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Sicurezza delle macchine e adeguamento al progresso tecnico

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Datore di lavoro

01/09/2008

Cassazione: il datore di lavoro è tenuto ad adeguare le macchine alle prescrizioni di sicurezza che la tecnica attualmente suggerisce anche se esse erano rispondenti alle disposizioni in vigore al momento della loro costruzione. A cura di G. Porreca.

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Sicurezza delle macchine e adeguamento al progresso tecnico ai sensi dell’art. 2087 del codice civile.
 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 
Tre importanti e fondamentali indirizzi derivano dalla lettura di questa sentenza della Sez. IV penale della Corte di Cassazione, che appaiono comunque in linea con le espressioni già fornite in passato dalla stessa Corte. Il primo di essi indica che il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile, ad adeguare le macchine ai fini della applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle prescrizioni che la scienza e la tecnica attualmente suggeriscono anche se le stesse macchine rispondevano alle disposizioni di sicurezza in vigore  al momento storico della loro costruzione, il secondo che nel caso di imprese gestite da società di capitali gli obblighi concernenti l’igiene e la sicurezza sul lavoro gravano su tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione ed il terzo che il datore di lavoro oltre a fornire i dispositivi di protezione individuale è tenuto a controllare che il lavoratore li utilizzi ed è esente da responsabilità solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute.
 
La macchina alla quale si riferisce la sentenza è un carrello elevatore elettrico presso il quale un magazziniere si è infortunato nel tentativo di allargare le pale del peso di circa 55 kg ciascuna spingendole manualmente verso l’estremità della loro corsa. Lo stesso veniva colpito al piede sinistro da una di queste, fuoriuscita dalla sua guida, e si procurava lo schiacciamento con indebolimento permanente dell’arto sinistro.  La macchina era risultata non soddisfacentemente conforme alle disposizioni legislative ed ai regolamenti vigenti in materia di sicurezza in quanto era sprovvista dei dispositivi di sicurezza per l'arresto delle pale alle estremità della loro corsa, in violazione del D. Lgs. n. 626 del 1994 articolo 6 comma 2).
 
Dell’accaduto venivano ritenuti responsabili per lesioni colpose il Presidente del Consiglio di Amministrazione e due consiglieri delegati della società presso cui era accaduto l’infortunio. Agli stessi veniva contestato oltre che di avere messo a disposizione del lavoratore l’attrezzatura irregolare di non avere preteso che il lavoratore usasse i mezzi di protezione messi a sua disposizione ed in particolare le scarpe antinfortunistiche (D. P. R. n. 547 del 1955 articolo 4 lettera c).
 

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Condannati dal Tribunale e successivamente dalla Corte di Appello gli imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che la responsabilità della violazione della norma di sicurezza doveva gravare sulla società fornitrice del carrello elevatore  e addetta alla manutenzione dello stesso  in quanto l’attrezzatura era priva di fermi di fine corsa  tra l’altro non facilmente visibili all’utente. Gli imputati ribadivano, inoltre, di aver consegnato all’infortunato delle scarpe infortunistiche, di averlo formato ed informato e di averlo finanche richiamato per iscritto per ricordarne l’obbligatorietà dell’uso per cui  i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della violazione da parte dello stesso lavoratore infortunato dell’articolo 39 comma 2 del D. Lgs. n. 626/1994 che impone ai lavoratori l’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione personale messi a loro disposizione. I due consiglieri dal canto loro si dichiaravano estranei alle responsabilità penali addebitate in quanto consiglieri delegati non preposti alla sicurezza.
 
La Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso degli imputati ha precisato in merito alla sicurezza della macchina che  “il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Pertanto, non sarebbe sufficiente, per mandare esente da responsabilità il datore di lavoro, che non abbia assolto appieno il suddetto obbligo cautelare, neppure che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico, se il processo tecnologico sia cresciuto in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura (per riferimenti, sez. 4, 26 aprile 2000, Cantero ed altri)”.
 
Trattasi di affermazioni – prosegue la Corte di Cassazione - pienamente condivisibili, che poggiano sul disposto dell'articolo 2087 c.c. secondo cui l'imprenditore, al di là di ogni formalismo, è comunque tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa quelle misure che, sostanzialmente ed in concreto, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore”.
 
In merito alle responsabilità dei consiglieri delegati la sez. IV ha poi precisato  che “proprio perché la sicurezza non era stato oggetto di specifica delega, gli obblighi imposti ai datori di lavoro dalla normativa antinfortunistica dovevano ritenersi gravanti su tutti i componenti del Consiglio di amministrazione”.
 
Per quanto riguarda, ancora, la fornitura e l’utilizzo del dispositivo di protezione individuale non indossato dal lavoratore la Corte di Cassazione ha fatto appello all’applicazione di un principio generale in forza del quale “poiché le norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile”.
 
Del resto, conclude la sez. IV, “nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento”.
 
 
 
 
 


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