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Rischio stress lavoro-correlato: strumenti e best practice

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Valutazione del rischio incendio

05/12/2011

I suggerimenti per il percorso valutativo nelle aziende. Indicazioni relative agli strumenti e specifiche best practice con riferimento alle azioni comunicative, informative e formative, all’analisi della soggettività e alle soluzioni di prevenzione.

 
Milano, 5 Dic – Nei giorni scorsi PuntoSicuro ha presentato il documento “Valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Indicazioni generali esplicative sulla base degli atti normativi integrati”, un documento approvato dalla Regione Lombardia il 15 novembre 2011 con Decreto n. 10611 per armonizzare i riferimenti normativi e accompagnare il percorso valutativo del rischio stress in atto presso le imprese.
 
Nell’articolo di presentazione ci siamo soffermati su alcuni aspetti del documento, elaborato dal laboratorio regionale "Stress lavoro correlato": il triangolo normativo dell’esigibilità e alcune good practice per l’effettuazione di un buon percorso di valutazione del rischio stress con riferimento a criteri e metodi idonei.
 
Ci soffermiamo ora sulle good practise in relazione agli strumenti e diamo qualche informazione sui possibili arricchimenti del percorso valutativo (best practice).
 


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Riguarda agli strumenti utilizzabili nel percorso valutativo il documento regionale non intende “sponsorizzare” alcuno strumento e le best practice si limitano a rimarca la necessità di:
- “creare un panel di eventi sentinella/indicatori aziendali identificati fra quelli più utili da catalogare nella propria realtà produttiva. Qui viene fatto un cenno sulla necessaria utilizzabilità delle ‘segnalazioni da parte del Medico Competente’ (ovviamente solo lì ove lo stesso sia necessario e presente) in termini di ‘outcome di salute’, che possono assumere valore ‘oggettivo’ quando coinvolgono un numero significativo di lavoratori. L’emersione di questo dato è il vero scopo della valutazione del rischio, potendo esso assumere la forte valenza oggettiva che sembra essere anche l’obiettivo della Commissione Consultiva, come enunciato al secondo capoverso del terzo capitolo;
- inquadrare i fattori di contenuto e contesto lavorativo come fattori organizzativi potenziali di rischio stress lavoro-correlato, secondo un approccio sistematico che permetta di evidenziare gli aspetti critici nel suo complesso, ma anche i singoli fattori organizzativi legati ad aspetti peculiari dei singoli luoghi di lavoro”.
In questo senso le varie check-list “che garantiscono una sistematica raccolta degli elementi di rischio, devono essere adottate o costruite in modo da permettere una adeguata fotografia dell’azienda in relazione alla sua peculiarità produttiva ed organizzativa”. E per quanto riguarda le aziende con meno di 20 dipendenti, “ l’adozione di rigide check-list può essere ridondante; potrebbe essere più utile l’utilizzo di check-list appropriate, oppure in sostituzione/ad integrazione l’effettuazione dell’osservazione diretta di tali fattori, attraverso ad esempio un sopralluogo specifico con breve relazione documentale”.
 
In relazione agli interventi correttivi, indicati dalla Commissione Consultiva, è presente un allegato con alcuni contenuti tratti un documento di Indirizzi della Regione Lombardia, documento che “può rappresentare un buon riferimento operativo”.
Infine in merito agli strumenti di valutazione approfondita (questionari, focus group, interviste semistrutturate) il documento rimarca la necessità di:
- “strumenti mirati di valutazione dello stress percepito in relazione agli aspetti organizzativi di contenuto/contesto lavorativo (carico lavorativo, livello di autonomia lavorativa,supporto, qualità delle relazioni verticali / orizzontali, ecc.);
- strumenti mirati alla identificazione delle risorse fruibili nel contesto lavorativo (individuali/di gruppo) e le risorse personali (resilienza) anche al fine di poter identificare azioni mirate al rinforzo delle stesse”;
E nelle piccole aziende (con meno di 20 dipendenti) “al termine della valutazione preliminare, al fine di condividerne i risultati ed approntare le azioni più opportune per il miglioramento delle aree ove si è evidenziata la necessità di un percorso migliorativo, è possibile utilizzare modalità di confronto, quali ad esempio riunioni con i lavoratori”.
 
Veniamo dunque all’arricchimento del percorso con best practice, attinenti la sfera della libera discrezionalità aziendale ed ispirati al principio di responsabilità sociale.
Il documento sintetizza l’utilità di questi percorsi nei seguenti punti:
- “orientamento di tutto il percorso al raggiungimento dell’obiettivo indicato dall’Accordo Europeo per cui affrontare il problema dello stress da lavoro può portare ad una maggiore efficienza e ad una migliore salute e sicurezza sul lavoro, con il conseguente beneficio economico e sociale per le imprese, per i lavoratori e per l’intera società;
- orientamento di tutto il percorso all’ottimale controllo e gestione dei fattori di rischio SLC;
- coinvolgimento dei lavoratori con possibile riduzione del contenzioso e della ‘medicalizzazione’ del rischio;
- intervento di prevenzione permanente attraverso un monitoraggio attivo;
- ai fini di poter misurare e valutare i livelli di miglioramento orientati al buon controllo dello SLC è necessario individuare idonei indicatori aziendali e strumenti di valutazione dell’effettivo miglioramento delle condizioni di SLC, in relazione agli aspetti organizzativi critici. Tali indicatori dovranno essere misurati al tempo 0 (in fase iniziale della valutazione del rischio) ed al tempo 1 (successivamente al completamento degli interventi di controllo e riduzione del rischio)”.
Si rimarca poi l’importanza che percorsi di best-practice possano essere soggetti all’applicazione di meccanismi premianti.
 
Proponiamo a questo punto alcuni elementi di best practice come indicati nell’allegato 1 (tratti dagli Indirizzi Generali della Regione Lombardia per la valutazione e gestione del
rischio stress lavorativo).
 
Ad esempio riguardo alle azioni comunicative e informative sono indicate le seguenti azioni e esemplificazioni (senza pretese di esaustività):
-sull’impegno e volontà aziendali: “esplicitare, attraverso strumenti e percorsi di comunicazione adeguati alla specifica realtà aziendale, le ‘3 volontà’ del datore di lavoro in prima persona e del top management: di avviare e presidiare il percorso di valutazione/gestione dello stress lavoro-correlato; di valorizzare come elemento irrinunciabile la partecipazione reale dei lavoratori; di impegnarsi nella ricerca ed attuazione delle soluzioni”;
-sulla natura e le caratteristiche del percorso: “esplicitare in modo dettagliato il percorso che s’intende seguire indicando con chiarezza i diversi step ed i relativi tempi, i ruoli e le responsabilità”;
-sul problema dello stress lavorativo: “identificazione dei fattori di rischio stress-lavoro­correlati e dei sintomi che possono indicare l’insorgenza di problemi di stress”.
 
Rimandando i lettori alla lettura delle best practice relative alle analisi documentali, ci soffermiamo sulle best practice correlate a:
-azioni formative: “deve essere preparato un Programma e Calendario del Piano Formativo con eventi destinati a formazione/addestramento lavoratori per area; formazione al management (dirigenti/preposti). Può essere utile definire contenuti minimi di formazione/addestramento considerati efficaci”;
-osservazione diretta (indagine oggettiva dell'organizzazione del lavoro): osservazione diretta (mediante opportune tecniche codificate, da scegliere in base alla specificità aziendale). Fotografia dell’organizzazione aziendale attraverso strumenti di analisi oggettiva (job analysis, check-list, ecc.). Controllo della ‘congruenza interna’”;
-analisi delle soggettività (percezione soggettiva dello stress lavoro-correlato): “le modalità sono numerose (questionari, interviste semistrutturate, focus group) e vanno selezionate con cura a seconda delle specificità aziendali. Assume tuttavia un rilievo particolare l’interazione con i lavoratori, ove possibile suddivisi in gruppi omogenei di lavoratori, alla quale possono certamente affiancarsi, ma non sostituirsi, strumenti quali interviste e questionari. Per quanto riguarda i questionari a titolo puramente indicativo, qui s’indicano strumenti per: la valutazione delle dimensioni lavorative critiche percepite; la valutazione delle risorse fruibili nel contesto lavorativo (individuali/di gruppo) e le risorse personali (resilienza); la valutazione dei disturbi di salute psicofisica stress correlati ( distress psicologico, disturbi psicosomatici)”. Nelle piccole aziende (con meno di  20 dipendenti) sono “da preferirsi riunioni / focus group”.
 
Veniamo dunque alle best practice riguardo alle soluzioni.
Riguardo alle soluzioni di prevenzione collettivasi fa riferimento a:
-individuazione (partecipata):     “anche qui assume particolare rilievo l’interazione del management con i lavoratori, con momenti di ricerca partecipata delle soluzioni”;
-implementazione (partecipata) : “sulla base della valutazione ed in relazione al gradiente di rischio verrà predisposto un piano degli interventi con la tempistica, da implementare e verificare con la partecipazione dei lavoratori interessati”.
 
Per concludere alcuni suggerimenti/esemplificazioni relativi a:
-soluzioni di casi individuali (approfondimento e soluzione di casi specifici): “creazione di percorsi di supporto con il coinvolgimento del Medico Competente, garantendo la privacy”;
-sorveglianza sanitaria/promozione della salute: “piano di sorveglianza sanitaria orientato alla promozione della salute rispetto ai fattori di rischio presenti in azienda”;
-piano di monitoraggio (predisposizione di un piano di monitoraggio nel tempo): “monitoraggio, secondo tempi definiti dell’efficacia degli interventi di prevenzione e protezione effettuati. Indicazione della tempistica di rivalutazione del rischio, anche in relazione a modifiche strutturali/organizzative di rilievo”. 
 
 
 
 
 
 
 


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