Quali sono le principali sorgenti di accensione di un incendio?
Roma, 27 Feb – Come ripetuto più volte in questi anni, parlando delle basi della prevenzione e lotta agli incendi, le condizioni necessarie per avere una combustione sono la presenza del combustibile, la presenza del comburente e la presenza di una energia di attivazione (innesco/sorgente di calore).
Posto che solo la presenza contemporanea di questi tre elementi può dar luogo al fenomeno dell’incendio e al mancare di almeno uno di essi l’incendio si spegne, ci soffermiamo oggi proprio sulle sorgenti di attivazione dell’incendio. E lo facciamo con riferimento al contenuto di una dispensa, la “Dispensa per corsi 1-FOR - Corsi di formazione antincendio per addetti antincendio in attività di livello 1 (durata 4 ore, compresa verifica di apprendimento)” che è allegata, con altre due dispense, alla nota DCPREV n. 12301 del 07 settembre 2022 con riferimento al contenuto del Decreto del Ministero dell'Interno 2 settembre 2021.
Sottolineiamo e ribadiamo che la dispensa è predisposta “quale supporto didattico per lo svolgimento dei corsi di formazione 1-FOR per gli addetti antincendio ai sensi del D.Lgs. 81/08 e della Legge 28 novembre 1996, n. 609, con le modalità di cui al D.M. 2 settembre 2021, al D.M. 14 ottobre 1996 ed alla nota DCPREV 8274 del 31/05/2022”.
Con riferimento al contenuto della dispensa, ci soffermiamo dunque sui seguenti argomenti:
- Le sorgenti di attivazione: piccole fiamme, scintille e superfici calde
- Le sorgenti di attivazione: attrito e radiazione termica
- Le sorgenti di attivazione: autocombustione e reazioni chimiche esotermiche
Le sorgenti di attivazione: piccole fiamme, scintille e superfici calde
Riguardo alle possibili sorgenti di attivazione dell’incendio (energia di attivazione), la dispensa per i corsi di tipo 1-FOR descrive le caratteristiche delle sorgenti d’ignizione più comunemente note, “riportando anche degli esempi finalizzati ad evidenziare in quali situazioni le suddette sorgenti possono risultare efficaci nell’attivazione di un incendio”.
Ad esempio si sofferma su una “piccola fiamma prodotta da una candela, fiammiferi o accendino”.
Si segnala che una sorgente d’ignizione rappresentata da una piccola fiamma, come quella generata dalle sorgenti indicate, “produce flussi termici maggiori nella direzione della fiamma, piuttosto che in direzione trasversale alla fiamma. Questo conferma la propensione della fiamma di una candela ad accendere combustibili a qualche distanza immediatamente sopra la fiamma ma non anche combustibili posti a lato di essa”.
Veniamo alle “scintille ed archi elettrici”.
Si indica che la definizione di scintilla “è ambigua perché il termine può riferirsi a una delle due situazioni di seguito elencate:
- un arco elettrico di breve durata in cui la corrente elettrica si scarica attraverso l'aria o altro isolante;
- un minuscolo frammento di materiale solido incandescente che si muove attraverso l'aria”.
E la scintilla elettrica “non è facilmente distinta dall’arco elettrico, tranne per la durata”.
Si ricorda che l'arco elettrico “persiste come una scarica per un certo intervallo di tempo. È quindi più semplice considerare tutti questi fenomeni elettrici come archi di diversa durata e lasciare il termine scintilla per rappresentare una particella solida o goccia fusa riscaldata da qualche processo. Più un arco elettrico persiste a lungo nel tempo, più questo è in grado di riscaldare i materiali posti nei suoi immediati dintorni, trasferendo ad essi calore. Poiché l'arco può persistere da pochi microsecondi a centinaia di secondi, il calore totale rilasciato può essere ricompreso all'interno di una gamma molto ampia, da un valore piccolo associato ad un breve arco di elettricità statica a valori enormi per un fulmine”.
Parliamo ora delle “superfici calde”.
Il documento indica che la maggior parte degli oggetti caldi “sono riscaldati mediante una fiamma, mediante riscaldamento per attrito, o dal flusso di corrente elettrica che li attraversa. Se materiali combustibili entrano in contatto con questi elementi riscaldanti, possono essere innescati”.
E si segnala che la valutazione di un eventuale accensione di un combustibile a causa di una superficie calda “non è una semplice questione di confronto tra la temperatura della superficie con la temperatura di autoaccensione del combustibile. L’accensione di qualsiasi combustibile non si verificherà se non vi è abbastanza calore che viene trasferito in una massa sufficiente di combustibile e tale da stabilire una fiamma persistente. Il trasferimento di calore da una superficie dipende infatti dalla natura e dalla forma della superficie, dalla natura del contatto, e se il contatto con il combustibile viene mantenuto sufficientemente a lungo”.
In questo senso “contatti molto brevi a volte non permettono il trasferimento di una quantità di calore sufficiente per l’accensione” (il documento riporta l’esempio di un combustibile liquido volatile gocciolato su una superficie calda metallica piana).
Le sorgenti di attivazione: attrito e radiazione termica
Veniamo ad un’altra possibile sorgente d’accensione: l’attrito.
Si indica che, come fonte di accensione, “l'attrito è riconducibile al caso di un ‘oggetto caldo’. L'attrito tra due superfici in movimento genera calore (come nei freni a disco di un'automobile, che possono diventare estremamente caldi). L’attrito è stato sempre considerato una fonte di accensione di un fuoco, si pensi a quello generato strofinando due bastoncini di legno l’uno contro l’altro, facendo ruotare una punta di legno in una depressione ricavata nell’altro pezzo. In questo caso il legno è utilizzato, perché oltre ad essere un combustibile, è un cattivo conduttore di calore, permettendo così di accumulare il calore generato per attrito senza disperderlo fino a raggiungere l’accensione dei bastoncini”.
Si sottolinea che l’attrito spesso “è un fenomeno indesiderato e causa d’innesco di incendi, specialmente nelle macchine che contengono parti in movimento”. Ad esempio “un cuscinetto in rotazione che si surriscalda a causa di una lubrificazione inadeguata può provocare proiezione di frammenti metallici caldi, e il successivo innesco di materiali combustibili adiacenti. Ogni cuscinetto che non dispone di un'adeguata lubrificazione può diventare caldo attraverso l'attrito, e il contatto dell'oggetto caldo con un combustibile di facile accensione può provocare un incendio”.
Da questo punto di vista la mancanza di lubrificazione “è senza dubbio una delle fonti di incendi scaturiti in macchine in uso. Altri possibili esempi, sono rappresentati da nastri trasportatori e cinghie, che possono incepparsi, o essere costrette a muoversi contro i rulli bloccati, provocando un estremo riscaldamento per attrito. Lavorazioni che sviluppano attrito come fresatrici, torni sono in grado di generare una pioggia di particelle calde che possono innescare l’accensione di materiali posti nelle vicinanze come rifiuti o a contatto con tali apparecchiature da lavoro. Infine, fenomeni di attrito possono anche verificarsi all’interno di impianti di estrazione, come quelli a servizio di silos contenenti materiali combustibili, in caso di mancata manutenzione o controllo dei suddetti impianti e dei relativi componenti, quali coclee di estrazione dei materiali”.
Sono fornite poi informazioni sulla “radiazione termica”.
Si indica innanzitutto che il calore radiante “gioca un ruolo molto importante come principale causa di propagazione degli incendi, meno come fonte primaria d’accensione”.
In particolare la trasmissione del calore per conduzione “non è l’unico modo di attivazione di un incendio, in alcuni casi l’incendio può attivarsi se c’è un sufficiente calore radiante. In questo caso, le qualità riflettenti o assorbenti del combustibile sono di fondamentale importanza, così come la sua densità e la conduttività termica. Tutto ciò che è necessario è che il combustibile possa assorbire più calore di quello che può dissipare, raggiungendo per questo una temperatura superiore a quella di autoaccensione anche se localmente in alcune zone”.
Si ricorda che i “raggi della luce solare diretta (che corrispondono ad un tipico flusso di calore radiante la cui intensità è dell’ordine di 1 kW/m2) non sono abbastanza intensi per innescare un incendio nei materiali combustibili comuni, ma se sono concentrati o focalizzati da un oggetto trasparente in grado di convogliarli, possono raggiungere i 10÷20 kW/m2 nel punto focale del percorso della luce, potendo a questo punto innescare del materiale facilmente combustibile, come quello di natura cellulosica”.
Più in generale – continua il documento - la radiazione termica è la “principale causa di propagazione di un incendio che si sviluppa all’interno di un ambiente confinato. Non a caso, dal punto di vista scientifico è generalmente assunto che la fase di flash-over di un incendio” ovvero la fase generalizzata di propagazione a tutti i combustibili presenti, “si raggiunge quando il flusso termico radiante prodotto dai fumi e gas caldi stratificati a soffitto, raggiunge il valore circa 20 kW/m2 a pavimento. Nell’intorno di tale valore, infatti, i combustibili solidi presenti nell’ambiente pirolizzano partecipando alla combustione”.
Le sorgenti di attivazione: autocombustione e reazioni chimiche esotermiche
Parliamo ora di “autocombustione”.
L'autocombustione – continua la dispensa - si verifica “quando un materiale combustibile si innesca in assenza di sorgenti esterne di attivazione. Infatti, nell’autocombustione, l’energia di attivazione è fornita dal calore generato da processi quali reazioni biochimiche o fermentazioni. In generale, l’autocombustione si ha quando una sostanza si ossida (brucia) ad una velocità tale che la generazione di calore supera la sua dissipazione, con un accumulo di energia termica tale da provocare l’accensione”.
Ad esempio l’accumulo di energia può verificarsi “in quei casi in cui la sostanza combustibile, quale fieno, carbone, viene stoccata in cumuli che non consentono la dissipazione del calore e determinando così un incremento della temperatura interna al cumulo. La crescita di temperatura, a sua volta, aumenta la velocità di reazione e con essa la produzione e l’accumulo di altra energia sotto forma di calore. Questo meccanismo può determinare il raggiungimento della ‘temperatura di accensione del combustibile’ all'interno del cumulo, con l’inevitabile innesco di un incendio”.
Si segnala poi che il carbone attivo “può dar luogo ad un’autocombustione in masse di qualche chilo e la reazione richiede da diverse ore ad alcuni giorni. Fieni ed erbe richiedono masse rilevanti (100 kg o più) e giorni o settimane prima che possa avvenire un’accensione, anche a temperature moderate. Più alta è la temperatura di partenza e più velocemente il processo può progredire”.
Veniamo, infine, alle “reazioni chimiche esotermiche” (la reazione esotermica è una reazione chimica che produce energia termica).
Si indica che un certo numero di composti chimici “sono in grado di generare grande calore, anche con formazione di fiamme. Alcuni incendi accidentali, avvenuti all’interno di negozi di prodotti per la casa, sono conseguenti a perdite o fuoriuscite di agenti corrosivi (acidi o basi) che sono entrati in contatto con metalli o di materiali combustibili che, al contatto con forti ossidanti (cloro per piscina), hanno dato luogo ad una reazione esotermica”.
Si segnala che le reazioni esotermiche “accadono più frequentemente all’interno di impianti industriali, e richiedono per una valutazione l'attenta conoscenza dei meccanismi di reazione”. E molti incendi di origine chimica “sono dovuti alla combustione o decomposizione di sostanze chimiche pericolose che in particolari situazioni possono dar luogo a reazioni fuggitive molto veloci e caratterizzate da rapidi incrementi di temperatura e pressione”.
Concludiamo questa presentazione delle sorgenti di attivazione di un incendio rimandando alla lettura integrale del documento che riporta molti altri dettagli e si sofferma anche su due altre possibili sorgenti specifiche:
- sigarette;
- apparecchi elettrici.
RTM
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