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Sulla responsabilita' del DdL nei confronti di terzi estranei all’azienda

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Approfondimento

22/03/2010

Cassazione: il destinatario degli obblighi di prevenzione, se si ravvisa un nesso causale fra un infortunio ed una violazione di sicurezza, è garante anche delle persone estranee all’ambito datoriale. A cura di G.Porreca.

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Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 43966 del 17 novembre 2009  (u. p. 6/11/2009) -  Pres. Mocali – Est. Piccialli – P.M. (Parz. conf.) Geraci  M. A.  

Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it)

E’ stato ribadito dalla Corte di Cassazione penale in questa sentenza il principio in forza del quale il destinatario degli obblighi di prevenzione è garante non solo dell’incolumità dei prestatori di lavoro ma anche di quella delle persone estranee che vengono a trovarsi nell’ambito imprenditoriale nel caso in cui sia ravvisabile il nesso causale tra un infortunio e la violazione di una norma che disciplina gli obblighi di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Tale principio, secondo la suprema Corte, discende dal generalissimo disposto di cui all’art. 2087 del codice civile il quale impone a carico del datore di lavoro l’obbligo di garantire le migliori condizioni di sicurezza nell’ambito dei luoghi di lavoro.



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Il caso e l’iter giudiziario.
La Corte di Appello ha confermata una sentenza di condanna inflitta in primo grado al legale rappresentante e direttore di un cantiere edile ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di una persona che, trovandosi al piano seminterrato di un immobile nel quale erano in corso dei lavori di demolizione, veniva colpita mortalmente alla testa da porzioni di materiale inerte staccatosi a seguito del crollo dell'edificio. L’imputato era stato chiamato a risponderne essendosi ravvisati a suo carico profili di colpa specifica fondata sulla inosservanza agli obblighi imposti dall’articolo 72 del D. P. R. n. 164/1956 che gli imponevano di provvedere alla realizzazione di opere provvisionali, quali puntellature ed altre, utili a mantenere l'efficienza statica dell'edificio nella fase della parziale demolizione.
I giudici di merito hanno ribadita l'ipotesi accusatoria e, accogliendo le conclusioni del consulente tecnico, hanno affermato che la causa del crollo era da individuarsi nella avvenuta inversione delle opere di demolizione (dal basso verso l'alto anziché dall'alto verso il basso), nonché nella concorrente e coadiuvante azione di picconatura compiuta da due operai nella eliminazione di alcuni pannelli stabilizzanti delle pareti.

Il ricorso e la decisione della Cassazione.
Avverso la decisione della Corte di Appello l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che al momento del crollo gli operai non stavano lavorando alla demolizione di alcuna parte del manufatto, essendosi soltanto apprestati ad iniziare l'asportazione di una parte del pavimento che avrebbe dovuto essere sostituito, e ponendo in evidenza che lo smantellamento dell'intonaco portante e la rimozione delle tavelle avevano costituito solo l'occasione che ha scatenato il collasso del fabbricato e non certo l'effettiva causa del sinistro. L’imputato aveva sostenuto, fra l’altro, che non era a conoscenza delle precarie condizioni dell'immobile e che aveva fatto affidamento solo sugli elaborati tecnici esistenti e sulle disposizioni impartitegli dal progettista e dal direttore dei lavori nell’ambito di un vertice tecnico tenutosi solo due giorni prima del crollo. Il ricorrente ha lamentato, altresì, l'erronea applicazione dell'aggravante prevista dall'articolo 589 c.p., comma 2, mancando il nesso tra l'evento e la violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro non essendo a lui riconducibile la presenza della vittima estranea al cantiere.

La Corte di Cassazione non ha però accolto i vari motivi addotti dall’imputato ricorrente ed ha pertanto rigettato il ricorso. In merito poi alla presenza di una persona estranea al cantiere la suprema Corte ha tenuto a precisare che “la disciplina dei contratti di appalto, come quella dei contratti di opera e di subappalto (cfr., ora, il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 26, ma ribadendo principi già affermati nella normativa di settore), è molto rigorosa, dimostrando con chiarezza l'intendimento del legislatore di assicurare al massimo livello un ambiente di lavoro sicuro, con conseguente ‘estensione’ dei soggetti onerati della relativa ‘posizione di garanzia’ nella materia prevenzionale. Tale normativa costituisce, del resto coerente sviluppo del principio (di cui al generalissimo disposto dell'articolo 2087 c.c., comportante l'obbligo a carico del datore di lavoro di garantire le migliori condizioni di sicurezza dell'ambente di lavoro), in forza del quale il destinatario degli obblighi di prevenzione è costituito garante non solo dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale del prestatore di lavoro ma anche di persona estranea all'ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale tra l'infortunio e la violazione della disciplina sugli obblighi di sicurezza”.
Le norme antinfortunistiche” prosegue la Sez. IV, “non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori (e solo i lavoratori) possano subire danni nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono nei cantieri o comunque in luoghi ove vi sono macchine che, se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi. Le disposizioni prevenzionali sono quindi da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa”.
”In caso di lesioni e di omicidio colposi
”, conclude la Corte di Cassazione, “perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 c.p” e precisa ancora che “dovrà ravvisarsi l'aggravante di cui all'articolo 589 c.p., comma 2, e articolo 590 c.p., comma 3, nonché il requisito della perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590 c.p., u.c., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell'infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi (v. Sez. 4, 10 novembre 2005, Proc Trento in proc. Sartori e Sez. 3, 29 novembre 2007, Sava)”.



Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 43966 del 17 novembre 2009  (u. p. 6/11/2009) -  Pres. Mocali – Est. Piccialli – P.M. (Parz. conf.) Geraci  M. A. - Il destinatario degli obblighi di prevenzione, se si ravvisa un nesso causale fra un infortunio ed una violazione di sicurezza, e’ garante non solo della incolumita’ dei prestatori di lavoro ma anche delle persone estranee all’ambito datoriale.




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