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Factsheets su violenza e mobbing nel posto di lavoro

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

02/12/2008

Le Buone Pratiche negli interventi su violenza e mobbing nel posto di lavoro. Ogni azienda deve avere specifici codici di condotta per prevenire e affrontare questi fenomeni. Terza parte.


Dopo aver presentato i factsheets prodotti nel contesto del convegno internazionale “La gestione dei rischi psicosociali nei luoghi di lavoro nel contesto italiano ed europeo” ed esserci soffermati in particolare sulle “Buone Pratiche negli interventi di gestione dello stress correlato al lavoro”, continuiamo presentando un nuovo documento prodotto dal convegno.
 
 

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Nell’introduzione non solo si ricorda quanto i rischi psicosociali sia una delle maggiori sfide contemporanee per la salute e per la sicurezza occupazionale, ma si fa diretto riferimento al legame di questi con gli episodi di violenza, molestie e mobbing sui luoghi di lavoro.
 
Secondo la “Quarta Indagine sulle Condizioni di Lavoro in Europa” (2007), il 6% della forza lavorativa è esposta a minacce di violenza fisica, il 4% a violenze da parte di terzi e il 5% a mobbing e/o molestie sul lavoro.
 
Inoltre “il rischio di incorrere sia nelle minacce di violenza sia nella violenza stessa, come pure nel mobbing è più alto nel settore sanitario, nella pubblica amministrazione e nella difesa” ed è comunque “superiore alla media nei settori dei trasporti e comunicazione, alberghiero e ristorazione, e in quello educativo”.
 
Il documento, che riassume i principi chiave delle buone pratiche concernenti gli interventi di prevenzione secondo quanto definito dal Modello Europeo sulla gestione del rischio psicosociale (PRIMA-EF), vuole “fornire punti di riferimento per organizzazioni, partners sociali ed esperti che desiderano attuare tali interventi sia in Europa che a livello internazionale”.
 

Come avevamo già visto riguardo alle buone pratiche di gestione dello stress correlato al lavoro, anche in questo caso si possono individuare diversi stadi di prevenzione:

 - interventi per la prevenzione primaria, volti alla riduzione dei rischi di mobbing o violenza sul lavoro: ad esempio “politiche e piani d’azione anti-mobbing, rilevazione di episodi di violenza, progettazione e ri-progettazione per la riduzione del rischio dell’ambiente psicosociale e fisico del lavoro”;

- interventi per la prevenzione secondaria per “migliorare le risorse individuali” o “interrompere l’aggravarsi del fenomeno”: ad esempio “formazione, indagini sul personale e risoluzione di casi di conflitto”;

- interventi per la prevenzione terziaria per ridurre e sanare i danni del mobbing e della violenza: ad esempio “accordi aziendali e programmi di post-assistenza, consulenza e terapia”.
 
Nell’ambito del progetto PRIMA-EF è stata condotta una “ricognizione paneuropea e sono state realizzate delle interviste ad esperti allo scopo di identificare gli aspetti chiave degli interventi di successo e gli elementi che devono essere presi in considerazione”.
 
Partendo dalla constatazione che mobbing e violenza da parte di terzi siano fenomeni multidimensionali, il documento ricorda che la prevenzione deve avvenire con un approccio globale sui livelli individuali, lavorativi, organizzativi e sociali.
 
E si deve sottolineare poi che la “base per la gestione della violenza correlata al lavoro è la tolleranza zero per tutti i tipi di violenza fisica o psicosociale, sia all’interno che all’esterno del posto di lavoro”.

Ecco un esempio di Buone Pratiche per il Mobbing secondo il progetto PRIMA-EF:

- è “necessario promuovere la consapevolezza ed il riconoscimento del mobbing”: senza consapevolezza ci possono essere forme di resistenza agli interventi;

- il mobbing deve essere inteso come un “problema dell’ambiente lavorativo”: gli interventi di prevenzione devono fare attenzione “all’ambiente psicosociale di lavoro, al clima e alla cultura organizzativa ed alle pratiche di leadership”, mentre le “iniziative focalizzate sulla personalità sono destinate all’insuccesso”;

- è importante sviluppare “politiche anti mobbing e codici di condotta che includono procedure chiare ed applicabili per prevenirlo ed affrontarlo”;

- i dirigenti devono essere formati sulla responsabilità, sulla gestione legale dei casi di mobbing;

- “per combattere il mobbing devono essere sviluppate le competenze e le capacità dei dirigenti e dei lavoratori;

- i consulenti esterni coinvolti negli interventi sul mobbing devono assumere un ruolo neutrale e imparziale”.

Riguardo alle Buone Pratiche sulla violenza sul lavoro da parte di terzi il documento ricorda che tutti i posti di lavoro ad alto rischio di violenza da parte di terzi “devono avere un codice di condotta, linee guida e piani di crisi per la prevenzione e la gestione della violenza”.
 
Inoltre:

- “tutti i lavoratori devono essere formati per aiutarli a fronteggiare e a trattare episodi di violenza”;

- una registrazione sistematica ed un’analisi degli episodi di violenza (anche la violenza psicologica) rappresentano un’importante base per la prevenzione;

- la valutazione del rischio deve includere, tra le altre cose, una progettazione del luogo di lavoro, i sistemi di sicurezza, i piani di sostegno al personale, le pratiche lavorative, le linee guida e la formazione;

- è bene implementare metodi differenti per settori occupazionali differenti (ad es. “forze di polizia, settore psichiatrico”);

- “anche clienti e utenti devono essere formati a non comportarsi in modo minaccioso o violento”;

- “trattare il mobbing e la violenza da parte di terzi richiede un clima non colpevolizzante nel luogo di lavoro”.

   

Ecco alcuni degli aspetti chiave individuati per gli interventi preventivi:

- la pianificazione degli interventi deve basarsi sulla letteratura scientifica e su conoscenze derivate dalla ricerca su cause e natura progressiva del mobbing e delle situazioni di violenza;

- la base di ogni intervento è un’appropriata analisi della situazione o una valutazione del rischio;

-  “gli interventi devono essere adattati per rispondere ai problemi ed alle necessità (ad es.

 bisogni formativi) delle rispettive organizzazioni e degli individui;

- l’impegno ed il supporto della dirigenza sono cruciali per gli obiettivi e la realizzazione degli interventi;

- coloro che sono coinvolti negli interventi devono avere anche la responsabilità del processo”;

- deve essere sviluppata una strategia di valutazione, chiaramente collegata agli scopi e agli obiettivi delineati nell’intervento e ai problemi identificati;

- per la valutazione degli interventi devono essere applicati diversi metodi secondo la disponibilità di risorse dell’azienda;

- è necessario “valutare sistematicamente” la qualità e l’efficacia del processo di realizzazione degli interventi.
 
Infine, come per la gestione dello stress lavoro correlato, anche in questo caso bisogna tener conto di quattro aspetti per poter realizzare strategie di intervento efficaci:

- disponibilità dell’organizzazione al cambiamento: il successo e l’efficacia dell’intervento dipende molto dalla disponibilità e dalla resistenza dell’organizzazione al cambiamento, ricordando che mobbing e violenza sono argomenti delicati sia per le organizzazioni che per gli individui;

- strategia di intervento realistica: “la strategia di intervento deve contemplare soluzioni realizzabili che possano essere adottate nella pratica lavorativa quotidiana, rendendo quindi l’applicazione più facile, di maggior successo e durevole nel tempo”;

- strategia di intervento globale: “per prevenire e gestire con successo la violenza ed il mobbing sul lavoro, le strategie di intervento devono includere elementi di tutti e tre i livelli: prevenzione primaria, secondaria e terziaria”;

- sostenere un miglioramento continuo: l’impegno per affrontare la violenza sul posto di lavoro e il mobbing deve essere inserito nella pratica lavorativa quotidiana.
 
 
Buone Pratiche negli interventi su violenza e mobbing nel posto di lavoro”, Prima-Ef Consortium (formato PDF, 784 kB).


 
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