Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Valutazione del rischio da stress termico: l’uso degli indici di esposizione

Valutazione del rischio da stress termico: l’uso degli indici di esposizione
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Valutazione dei rischi

21/02/2025

Un intervento si sofferma sul rischio da stress termico e sull’utilizzo consapevole degli indici di esposizione. Le difficoltà normative e la proposta di un metodo di valutazione del rischio che utilizza sia indici di comfort che di stress termico.

Bologna, 21 Feb – Lo stress termico rappresenta, come segnalato nei nostri articoli, un rischio significativo in molti ambienti di lavoro, con potenziali conseguenze sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Ed è importante trovare nuovi strumenti o perfezionare quelli esistenti per valutare adeguatamente il rischio, con particolare attenzione allo stress da caldo.

 

Ci soffermiamo oggi brevemente su uno studio che presenta un metodo sviluppato per valutare questo rischio attraverso una strategia derivata dalla UNI EN ISO 15265:2005 (Strategia di valutazione del rischio per la prevenzione dello stress o del disagio termico in condizioni di lavoro). Una valutazione che “ruota intorno alla corretta scelta degli indici di esposizione e al loro miglior utilizzo”. Infatti se nel contesto non industriale “gli indici di riferimento sono chiaramente quelli di comfort termico, nei contesti industriali l'adozione dei soli indici di stress termico potrebbe restituire una valutazione parziale”.

Un'altra questione aperta riguarda “come accertare la mera presenza del rischio”. Se il decreto legislativo 81/2008 “prescrive formazione e sorveglianza sanitaria per i lavoratori soggetti a qualsiasi rischio derivante da esposizione ad agenti fisici”, non fornisce però “Valori Limite di Esposizione (VLE) o Valori di Azione (VA) per lo stress termico, come fatto invece per altri agenti fisici”. E se alla mancanza dei VLE può sopperire la normazione tecnica, “sulla definizione di possibili valori di azione non si trovano indicazioni”. Ma “sono proprio questi ultimi che sono utili a individuare gli scenari in cui considerare il rischio presente (ancor prima di quantificarne l’entità) e dove prevedere pertanto di attivare almeno le iniziative base di prevenzione e protezione”.

 

A presentare con queste parole sia le difficoltà valutative, sia le eventuali possibilità metodologiche è l’intervento “Rischio da stress termico e l’utilizzo consapevole degli indici di esposizione”, a cura di Alessandro Merlino, Daniele Meda, Andrea Pelizzoni, Gabriele Quadrio, Diego Rizzardini (CeSNIR), presentato al convegno “dBA2024 – Agenti Fisici nei luoghi di lavoro: stato dell’arte, novità e strumenti di supporto alla valutazione del rischio” che si è tenuto il 20 novembre 2024 a Bologna, nell’ambito di Ambiente Lavoro 2024.

 

Torniamo ad affrontare questi temi, a cui avevamo in parte già accennato nell’articolo “ Come migliorare le verifiche sul comfort o sullo stress termico?”, soffermandoci sui seguenti argomenti:



Pubblicità
RSPP-ASPP - Modulo A - 28 ore
Corso online di prima formazione per Responsabile o Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione.

 

La normativa e le difficoltà nella definizione e quantificazione del rischio

L’intervento si sofferma ampiamente, e magari ci torneremo in un prossimo articolo, sul quadro legislativo di riferimento, con specifico riferimento al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. E nel capitolo 5 (del documento connesso all’intervento al convegno) si sofferma su come “definire e quantificare il rischio da stress termico”.

 

Infatti dalla lettura del D.Lgs 81/2008 – indicano gli autori - emerge che il legislatore “non fornisce limiti per alcuna specifica grandezza termo-igrometrica, né fa riferimento a metodi di valutazione del microclima. Questo approccio differisce significativamente da quello adottato per altri agenti fisici, come il rumore o le vibrazioni, per i quali sono definiti precisi valori limite e metodi di valutazione”.

 

Si indica che all’interno del Titolo VIII (Agenti fisici) il microclima è incluso in un “contesto dove l’esposizione agli agenti fisici è normata attraverso un sistema articolato di limiti per i quali sono previsti precisi metodi di verifica”. Tuttavia il microclima “è solo elencato tra gli agenti fisici dei quali occorre prevedere una valutazione di esposizione”: “nessun limite o metodo di valutazione è richiamato a questo scopo”.

 

In ogni caso per garantire il rispetto dei precetti forniti al Capo I del Titolo VIII, come elencati nella prima parte dell’intervento, è necessario “dotarsi di metodi specifici per la corretta definizione e quantificazione del rischio, così da consentirne il controllo e tutte le azioni conseguenti: riduzione, formazione, sorveglianza sanitaria”. E dunque risulta “necessario individuare delle procedure che consentano di:

  1. definire se il rischio da stress termico è presente; la mera presenza, a prescindere dall’entità, comporta infatti la necessità di attivare le prime misure di prevenzione protezione, ovvero l’informazione e la formazione dei lavoratori e la loro eventuale sorveglianza sanitaria.
  2. Valutare l’entità dell’esposizione al rischio da stress termico per tutti i lavoratori, compresi i soggetti particolarmente sensibili al rischio. Questo è necessario innanzitutto per accertarsi che non vi siano pericoli nell’immediato o nel breve periodo; quindi, per stabilire se vi possano essere dei pericoli sul medio e lungo periodo e studiarne le misure di riduzione, dopo aver individuato quelle di protezione per poter lavorare in sicurezza sin da subito”.

 

Dopo aver ricordato che per rumore e vibrazioni la presenza e quantificazione del rischio è “affidata alla verifica del superamento di limiti chiamati ‘Valori di Azione’ (VA), mentre la tutela contro pericoli immediati è affidata “alla verifica del rispetto dei “Valori Limite di Esposizione” (VLE), gli autori si soffermano sui vari metodi di valutazione del rischio da stress termico.

 

Una proposta di valutazione del rischio da stress termico

Veniamo ai capitoli finali del documento correlato alla presentazione dell’intervento al convegno dBA2024.

 

Questi capitoli propongono un metodo di valutazione del rischio da stress termico che utilizza sia indici di comfort che di stress termico.

 

Si indica che il metodo approntato per le valutazioni del rischio da stress termico si appoggia sulla tabella delle classi di rischio della UNI EN ISO 15265 (nel documento è presente una tabella). Questa classificazione “utilizza l'indice PMV per valutare il comfort termico, suddividendolo in tre intervalli: comfort (-0.5, +0.5), discomfort da freddo (-2, -0.5) e discomfort da caldo (+0.5, +2). Quando l'indice PMV rientra nell'intervallo di comfort, l'esposizione è considerata sotto controllo e non richiede ulteriori interventi. Tuttavia, quando l'indice PMV si colloca al di fuori di questo intervallo, si delineano diverse strategie di azione”.

 

Si segnala poi che per gli ambienti non produttivi, “soggetti esclusivamente a verifica di comfort termico, si devono cercare misure di miglioramento per riportare le condizioni microclimatiche entro l'intervallo di comfort nel medio periodo”. E per gli ambienti produttivi e vincolati, “soggetti anche alle verifiche di stress termico, il processo di valutazione si articola in base al valore dell'indice PMV:

  1. Se l'indice PMV si colloca entro l'intervallo (-2, +2), si considerano presenti condizioni di discomfort microclimatico, ma non di stress termico.
  2. Se l'indice PMV si colloca al di fuori dell'intervallo (-2, +2), si procede con la determinazione degli indici di stress termico appropriati (WBGT per il caldo e IREQ per il freddo). In questi casi, si calcolano anche le durate limite di esposizione (DLE) da confrontare con gli effettivi tempi di esposizione. Per lo stress termico da freddo si utilizza la procedura IREQ, mentre per lo stress termico da caldo si impiega la procedura PHS.
  3. Quando la durata limite di esposizione risulta inferiore alla durata nominale di un turno lavorativo, si esegue una valutazione aggiuntiva per considerare l'effetto dello stress termico in caso di esposizioni ripetute e/o combinate, al fine di valutarne l'eventuale effetto cumulativo”.

 

Viene poi notato che la norma UNI EN ISO 7933 (metodologia PHS) “considera gravi le esposizioni con durate limite inferiori a 30 minuti, richiedendo un riesame con metodi più sofisticati, come il monitoraggio dei parametri fisiologici”. E gli autori “considerano presente il rischio da stress termico in qualunque ambiente vincolato o quando l'indice PMV si colloca al di fuori dell'intervallo (-2, +2) a prescindere dalla valutazione sulla Durata Limite di Esposizione (da utilizzarsi per definire l’entità del rischio)”. E sono classificate queste situazioni con la dicitura aggiuntiva "thermal risk".

Si ricorda poi che in casi di stress termico molto elevato, “potrebbe essere necessario passare alla fase ‘expertise’ definita dalla norma 15265, che richiede il supporto di personale altamente specializzato e l'impiego di tecniche di misurazione sofisticate, come il monitoraggio dei parametri fisiologici”.

 

Una valutazione che utilizza sia indici di comfort che di stress termico

Nelle conclusioni gli autori indicano che “una strada percorribile con efficacia per eseguire una valutazione del rischio da stress termico debba utilizzare sia indici di comfort che di stress termico. Tuttavia, per il primo (PMV) è necessario fare riferimento a delle soglie che, invece di limitarsi a individuare gli ambienti dove il comfort è raggiunto, consentano di definire un confine tra la regione del discomfort e quella del rischio per la salute. Nel contesto produttivo, perseguire il comfort rischia infatti di essere un obiettivo utopistico (Merlino et al, 2019-1, 2022), mentre l'attenzione va focalizzata sulla corretta definizione e quantificazione del rischio, così da poter delineare concrete e perseguibili misure di riduzione, sia per i soggetti in normali condizioni di salute che per quelli con particolari sensibilità”.

 

Come indicato prima, la strategia adottata “si basa sulla norma UNI EN ISO 15265:2005 che individua nell’intervallo (-2, +2) il range di valori che può assumere l’indice PMV prima che si concretizzi una situazione di rischio anche minimo”. E gli autori nelle valutazioni utilizzano “questo intervallo alla stregua di un valore di azione”, ovvero identificano “come a rischio di stress termico tutti quegli scenari espositivi nei quali il PMV assume valori esterni a questo intervallo”. E identificano “nello stesso modo anche tutti i lavoratori che operano in ambienti vincolati che risultano esposti al rischio anche con valori di PMV interni a tale intervallo”.

 

Infine, si indica che l’applicazione sul campo di questo metodo permette “di raggiungere due obiettivi:

  • il primo è quello di essere efficaci, ovvero restituire dati capaci di discriminare bene tra le situazioni non a rischio e quelle con presenza di rischio e di restituire un dettagliato spettro dell’entità del rischio, dove questo è presente;
  • il secondo è quello di dotare il datore di lavoro di uno strumento concreto per la gestione del rischio in azienda e non un mero test pass/failed”.

 

Si segnala, in conclusione, anche l’importanza di “gestire le esposizioni di eventuali soggetti particolarmente sensibili al rischio con una valutazione ad-hoc”: in questi casi “sarà l’intervento del medico competente ad essere risolutivo ma potrebbe essere di aiuto che la comunità scientifica elabori un indice che consentisse di individuare queste situazioni espositive, oppure una nuova soglia per gli indici di cui disponiamo già”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale del documento che riporta anche diversi esempi presentando 12 ipotetici scenari espositivi.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

“Rischio da stress termico e l’utilizzo consapevole degli indici di esposizione”, a cura di Alessandro Merlino, Daniele Meda, Andrea Pelizzoni, Gabriele Quadrio, Diego Rizzardini (CeSNIR), intervento al convegno “dBA2024 – Agenti Fisici nei luoghi di lavoro: stato dell’arte, novità e strumenti di supporto alla valutazione del rischio” (Bologna, novembre 2024).

I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!