Sicurezza sul lavoro: il coordinamento dell’attività di vigilanza
Bologna, 9 Giu – Per comprendere come è applicata, a livello regionale e nazionale, la normativa in materia di salute e sicurezza e come sono stabilite le strategie, le linee e i piani di prevenzione in Italia, è bene soffermarsi sul Capo II (Sistema Istituzionale) del Titolo I del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008). Testo Unico che, ad esempio, prevede la presenza di vari istituti:
- Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Articolo 5);
- Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (Articolo 6);
- Comitati regionali di coordinamento (Articolo 7).
A titolo esemplificativo questi sono alcuni dei compiti del Comitato citato all’articolo 5:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell’azione pubblica di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di intervento dell’azione di vigilanza, i piani di attività e i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine di promuovere l’uniformità dell’applicazione della normativa vigente;
f) individuare le priorità della ricerca in tema di prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
E riguardo ai comitati regionali si indica (Articolo 7), sempre nel Testo Unico, che ‘al fine di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonché uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all’articolo 5 e con la Commissione di cui all’articolo 6, presso ogni Regione e Provincia autonoma opera il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella G.U. n. 31 del 6 febbraio 2008’.
Ma come funzionano questi comitati regionali? Come avviene il coordinamento dell'attività di vigilanza attraverso gli Organismi Provinciali?
Per avere una risposta a queste domande, con riferimento specifico all’esperienza della Regione Emilia-Romagna, possiamo presentare un intervento ad un workshop, che si è tenuto il 21 ottobre 2016 a Bologna durante la manifestazione “ Ambiente Lavoro”, dal titolo “ Costruire salute in azienda: i Piani della Prevenzione delle Regioni e delle Province Autonome fra tradizione e innovazione”.
Nell’intervento “Coordinamento dell’attività di vigilanza attraverso gli Organismi Provinciali-Sezioni Permanenti”, a cura del Dr. Davide Ferrari (Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica, Azienda USL di Modena), si indica che l’attività di coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro è normata dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 2007 e sono previsti tre organi di coordinamento: i comitati regionali di coordinamento; gli uffici operativi regionali e gli organismi provinciali.
È poi citato il DGR 963 del 23 giugno 2008 della Regione Emilia-Romagna - “Istituzione del comitato regionale di coordinamento ai sensi del DPCM 21/12/07 ‘Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro’” - una deliberazione che “istituisce, stabilendone composizione, compiti e funzioni:
- il Comitato regionale di coordinamento;
- l’Ufficio operativo regionale;
- gli Organismi provinciali-sezioni permanenti”.
Si ricorda, a questo proposito, che il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si prefigge l’obiettivo di “garantire l'uniformità dell'attività di prevenzione e vigilanza svolta dalla pubblica amministrazione su tutto il territorio nazionale, attraverso una programmazione coordinata degli interventi, la promozione di modalità operative uniformi e lo sviluppo di sinergie tra le diverse istituzioni”.
In particolare l’Ufficio operativo regionale “provvede a definire i piani operativi di vigilanza nei quali sono individuati: gli obiettivi specifici, gli ambiti territoriali, i settori produttivi, i tempi, i mezzi e le risorse ordinarie rese disponibili da parte dei vari soggetti pubblici interessati”. Mentre l’organismo provinciale - sezione permanente (OP-SP) “attua nell’ambito territoriale di competenza i piani operativi di vigilanza definiti dall’Ufficio Operativo Regionale. E’ collocato per la sua funzione presso l’Azienda USL, che ne assicura l’attività di coordinamento e di raccordo con l’Ufficio operativo regionale, nonché l’attività di segreteria”.
È riportato nelle slide anche il seguente utile schema riassuntivo del sistema di coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro:
Si riportano poi a livello esemplificativo, sempre con riferimento alla Regione Emilia-Romagna, alcune indicazioni, tratte da una deliberazione citata nel documento, sulle funzioni dell’Organismo Provinciale – Sezione Permanente.
L’Organismo ha il compito di “coordinare, sul territorio provinciale, le attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di attuare i piani operativi definiti dall’Ufficio operativo regionale. Può rappresentare un importante strumento per analizzare, confrontare, programmare, coordinare e armonizzare le attività di controllo svolte dalle diverse Istituzioni coniugando la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali con quelle riguardanti il controllo delle regolarità dei rapporti di lavoro e il contrasto al lavoro nero e del lavoro sommerso”.
Il relatore riporta le varie attività svolte in sinergia, dalle Aziende Usl in seno all’Organismo Provinciale-Sezione Permanente e/o in collaborazioni con altri enti, suddivise per Piano.
Riportiamo, in conclusione, le “considerazioni sull’esperienza degli OP-SP”.
Si indica che un efficace funzionamento degli OP-SP “può consentire di:
- coordinare la vigilanza evitando doppioni e sovrapposizione;
- programmare iniziative di formazione e aggiornamento comuni;
- definire e attivare flussi informativi di reciproca utilità;
- programmare piani di vigilanza congiunta su sicurezza e regolarità (superando un limite di fondo che è la partecipazione all’organismo della DTL-vigilanza tecnica e non della Vigilanza amministrativa)”.
Queste alcune criticità;
- “debolezza Ufficio Operativo Regionale che si riflette sugli OP-SP;
- mancanza piani operativi di vigilanza;
- mancanza coordinamento tra OPSP delle diverse province;
- partecipazione all’organismo della sola vigilanza tecnica della DTL;
- scarsa considerazione del ruolo dell’OPSP da parte di alcuni Enti”.
In definitiva, conclude il relatore, “per dare piena realizzazione al sistema di coordinamento della prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro disegnato dal DPCM 21/12/2007”, può essere utile:
- “sviluppare il ruolo programmatorio e di indirizzo del Comitato Regionale di Coordinamento;
- implementare le funzioni dell’Ufficio Operativo Regionale;
- allargare la partecipazione agli OPSP della DTL vigilanza amministrativa allargando gli obiettivi dell’organismo anche allo sviluppo di sinergie tra vigilanza sulla sicurezza e controlli sulla regolarità del lavoro”.
“ Coordinamento dell’attività di vigilanza attraverso gli Organismi Provinciali-Sezioni Permanenti”, a cura del Dr. Davide Ferrari (Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica, Azienda USL di Modena), intervento al workshop “Costruire salute in azienda: i Piani della Prevenzione delle Regioni e delle Province Autonome fra tradizione e innovazione” (formato PDF, 935 kB).
Tiziano Menduto
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