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Le interviste di PuntoSicuro: la verifica dell’efficacia della formazione

Bologna, 27 Giu – Come ricordato anche in una recente intervista all’avvocato Rolando Dubini, uno degli aspetti più importanti del nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 - Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi in materia di salute e sicurezza, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio 2025 – riguarda la verifica dell'efficacia della formazione.
Si tratta di una delle novità di rilievo più importanti e innovative, rispetto ai precedenti Accordi. Non si tratta più soltanto di accertare l’apprendimento al termine del corso, ma anche di verificare l' efficacia della formazione durante lo svolgimento delle attività lavorative e a una certa “distanza di tempo! dal termine del corso.
Questo spostamento dell’attenzione alla misurazione dell'effettivo cambiamento nei lavoratori, per quanto riguarda le competenze e i comportamenti appresi, permette di verificare la ricaduta reale della formazione sul sistema prevenzionale aziendale.
Proprio per rimarcare questo passo in avanti verso una formazione sostanziale, con una verifica volta a garantire che la formazione non sia solo un adempimento burocratico, ma un vero strumento di prevenzione e miglioramento, il nostro giornale ha realizzato ad Ambiente Lavoro 2025 un evento pubblico dal titolo “Le interviste di PuntoSicuro: la verifica dell’efficacia della formazione”.
Per fornire informazioni e suggerimenti pratiche sulle verifiche della formazione nel nuovo Accordo, in questo evento, che si è tenuto, in forma di “intervista pubblica” (con domande del nostro giornale e domande del pubblico) il 12 giugno 2025, abbiamo intervistato Carlo Zamponi, docente presso l’Università degli Studi dell’Aquila, formatore, Consigliere nazionale AiFOS, spesso relatore in vari convegni su questi temi.
Questi alcuni dei temi trattati nell’intervista:
- situazione della formazione e attenzione per le ricadute formative
- differenze tra verifica dell’efficacia della formazione e verifica finale di apprendimento
- verifica di apprendimento: come, quando e chi deve organizzare
- verifica dell’efficacia: obiettivi e importanza
- modalità previste per la verifica dell’efficacia dell’attività formativa
- soggetti responsabili della verifica dell'efficacia della formazione in azienda
- ruolo del datore di lavoro, del preposto o dell’RSPP
- impatto del nuovo Accordo sulla valutazione delle ricadute formative in materia di sicurezza
Inoltre le domande del pubblico si sono soffermate su vari altri temi connessi al nuovo Accordo e alla verifica della formazione:
- differenze formazione parte pratica e addestramento
- le domande per i test e la verifica dell’apprendimento
- uso dei questionari e le domande aperte
- formazione nelle piccole imprese e lavoratori stagionali
- costruzione della verifica dell’efficacia
L’intervista si sofferma su vari argomenti:
- Nuovo Accordo e verifica della formazione: verifica dell’apprendimento
- Nuovo Accordo e verifica della formazione: obiettivi e modalità di verifica
- Nuovo Accordo e verifica della formazione: ruoli e futuri impatti
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista, con le domande del pubblico, e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Carlo Zamponi
Nuovo Accordo e verifica della formazione: verifica dell’apprendimento
Facciamo chiarezza sui termini che utilizzeremo. Nel nuovo ASR si parla di verifica finale di apprendimento e di verifica di efficacia. Quali sono le differenze?
Carlo Zamponi: Allora, abbiamo due verifiche.
La prima verifica di apprendimento alla fine del percorso formativo. Quindi nella immediatezza del percorso formativo bisogna intendersi quali erano gli obiettivi originali e verificare se attraverso dei criteri predefiniti - poi lo vedremo - in fase di progettazione e quindi indicatori che ci siamo definiti in fase di progettazione, siamo stati bravi nella immediatezza, in aula, in videoconferenza, in e-learning, cioè tutte le varie possibilità che ci dà il nuovo accordo a far cambiare gli atteggiamenti del nostro collaboratore.
Poi c'è (…) tutto lo studio che faremo successivamente e che è all'interno di un di un testo unico in materia di formazione in una sola pagina. (…)
Io, con molta onestà (…), mi vergognerei nel 2025 a scrivere che dobbiamo fare obbligatoriamente la verifica di efficacia, perché, secondo me, dovevamo farla nel Medioevo la verifica di efficacia. Perché non spendo soldi, compro un qualcosa che metto oggi e domani mattina non posso rimettere. Quindi evidentemente ci troviamo un po' “a rincorrere” un qualcosa che doveva già essere.
Ma al di là di questo aspetto da oggi in poi cosa bisogna fare?
Intanto verifica di apprendimento. (…) Trenta domande. Tutti noi hanno abbiamo detto “trenta domande, quando finisco?”. (…) Leggiamolo in una logica diversa. Macro-progettazione e micro-progettazione. Nella micro queste trenta dividiamole. (…) In ogni modulo, finito la micro-progettazione di quel modulo, noi le cinque, sei, sette domande le possiamo fare. Noi dobbiamo arrivare a minimo trenta a fine serata, a fine intervento formativo (…). Quindi iniziamo a diversificare un po' il percorso. Trenta sono tante, non sono tante se ce le suddividiamo. Come le suddividiamo? È ovvio, va proporzionata la questione (…). Se c'è una domanda, se c'è un programma formativo che prevede tre ore di rischio chimico e un'ora di videoterminali, (…) io non farò trenta domande diviso due, quindici e quindici. Il rischio chimico sarà un po' diverso in termini sostanziali (…).
Parliamo ancora di finale di apprendimento. Come, quando e chi deve organizzarla?
Carlo Zamponi: Su come quando e chi la norma è abbastanza chiara, questa volta. (…) Quindi leggendo l'accordo si legge abbastanza chiaro che tre sono i soggetti che devono in qualche modo, insieme al datore di lavoro, organizzare questa cosa. Dico insieme perché spesso è un'attività delegata, può anche lo stesso datore di lavoro organizzare tutto in casa propria. (…)
Le attività di verifica le deve fare il docente, non può farlo per interposta persona. Se le deve fare il docente - ecco suggerimento - il programma non lo posso costruire io datore di lavoro, non lo può costruire il soggetto formatore in assenza del docente, qualora il docente non fosse lo stesso datore di lavoro.
Quindi, colleghi, lasciate traccia che questo programma è stato condiviso con il docente. Perché quando mi chiederanno traccia, c'è un punto specifico della norma che prevede le attività di vigilanza - lo vedremo - quelli mi chiedono conto: “il docente dove sta?”.
(…) In altre circostanze è successo che il docente l'abbiamo chiamato un giorno prima, il giorno dopo stava in aula. (…) Non è più così perché nella fase di progettazione c'è tutto questo interloquire fra il soggetto promotore e il cosiddetto docente.
Tutta la parte della correzione, tutta la parte della gestione, compete al cosiddetto datore di lavoro, perché deve tenere traccia che non solo ha commissionato anche l'attività, ma dell’attività si deve lasciar traccia. Addirittura, si dice, per dieci anni. Lasciate traccia, perché qualora dovesse accadere qualcosa io torno a trovarvi e mi date “il verbale della verifica di fine corso”, perché c'è necessità anche di fare questo.
Ben vengano gli appesantimenti amministrativi, ben vengano, in questo caso, perché ci aiutano a tenere sotto controllo tutto il processo. (…)
Nuovo Accordo e verifica della formazione: obiettivi e modalità di verifica
Veniamo alla verifica dell’efficacia della formazione. Quali sono i suoi obiettivi? Cosa si intende per "distanza di tempo"?
Carlo Zamponi: Facciamo un passettino indietro. Noi la verifica di efficacia la faremo sul nostro documento di valutazione perché già nello stesso accordo - per fortuna, devo dire - hanno scritto che la formazione non può essere una formazione improvvisata, deve essere un qualcosa di stabilito a monte. Si chiamano rilevazioni dei bisogni formativi, quindi piano di formazione. In assenza di un piano di formazione non posso progettare non so cosa. Se devo progettare qualcosa devo anche pensare a quello che mi si chiedeva: “cosa voglio da questo corso?”.
Quindi devo, innanzitutto nella fase di progettazione, inserire l'obiettivo che avevo già inserito in fase di rilevazione dei bisogni: altrimenti come faccio a rilevare i bisogni se non conosco l'obiettivo aziendale?
Suddivisi all'interno del piano i diversi obiettivi, devo stabilire i criteri.
I criteri sono quelli con i quali poi, dopo la fase di progettazione/erogazione, nella fase di valutazione, andrò a valutare la cosiddetta ricaduta. Quindi con quale modo andrò poi successivamente a valutare la ricaduta formativa? Lo stabilisco a monte nella fase di progettazione. Ovviamente in collaborazione con il docente, in collaborazione con i partecipanti. Perché non posso decontestualizzare il partecipante? Perché poi il partecipante - nella terza fase che sarebbe l'erogazione - diventa parte attiva del cosiddetto processo di formazione. E quindi al partecipante io tutte queste cose gliele devo raccontare, non posso iniziare il corso senza aver raccontato l'obiettivo, il criterio e la modalità, quindi l'indicatore con il quale andrò a valutare.
Dici bene, a “distanza di tempo” e per fortuna non hanno scritto tre mesi, sei mesi, un anno, altrimenti noi ci si omologava ai tre mesi, sei mesi, un anno e non si coglieva l'obiettivo. Domanda: se dovessi controllare qualcuno che indossa il dispositivo di protezione individuale, il mio “nel tempo” è un anno, due anni, dieci anni o probabilmente un mese?
Quindi quel “durante l'attività lavorativa” in un certo periodo, lo stabilisce ovviamente l'organizzazione e meno male che hanno scritto in questo modo, altrimenti avremmo massificato, formalizzato tutto all'interno di un unico contenitore senza rendersi conto del contesto. Il contesto organizzativo è importante. (…)
Quindi quando abbiamo letto “nel tempo” stabiliamolo in funzione dell'obiettivo che ci siamo predefiniti, in funzione del cosiddetto criterio, ma soprattutto nel contesto organizzativo.
A parità di condizioni, a casa mia questa cosa si controlla in un mese, a casa di Tiziano in quindici giorni perché l'organizzazione non è così pronta o, al contrario, è più performante. Quindi cerchiamo in qualche modo di contestualizzare. (…)
Parliamo delle modalità previste dal nuovo Accordo per la verifica dell’efficacia dell’attività formativa? Quali sono e cosa ne pensi della loro potenziale efficacia?
Carlo Zamponi: Allora, innanzitutto si dice “può” (…). Quando si dice “deve” c'è poca scelta. Nel “può”, si intende che posso. (…) L’accordo ti dice, che nell'immediatezza, visto che non siamo avvezzi a gestire questa cosa, ti dà qualche indicazione.
Dice che possiamo in qualche modo valutare a distanza di tempo (…) con tre possibili modalità.
La prima, analisi infortunistica.
Colleghi, l'analisi infortunistica la faccio se purtroppo ho avuto infortuni. E se ho avuto infortuni devo anche verificare l'entità degli infortuni. Passatemi il termine, uno scivolamento non mi dà modo di andare a verificare in termini di efficacia, a meno che ho dieci scivolamenti alla settimana, discorso completamente diverso. Dico scivolamento per dire qualsiasi essa sia la cosa, quindi va valutata, è una delle tre possibilità. È una buona cosa e giusta, a mio avviso. gestire invece l'infortunio in termini sistemici, perché quello che è accaduto (…) facilmente riaccade se non poni in essere delle situazioni che possono concorrere a eliminare il problema.
(…)
In sede prospettica, mi immagino più adatta per le malattie professionali che hanno una “datazione diversa” e su questo potrei in qualche modo, tornando indietro, verificare che cosa non ho fatto. Sull'infortunio mi sembra più una foto, ripeto, laddove c'è.
Altra possibilità: si dice un “questionario” da somministrare al personale.
Innanzitutto, c'è da dire che la verifica va fatta su ciascun dipendente durante l'attività lavorativa. Hanno aggiunto questo “durante l'attività lavorativa” e ci ha un po' salvati, in questo senso.
Questionario da somministrare al personale: potrei somministrare oggi un questionario a voi? Non ci conosciamo, non ci siamo mai visti. Che questionario oggi potrei in qualche modo condividere con voi se non conosco la bene l’organizzazione, ma soprattutto i lavoratori non sanno con questo questionario dove dobbiamo arrivare?
Allora il questionario va benissimo se preparato. Preparato sai che vuol dire? Lo dobbiamo redigere insieme.
Noi all'Università quando facciamo i questionari da divulgare, li dobbiamo in qualche modo validare con quello che la comunità scientifica ha già reso noto. Quindi la validazione come viene fatta? Viene fatta in questo modo: in maniera onesta e sincera, si pone l'obiettivo, si indicano i criteri, anche in questo caso, gli indicatori ai quali vorremmo arrivare e insieme costruiamo il questionario. A quel punto, sì che mi arriva probabilmente il feedback. (…).
Quindi il questionario va bene, ma non può essere, a mio avviso, ad esempio, esteso a tutte le particolari attività lavorative. Ho sempre pensato che le nostre aziende siano: un'area amministrativa, un'area produttiva e una logistica. Può darsi che nell'area amministrativa ci si intende diversamente rispetto all'area nella logistica. Quindi probabilmente mi va meglio su quest'area oggettivamente somministrare un questionario al personale. Quindi potremmo anche pensare di fare che nella produzione dove ci sono stati infortuni possiamo adattare già quel metodo. Su quest'altra parte possiamo, in qualche modo, cercare di prendere, attraverso le interviste, i cosiddetti feedback di ritorno.
Ultima possibilità la checklist.
Anche qui devo verificare durante l'attività lavorativa come si predispongono i lavoratori. La checklist non può essere decontestualizzata dagli atteggiamenti. Non può essere che un giorno al mese mi vesto “da sceriffo” ed esco fuori e verifico se indossano [i dispositivi], se tengono la postazione in modo ergonomico. (…)
Quindi l'ultima, la checklist, anche qui deve essere preparata perché a me dispiacerebbe se qualcuno mi guarda e non mi dice perché mi sta guardando. Tu mi devi dire "Ti sto guardando perché la tua postazione deve essere conforme a questa procedura, il tuo vestiario deve essere fatto in questo modo”, le tue attività lavorative vanno secondo questo processo, questa “istruzione di lavoro”.
Quindi, ripeto, deve essere condivisa anche la checklist. (…)
Nuovo Accordo e verifica della formazione: ruoli e futuri impatti
Chi sono i soggetti responsabili della verifica dell'efficacia della formazione in azienda e qual è il ruolo specifico del Datore di lavoro in questo processo di verifica? Il preposto o l’RSPP possono avere un ruolo attivo nella verifica dell'efficacia della formazione?
Carlo Zamponi: Allora, c'è scritto che “eventualmente” il datore di lavoro – ma quell'eventualmente non lo leggete, può fare la verifica con il supporto del RSPP. In assenza dell'RSPP che ha le mani in pasta, il polso critico della situazione, io non farei una verifica di apprendimento, una verifica di efficacia senza aver fatto contribuire l'RSPP. Quindi sfatiamo quel “eventualmente”, togliamolo, non l'abbiamo letto. (…).
Chi deve fare i controlli? Io non individuerei un ulteriore soggetto rispetto a quelli che già ci sono, perché nella gerarchia aziendale siamo già tanti. (…)
C'è il preposto, ove esiste. Siccome nella maggior parte delle nostre attività esiste il preposto, se leggiamo l'articolo 19 [del D.Lgs. 81/2008], andremo a verificare in termini oggettivi cosa deve fare. (…)
Quindi io penso di dire in maniera molto sincera, in maniera onesta, che il preposto debba non caricarsi [di questo compito], ma ce l'ha già caricato. Aggiungo che se fossi preposto, mi aspetto la checklist di controllo perché, anche da un punto di vista della corresponsabilità, mi deresponsabilizza, perché io quello che dovevo fare, l'ho fatto. Quindi in maniera oggettiva, che fai durante le attività? Ho anche questa scheda che devo redigere per la verifica della cosiddetta “ricaduta formativa”. Sì, il preposto, mi sento di dire che, non è scritto [nell’accordo], però “si legge”, insomma, fra le righe.
In definitiva tu pensi che l’Accordo avrà un impatto importante sulla valutazione delle ricadute formative in materia di sicurezza? Ci sono cambiamenti che auspicheresti per migliorare ulteriormente l’efficacia della formazione?
Carlo Zamponi: Allora, io mi aspetto tanto. Questa “obbligazione” da parte del legislatore nei confronti del datore di lavoro - di dover in qualche modo iniziare a verificare in termini di efficacia la formazione - giunge tardi ma ben venga. Facciamo che si parte dal “punto zero” oggi, però cerchiamo di gestirla in maniera onesta e sincera. (…)
Io mi auguro veramente che l’accordo possa innescare almeno un cambiamento, soprattutto nei confronti di coloro i quali gestiscono.
Poi chi subisce la formazione, nella sua accezione positiva, deve in qualche modo capire che i tempi sono diversi. Non può essere più l'infortunio comportamentale che regolamenta il mondo, perché bisogna essere anche onesti fra le parti. Si chiama “rapporto sinallagmatico”: ti do uno stipendio, mi devi rendere la prestazione. Quindi io mi auguro che anche lo stesso collaboratore inizi a pensare che questa formazione non sia una cosa che obbligatoriamente mi dice di fare sei ore, due ore, quattro ore. È invece qualcosa che mi permette di tornare in famiglia, mi permette di vivere anche una vita extralavorativa.
Colleghi, siamo poi d'accordo che questo è l'accordo per la formazione? Non c'è l'addestramento, non c'è l'informazione. (…) L'addestramento è sostanziale. Contenuti minimi (…), però l'addestramento è fuori. Quindi laddove c'è necessità dell'addestramento diventa un tot di ore più l'addestramento.
L'ultima cosa e vi lascio alle domande. Articolo 28, lettera f [del D.Lgs. 81/2008]: si dice che il datore di lavoro deve dare adeguata formazione, addestramento al proprio collaboratore per i rischi specifici. Io, con immensa stima nei confronti del cosiddetto accordo, però non credo che 4 ore, 8 ore, 12 ore di rischi specifici siano sufficienti. Per la paga sindacale va bene, meno male che ci hanno scritto “contenuti minimi”. A buon intenditor poche parole.
(…)
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Scarica la normativa di riferimento:

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Pubblica un commento
Rispondi Autore: Redazione ![]() | 27/06/2025 (13:04:41) |
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Rispondi Autore: Telmo ![]() | 27/06/2025 (13:55:05) |
Dire che chi lavora nelle Università gode di una posizione di privilegio e che il mondo accademico (o presunto tale) è totalmente scollegato dalla realtà non è nè ingiurioso nè diffamante. Questo articolo ne è la riprova. Se si avesse un minimo di conoscenza di cosa succede "là fuori" non si farebbe teoria a buon mercato. Come dice il detto "chi sa fa, chi non sa insegna". |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini ![]() | 01/07/2025 (19:07:02) |
Una intervista molto interessante, argomenti molto intelligenti, toni alla François Rabelais che però ci stanno. |