Storie di infortunio: un lavoro due padroni
Pubblichiamo un estratto della storia “Un lavoro due padroni”, pubblicata sul sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors), che racconta un infortunio dovuto a molteplici cause: la mancata formazione dei lavoratori, un’inadeguata valutazione dei rischi e macchinari privi dei dispositivi di protezione.
La storia fa parte delle “ storie d'infortunio” rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
UN LAVORO DUE PADRONI
a cura di Davide Bogetti e Marisa Saltetti, Servizio Pre.S.A.L. della Asl CN2
L’infortunio in sintesi
Esito: Bianca, l’infortunata, si è tagliata il dito pollice della mano destra
Dove è avvenuto: reparto produzione di un’azienda dolciaria
Che cosa è successo: Una dipendente di una cooperativa si è tagliata il dito pollice della mano destra mentre stava lavorando su una linea di prodotti dolciari.
Dopo poco tempo dall’inizio del turno di lavoro, Bianca ha notato che nella zona di taglio del foglio di pasta si erano formati dei grumi che rovinavano il taglio e di conseguenza la forma delle sfoglie. Ha cercato di avvisare il manutentore per risolvere il problema ma non lo ha trovato così ha deciso di provare da sola. Bianca ha preso un raschietto e, senza fermare la linea, ha iniziato a rimuovere i grumi di pasta che nel frattempo si erano ammucchiati. All’ennesima discesa dei coltelli, il pollice della sua mano destra veniva in contatto con il filo tagliente dell’utensile.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Il confronto tra la situazione riscontrata al momento dell’accesso in azienda e quella riferita da Bianca nella sua prima testimonianza è apparso discordante sulla presenza o meno delle protezioni sulla zona coltelli della linea: Bianca ha affermato che non erano presenti sportelli di protezione mentre nei sopralluoghi successivi all’infortunio sono stati trovati. Per poter quindi comprendere esattamente sia la dinamica dell’infortunio sia il punto esatto dove è avvenuto è stato necessario eseguire diversi sopralluoghi in azienda e integrare la prima testimonianza di Bianca con una seconda. Inoltre vista la difficoltà di comprensione della lingua da parte di Bianca, le sue testimonianze sono risultate spesso confuse e contraddittorie.
“In ditta ci sono tre linee: la prima che noi chiamiamo “grande”, la seconda che noi chiamiamo “piccola” e che è posta tra le altre due, e la terza che noi chiamiamo “nuova”. Io dovevo lavorare sulla linea “nuova”.” SIT del 26/08/2011
“A integrazione delle presenti dichiarazioni rese, preciso che la linea su cui mi sono fatta male è la “linea piccola” e non quella “nuova” come avevo erroneamente affermato.” SIT del 03/11/2011
“…ho provato a chiamare il sig. Massimo, che è il meccanico della ditta Le Dolcezze srl e che si occupa di risolvere questi problemi, ma non mi ha risposto nessuno.” SIT del 26/08/2011 “ Preciso inoltre che il sig Massimo che ho citato nelle dichiarazioni precedenti non è il meccanico della ditta ma la persona che si occupa della produzione.” SIT del 03/11/2011
Nonostante le incomprensioni e contraddizioni rilevate (presenza dei ripari sulla linea pre o post infortunio), le protezioni installate sulla linea “piccola” sede dell’infortunio non erano comunque adeguate. Infatti, la zona coltelli era segregata sui lati da una griglia di protezione ma la zona di uscita del prodotto era chiusa da uno sportello basculante in struttura metallica e chiusura in plexiglass trasparente. Lo sportello risultava sprovvisto di microinterruttori di sicurezza e la chiusura era assicurata da rotella avvitata alla parte fissa; questo sistema è facilmente eludibile e non necessita di nessuna chiave o altro ausilio per l’apertura. Proprio nella zona coltelli erano presenti, tuttavia, dei pulsanti di emergenza a fungo che avrebbero potuto arrestare la linea se attivati. Le altre due linee del reparto sono risultate regolari dal punto di vista dei sistemi di sicurezza; le loro zone coltelli erano segregate idoneamente con griglie di protezione metallica su tutti i lati e dotate di sistemi di interblocco. La linea dove Bianca ha subito l’infortunio era l’unica protetta con plexiglass.
L’azienda Le Dolcezze srl ha concesso in comodato d’uso precario alla cooperativa Drago la linea “piccola” che presentava le irregolarità e carenze dal punto di vista della sicurezza. Sulla stessa linea si alternavano però sia operatori della cooperativa che dipendenti dell’azienda dolciaria. I turni di lavoro venivano decisi e gestiti settimanalmente dal responsabile della produzione dell’azienda Le Dolcezze srl che stabiliva quante persone della cooperativa dovevano lavorare in quel turno e anche su quale linea operare. Al presidente della Drago spettava solo più decidere chi mandare a lavorare nell’azienda dolciaria.
Come è andata a finire
Inail ha riconosciuto alla sig.ra Bianca un grado di invalidità pari al 3%. Dopo l’infortunio per molti mesi l’infortunata non è più stata chiamata dalla cooperativa a lavorare se non occasionalmente per alcune giornate. Al datore di lavoro della cooperativa è stato contestato l’aver messo a disposizione dei lavoratori un’attrezzatura non conforme e non aver correttamente valutato il rischio. Tutti e due i punti sono stati ottemperati. All’amministratore delegato dell’azienda Le Dolcezze srl è stato contestato l’aver concesso in uso un’attrezzatura non idonea ai fini della sicurezza. L’azienda ha revocato la concessione in uso ma la sanzione non è stata pagata. Al datore di lavoro, formale e “di fatto”, della stessa azienda è stato contestato di aver messo a disposizione dei suoi dipendenti e dei soci della cooperativa, una attrezzatura non conforme e di non aver valutato correttamente i rischi. Le prescrizioni non sono state ottemperate.
Raccomandazioni
La messa a disposizione di attrezzature o impianti che rispondono alle vigenti normative di igiene e sicurezza sul lavoro è condizione indispensabile per ridurre al minimo le probabilità che possano accadere infortuni più o meno gravi. A questo si deve necessariamente aggiungere un idoneo processo di identificazione e valutazione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro per poter scegliere le misure di prevenzione protezione più appropriate. Alla fine del percorso le persone dovranno essere correttamente formate e informate sia sui rischi sia sulle corrette procedure di lavoro. Si dovrebbe avere un’attenzione particolare nei casi di coinvolgimento di lavoratori stranieri che comprendono poco o nulla della lingua italiana. In questi casi è difficile risalire al tipo e al grado di formazione erogata a questi lavoratori. Nel caso analizzato la difficoltà di comprensione ha portato ad equivoci e/o versioni contraddittorie. Sarebbe opportuno cercare di utilizzare un linguaggio il più semplice possibile e, per quanto possibile, privo di termini tecnici, normativi e giuridici. Altro aspetto importante è la presenza di aziende che lavorano in appalto all’interno dell’azienda committente. La collaborazione dei diversi datori di lavoro nell’elaborazione del DUVRI, ovvero della valutazione dei rischi interferenziali, è sia un formale obbligo normativo sia un sostanziale aiuto nella gestione della sicurezza in caso di appalti. Al suo interno vengono riportati tutti i rischi derivanti dallo svolgimento di attività diverse negli stessi ambienti lavorativi e le precauzioni minime e le regole da seguire per eliminare o ridurre al minimo gli effetti di tali rischi. Nel caso specifico lo scambio di informazioni su come lavorare sulla linea, quali rischi presentasse, come operare in caso di inconvenienti e lo stabilire esattamente ruoli e compiti dei vari soggetti avrebbe contribuito a rendere più difficile e meno probabile l’infortunio.
Molto spesso l’utilizzo delle cooperative nasconde, dietro un apparente regolare contratto di servizi, una vera e propria fornitura di manodopera. Tale situazione appare estremamente conveniente all’azienda committente in termini di flessibilità del lavoro perché sono richiesti più o meno lavoratori della cooperativa a seconda del lavoro da fare. Ma la convenienza vale anche in termini economici e di responsabilità perché gli obblighi relativi alla sicurezza vengono scaricati sul datore di lavoro della cooperativa. Tra l’azienda Le Dolcezze srl e la cooperativa Drago esisteva un contratto di affitto per una determinata zona del reparto, dove la cooperativa avrebbe dovuto lavorare con i suoi addetti e un contratto di concessione in uso precario di alcune attrezzature tra cui le tre linee di produzione. Nella realtà i soci della cooperativa lavoravano in tutto il reparto produttivo assieme ai dipendenti dell’azienda committente. Inoltre, le diverse linee produttive erano utilizzate da tutti i lavoratori senza distinzioni di orario, di attrezzatura e di specifica mansione. La cooperativa non svolgeva quindi nessuna lavorazione in autonomia e tra le due maestranze c’era assoluta promiscuità. Tutto questo in pieno contrasto con il contratto di fornitura di servizi stipulato tra le due parti. In queste situazioni apparirebbe necessario richiedere il supporto del personale della Direzione Provinciale del Lavoro competente sulle questioni di regolarità dei rapporti di lavoro.
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