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I quesiti sul decreto 81/08: l’autocertificazione dei rischi particolari

Le piccole imprese possono autocertificare la valutazione dei rischi anche nel caso vi siano presenti rischi particolari come rischio chimico, biologico, cancerogeno o mutageno? A cura di G. Porreca.

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Chiarimento circa la possibilità di autocertificare la valutazione dei rischi, da parte delle piccole imprese, anche in presenza di rischi particolari come il rischio chimico, biologico, cancerogeno o mutageno. A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).

Quesito
Il comma 5 dell'art. 29 esclude dall'autocertificazione della valutazione dei rischi, in attesa delle procedure standardizzate, le aziende di cui all'art. 31 comma 6. Il comma 6 dell’art. 29 consente per le aziende fino a 50 dipendenti l'adozione delle procedure standardizzate. Il comma 7 esclude il ricorso a tale procedure alle aziende di cui art. 31 comma 6 (viene inutilmente inserita la lettera f) e alle aziende con rischi specifici (chimico, biologico, cancerogeni, ecc.). Il riferimento contenuto nel comma 7 non andava fatto anche al comma 5 oltre che al comma 6?
Stando così le cose la domanda è: le aziende con un numero inferiore di 10 lavoratori, ma con la presenza per esempio di un rischio chimico o biologico, o cancerogeno, o mutageno citati nel comma 7 possono effettuare la autocertificazione dell'avvenuta valutazione dei rischi?
 


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Risposta
L’art. 29 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 sulle modalità di effettuazione della valutazione dei rischi contiene un altro rompicapo del Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ed è uno di quegli articoli che risentono di una non proprio felice articolazione delle disposizioni da parte del legislatore e nel caso particolare delle disposizioni sulle procedure standardizzate e sulla autocertificazione della valutazione dei rischi contenute nei commi 5, 6 e 7 dell’articolo stesso ai quali successivamente il decreto correttivo di cui al D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 ha aggiunto il comma 6-bis.
Secondo il comma 5 dell’art. 29 che fa riferimento alle procedure standardizzate sulla valutazione dei rischi di cui all’art. 6 comma 8 lettera f) dello stesso D. Lgs. n. 81/2008 e che introduce l’autocertificazione dei rischi:

“5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g)”.

ed in merito è da precisare che l’art. 6 comma 8 lettera f) è quello che ha assegnato alla Commissione permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro il compito, fra gli altri, di elaborare, entro e non oltre il 31/12/2010, le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all’art. 29 comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore, procedure che dovranno essere recepite con decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Interno, una volta acquisito il parere della citata Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Con il terzo periodo il citato comma 5 ha esclusa la facoltà di autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi per quelle attività indicate nell’art. 31 comma 6 lettera a), b), c), d) e g), che possiamo in seguito indicare per semplicità attività “a particolare rischio”, per le quali il legislatore ha imposto la presenza di un servizio di prevenzione e protezione interno all’azienda e che sono precisamente:

a) le aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) le centrali termoelettriche;
c) gli impianti e le installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
g) le strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori

avendo ovviamente il legislatore escluse dall’autocertificazione le aziende di cui ai punti e) e f) dell’art. 31 comma 6 in quanto riguardano le aziende industriali con oltre 200 lavoratori e le aziende estrattive con oltre 50 lavoratori e quindi con un organico ben oltre il limite dei 10 lavoratori entro il quale è concessa tale facoltà.
Il successivo comma 7, invece, ha esclusa la possibilità di ricorrere alle procedure standardizzate per le aziende di cui al comma 6 dell’art. 31 indicate nelle lettere a), b), c), d) f) e g) aggiungendo per l’esclusione di tale facoltà, rispetto a quanto riportato nel comma 5, anche le aziende di cui alla lettera f) che riguardano le ditte estrattive con oltre 50 lavoratori. Lo stesso comma 7 ha introdotto però in più, con la lettera b), l’esclusione del ricorso alle procedure standardizzate  per le “aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto” ed ha nuovamente consentito di poterlo fare, con una modifica apportata con il decreto correttivo di cui al D. Lgs. n. 106/2009 che ha abolita la lettera c) del comma 7, anche alle aziende che rientrano nel campo di applicazione del Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 e cioè alle aziende che operano nei cantieri temporanei o mobili.

Una lettura coordinata dei citati commi 5, 6 e 7, porta, per quanto riguarda la possibilità di autocertificare la valutazione dei rischi e per quanto riguarda il ricorso alle procedure standardizzate per effettuare tale valutazione, ad individuare sinteticamente tre fasce di aziende e precisamente:
1^ fascia, comprendente le aziende che occupano fino a 10 lavoratori, le quali possono ricorrere alle procedure standardizzate, quando saranno fissate, e possono ricorrere alla autocertificazione della valutazione dei rischi;
2^ fascia, comprendente le aziende che occupano da 11 a 50 lavoratori, le quali possono ricorrere alle procedure standardizzate, quando saranno fissate, e non possono ricorrere all’autocertificazione della valutazione dei rischi;
3^ fascia, comprendente le aziende che occupano più di 50 lavoratori, le quali non possono ricorrere né alle procedure standardizzate né all’autocertificazione della valutazione dei rischi.

Le tre fasce sopra indicate non riguardano comunque le aziende di cui all’art. 31 comma 6 sopra definite “a particolare rischio” in quanto esse non possono comunque ricorrere alla autocertificazione della valutazione dei rischi né potranno ricorrere alle procedure standardizzate qualunque sia l’entità del loro organico.
Il vero rompicapo, invece, sorge per quanto riguarda le “aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amiantocitate nella lettera b) del comma 7 dell’art. 29 in quanto, per come è stato scritto tale comma 7 che fa riferimento alle disposizioni del comma 6, relative alle procedure standardizzate e non anche a quelle del comma 5 relative all'autocertificazione della valutazione dei rischi, sembrerebbe che a quelle aziende nelle quali si svolgono attività che possono esporre i lavoratori a rischi specifici aggressivi, quali i rischi chimici, biologici, ecc, sia impedito il ricorso alle procedure standardizzate ma sia consentito invece il ricorso all’autocertificazione della valutazione dei rischi e ciò contro ogni logica in quanto si è in presenza di rischi di natura particolare.

In risposta al quesito formulato, quindi, si esprime il parere che il legislatore nell’andare ad affiancare nel comma 7 alle attività di cui all’art. 31, citate sia nel comma 6 che nel comma 5, quelle attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, ecc. di cui alla lettera b) abbia voluto escludere anche queste dalla facoltà di ricorrere alla autocertificazione dei rischi. E’ chiaro che l’arcano, se non giunge prima un’auspicabile interpretazione autentica da parte delle istituzioni competenti, potrà essere risolto solo in sede di Conferenza Stato-Regioni che, come già indicato, dovrà fissare le modalità per le procedure standardizzate e che quindi potrà esprimersi sull’argomento e fornire gli opportuni indirizzi.

A sostegno della tesi che anche le aziende fino a 10 lavoratori debbano elaborare un documento completo di valutazione dei rischi se nell’ambito delle stesse i lavoratori possono essere esposti ai particolari rischi sopraindicati si fa presente che lo stesso D. Lgs. n. 81/2008 in alcuni Titoli del proprio testo che si riferiscono a dei tipi di rischio specifico dispone esplicitamente la elaborazione di un apposito documento di valutazione dei rischi e si rammenta, inoltre, quanto già in merito aveva indicato con l’art. 4 comma 11 il D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, ora sostituito con il D. Lgs. n. 81/2008, secondo il quale “il datore di lavoro delle aziende familiari nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 (elaborazione del documento di valutazione dei rischi), ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 (elaborazione del documento di valutazione dei rischi) le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza” decreti che non sono poi stati mai emanati benché fosse stata avvertita la necessità di imporre a quelle aziende la redazione del documento di valutazione dei rischi e di impedire il ricorso all’autocertificazione.  



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