavano alcun presidio di protezione: né maschere, né imbracature di sicurezza”. Per il primo si constata il decesso, il secondo, prima in prognosi riservata, poi sciolta, “a seguito della mancanza di ossigeno all'interno della cisterna e/o di inalazione di gas tossici riporta lesioni guaribili in 30 gg”.
L’azienda presso cui si situava la cisterna “aveva provveduto alla verifica dei requisiti tecnico professionali dell'impresa a cui aveva appaltato i lavori ma, non aveva fornito alla stessa dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro (i testi parlano di odore di solventi e mai di azoto con cui era stata effettuata la bonifica del serbatoio il giorno prima). Tutte le procedure di lavoro, peraltro scritte, sono state disattese”.
 

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Il secondo caso è relativo ad attività di sabbiatura delle pareti di un silos.
Un lavoratore si trova da solo, su un ponteggio alto circa 12 metri, installato all’interno di un silos (contenitore per vino), per effettuare operazioni di sabbiatura alle pareti. Improvvisamente altri lavoratori sentono un rumore e accorsi sul luogo trovano il lavoratore deceduto a terra.
“Sulla base delle rilevazione effettuate si ritiene probabile che l’infortunato abbia perso l’equilibrio durante la discesa del ponteggio.
A ciò si è giunti sulla base dei seguenti elementi:
- il corpo della vittima è stato rinvenuto all’interno del perimetro di base del ponte sul lato sinistro rispetto alla botola d’entrata;
- l’ultimo piano di calpestio (a circa 12 m di altezza da terra) presentava un’apertura da cui avrebbe potuto precipitare, ma essa si trovava nell’angolo destro sempre rispetto alla botola d’entrata;
- se fosse caduto per l’inadeguatezza del parapetto di protezione sarebbe caduto all’esterno della base del ponte;
- non ci sono elementi di salita e discesa sicuri ed adeguati lungo l’incastellatura, i lavoratori si arrampicavano sugli elementi stessi del ponte. Molto probabilmente utilizzavano le zone d’angolo dove gli elementi essendo sfalsati sui due lati sono più ravvicinati, inoltre tali piani essendo sfalsati fra loro lasciavano ampie aperture verso il vuoto;
- le condizioni di visibilità all’interno del silos erano pessime per la polvere che si liberava durante la sabbiatura che, in parte veniva estratta con un ventilatore posto all’imboccatura della botola e in parte residua nell’ ambiente;
- infine la maschera con cappuccio che indossava, in pessime condizioni, rendeva ancora più scarsa la visibilità”.
Come si vede sono molti i fattori determinanti dell’incidente, ad esempio le carenze del ponteggio o l’eccesso di polvere nel silos. Tuttavia nell’incidente è determinante anche il deterioramento della maschera con cappuccio.
 
La prevenzione
Focalizzando il nostro interesse sui dispositivi di protezione delle vie respiratorie, riprendiamo alcune indicazioni per la prevenzione tratte dal documento " La valutazione dei rischi nelle costruzioni edili", manuale nato dalla collaborazione tra il C.P.T. Torino e l’INAIL Piemonte.
 
Ricordiamo alcuni degli obblighi del datore di lavoro secondo il Decreto legislativo 81/2008. Il datore di lavoro deve:
- “effettuare l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
- individuare e fornire DPI adeguati ai lavoratori e conformi alla norma;
- aggiornare la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione;
- mantenere in efficienza i DPI e assicurarne le condizioni d’igiene;
- fornire istruzioni comprensibili per i lavoratori;
- destinare ogni DPI a un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prendere misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
- informare preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
- rendere disponibile nell’azienda o unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
- stabilire le procedure aziendali da seguire, al termine dell’utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
- assicurare una formazione adeguata e organizzare, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI, che è comunque indispensabile per i DPI di terza categoria e per i dispositivi di protezione dell’udito”.
Mentre i lavoratori:
- “devono sottoporsi al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro;
- utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento quando organizzato ed espletato;
- provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
- non apportano modifiche ai DPI di propria iniziativa;
- seguono, al termine dell’utilizzo, le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI;
- segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione”. 
 
Concludiamo questa breve raccolta di promemoria normativi e di buone pratiche con alcune indicazioni tratte da un opuscolo di Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni, dal titolo “ Respiratori antipolvere. Informazioni utili sulla scelta e l’uso”.
 
L’opuscolo riporta alcune informazioni per un uso corretto delle maschere:
 - adattare la maschera: “consultare il manuale d’uso. Esso indica come adattare la maschera alla forma del volto (stringinaso, bardatura del capo, posizione della valvola di espirazione). La maschera deve aderire perfettamente al viso”.
- maschere monouso pieghevoli: “sono spesso confezionate singolarmente. Possono essere portate senza problemi negli indumenti e quindi rimangono pulite fino al primo uso”;
- “le persone con barba non sono adatte a svolgere lavori che comportano l’uso di un respiratore. La maschera non aderisce bene al volto. Già una barba di tre giorni riduce notevolmente l’efficacia di un respiratore;
- carbone attivo: le maschere monouso con filtro a carbone attivo sono efficaci contro i cattivi odori. Non devono però essere impiegate per proteggersi dai gas e dai vapori nocivi alla salute;
- valvola di espirazione: le maschere monouso dotate di valvola di espirazione sono più confortevoli a causa della bassa resistenza respiratoria e riducono l’appannamento degli occhiali. La loro durata d’impiego massima è solitamente più lunga delle maschere prive di questa valvola;
- nanoparticelle: i filtri antipolvere sono composti di fibre sottilissime sulla cui superficie si attaccano le particelle di polvere. Sono efficaci con ogni tipo di particella, anche con le nanoparticelle;
- custodia: le maschere e i filtri inutilizzati devono essere conservati in un luogo pulito e asciutto”.
 
Riguardo ai respiratori antipolvere il documento sottolinea che le “maschere monouso non possono essere lavate né disinfettate, in quanto il filtro subirebbe dei danni. Per motivi igienici devono essere indossate solo da una persona e per un periodo non superiore alle 8 ore giornaliere. La maschera va sostituita se la resistenza respiratoria è particolarmente alta a causa di un accumulo di polveri o dell’umidità (nebbia, respiro o sudore)”.
 
 
 
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 1026 (archivio incidenti 2005/2008) e 94 (archivio incidenti 2002/2004).
 
 
 
Tiziano Menduto


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