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Sollevamento carichi: strumenti per migliorare la valutazione dei rischi

Bologna, 26 Set – Come mostrano i vari riepiloghi mensili e annuali dei dati connessi all’andamento infortunistico e tecnopatico, le denunce di malattia professionale continuano ad aumentare. Ad esempio, del +9,9% nei primi sette mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024. E le malattie più denunciate continuano a essere, di gran lunga, quelle muscolo-scheletriche: i disturbi muscoloscheletrici rappresentano circa il 70% delle denunce che arrivano all'Inail.
Proprio a partire da questi dati, durante la manifestazione bolognese Ambiente Lavoro 2025 (Bologna, 10-12 giugno 2025), abbiamo deciso di realizzare un approfondimento sui nuovi metodi di valutazione per la riduzione nei luoghi di lavoro delle possibili conseguenze delle tante attività di sollevamento manuale dei carichi.
Per farlo abbiamo intervistato Alessio Silvetti ( Inail, Dimeila, Laboratorio di Ergonomia e Fisiologia) che a Bologna era intervenuto come relatore al seminario Inail “Utilizzo di parametri fisiologici e biomeccanici per la valutazione del rischio delle attività di sollevamento: frequenza cardiaca, software di analisi posturale, LiFFT e EXO-LiFFT” (Bologna, 12 giugno 2025) approfondendo il tema dei nuovi strumenti di valutazione del rischio per nuovi scenari.
L'intervista esplora non solo i limiti dei metodi di valutazione del rischio attuali, come il protocollo NIOSH, ma presenta e analizza anche vari nuovi strumenti e metodologie, inclusi i parametri fisiologici come la frequenza cardiaca, i software di analisi posturale e i metodi in presenza di moderne tecnologie indossabili come gli esoscheletri (ad esempio, in questo ultimo caso, con riferimento alla metodica Exo-LiFFT, sviluppata dall’Università di Auburn). L'obiettivo è fornire un quadro completo e integrato per una valutazione del rischio più efficace, in grado di affrontare la complessità dei contesti lavorativi reali e ridurre l'incidenza dei disturbi muscoloscheletrici nei luoghi di lavoro.
L’intervista, l’ultima che pubblichiamo relativa alla manifestazione Ambiente Lavoro del 2025, è stata realizzata il 12 giugno 2025 a Bologna e le domande hanno riguardato i seguenti temi:
- i metodi e protocolli più diffusi per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico nelle attività di sollevamento
- i limiti dei metodi e protocolli più utilizzati per la valutazione
- l’utilizzo della frequenza cardiaca per la valutazione delle attività di sollevamento
- i vantaggi dell’integrazione delle procedure di valutazione con indicatori fisiologici oggettivi del carico di lavoro
- la potenzialità dei software di analisi del movimento per valutare le attività di sollevamento.
- la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanica in presenza di esoscheletri
- l’integrazione delle metodiche di valutazione del rischio delle attività di sollevamento con quanto indicato nel decreto legislativo 81/2008
- cosa fare per aumentare l’attenzione delle aziende e degli operatori per nuovi e più efficaci sistemi di valutazione dei rischi di sovraccarico biomeccanico.
L’articolo di presentazione dell’intervista si sofferma su vari argomenti:
- Valutazione del rischio: caratteristiche e limiti dei metodi più diffusi
- Valutazione del rischio: metodologie e strumenti nuovi
- Valutazione del rischio: decreto 81 ed efficacia della valutazione
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro ad Alessio Silvetti
Valutazione del rischio: caratteristiche e limiti dei metodi più diffusi
Partiamo ricordando quali sono ad oggi i metodi e protocolli più diffusi per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico.
Alessio Silvetti: Allora, sicuramente il metodo per la valutazione delle attività di sollevamento più diffuso è il metodo del protocollo NIOSH, che quello ormai lo “conoscono anche i sassi”. E un altro metodo, poco diffuso in Italia, ma comunque riconosciuto, è il MAC (Manual handling Assessment Charts) sviluppato dall’Health and Safety Executive – HSE, l’ente inglese. Oppure un altro metodo ancora è il KIM (Indicator Method) sviluppato dal BAuA, l’ente tedesco. Sono per lo più metodi di tipo, diciamo, qualitativo rispetto al metodo del NIOSH che è quantitativo.
E poi c'è, più recentemente, l'introduzione di LIFFT proposto dall’Università di Auburn, in cui tramite l'analisi di pochi parametri, (…) come ad esempio la distanza del tronco, la frequenza dei sollevamenti e il peso sollevato, si provano a dare delle indicazioni sulla possibilità di insorgenza di danno ai vari distretti del corpo, in questo caso al livello della schiena.
Parliamo dei metodi già conosciuti e utilizzati da tempo. Quali sono i limiti principali che possono avere rispetto ai metodi più innovativi?
Alessio Silvetti: Sicuramente, parlando del protocollo NIOSH, che è quello più diffuso, il NIOSH nel suo protocollo - quasi nessuno lo sa - nella sua applicazione prevede dei criteri di applicabilità e di accettabilità. I criteri di accettabilità sono tutti quei valori per cui quando andiamo a dare il moltiplicatore alla geometria del compito, il moltiplicatore è zero, di fatto azzerando l'equazione. Molto spesso, erroneamente in Italia, a questo è stato dato il significato di attività che non si può fare, mentre sarebbe più corretto dire che, in questo contesto, nel contesto in cui il moltiplicatore è zero, l'analisi del rischio con il metodo del NIOSH non spiega bene la mansione che stiamo analizzando.
Un altro aspetto, ovviamente, sono i criteri di applicabilità.
I criteri di applicabilità - mi riferisco prima di tutti a quelli che più “saltano all'occhio” – sono, ad esempio, i criteri climatici o quelli di equilibrio. Quindi il protocollo NIOSH può essere applicato solo in alcuni contesti, in alcuni range di clima, di temperatura e di velocità dell'aria. O comunque in alcuni contesti in cui c'è la stabilità sia dell'operatore che del carico.
A titolo di esempio un lontano studio ormai del 2002 sul protocollo NIOSH ha dimostrato che su oltre 1000 mansioni esaminate, per uno di questi motivi, legati alle condizioni di applicabilità o di accettabilità, il protocollo NIOSH non poteva essere applicato in oltre il 60 per cento delle mansioni esaminate. E quindi c'è bisogno di ulteriori metodi.
Però il metodo NIOSH è comunque utile perché, anche se non applicabile, ci dà comunque delle indicazioni su quello che sta succedendo.
Valutazione del rischio: metodologie e strumenti nuovi
Veniamo ora ad alcune delle metodiche presentate al seminario. Lei ha parlato, ad esempio, dell’utilizzo della frequenza cardiaca per la valutazione delle attività di sollevamento. Perché utilizzare la frequenza cardiaca?
Alessio Silvetti: Diciamo che, innanzitutto, questo non è un metodo nuovo, è un metodo abbastanza vecchio: capire qual è il carico fisiologico del lavoratore, tramite la frequenza cardiaca. Su questo ci sono delle indicazioni, in tal senso, dal primo congresso di ergonomia nel 1960 e ci sono indicazioni da un documento dell'associazione degli Igienisti Industriali nel 1970 e ci sono anche aggiornamenti da parte dell’INRS, l'istituto francese, negli anni 90. Il recepimento di queste metodiche per la valutazione delle attività in generale di sollevamento è stato fatto anche dall'istituto spagnolo e dal Ministero del lavoro spagnolo. Sono particolarmente sviluppate nei paesi francofoni e nei paesi del Nord Europa.
Intanto, per fare un esempio dell'importanza di questi metodi, nell’equivalente del decreto legislativo 81 in Francia si prevedeva all'interno del documento l'utilizzo di parametri fisiologici come la frequenza cardiaca.
In passato la frequenza cardiaca, come gran parte dei metodi fisiologici, richiedeva una strumentazione ingombrante e gli strumenti non erano così precisi, non erano così affidabili. Oggigiorno la letteratura scientifica ci dimostra che la tecnologia è praticamente pronta per essere utilizzata già da qualche tempo (…) nell'ambito dei luoghi di lavoro perché non è invasiva, c'è un'alta affidabilità dei risultati e c'è un’alta possibilità di integrazione nei luoghi di lavoro reali senza interferire con l'attività dei lavoratori.
Che poi l’Heart Rate, la frequenza cardiaca, è solo un aspetto. Poi se vogliamo andare un po' più nel dettaglio, dove magari sono necessari strumenti un po' più affinati rispetto a quelli dei nostri smartwatch, si può andare ad analizzare anche l’Heart Rate Variability. (…)
Se dobbiamo ragionare sulla fruibilità da parte di persone che si occupano di sicurezza, sicuramente la frequenza cardiaca si sta riproponendo, non proponendo, come un metodo che può darci delle utili indicazioni, anche perché molto spesso riesce a confermare la soggettività del lavoratore.
Un altro tema che è stato affrontato è la potenzialità dei software di analisi del movimento per valutare le attività di sollevamento. Cosa possiamo dire a questo proposito?
Alessio Silvetti: I software di analisi posturali e le metodiche strumentali stanno sempre più diventando anche loro una parte importante nella valutazione. Sono stati ampiamente usati in passato quando c’era la possibilità di descrivere la mansione, di progettare la mansione, quindi quella che si chiama ergonomia di “concezione”.
E adesso c'è la possibilità di integrare questi software (…). Si possono integrare anche dei moduli in cui c'è la possibilità di fare delle valutazioni del rischio del sovraccarico biomeccanico (metodi che tutti conosciamo, quindi protocollo NIOSH, protocollo REBA o protocollo RULA) in maniera preventiva, per sapere già in fase progettuale quale potrebbe essere il rischio a cui è esposto il lavoratore.
Questi software però presentano un piccolo difetto. Essendo fatti da progettisti, il progettista non sa mai, di fatto, come si comporta realmente il lavoratore. Quindi l'interazione del lavoratore in un luogo progettato potrebbe essere molto diversa.
Per questo è necessario un passaggio secondario dopo la fase progettuale, che è quella prototipale in cui possibilmente, se c'è la possibilità di avere dei lavoratori che saranno poi gli utilizzatori finali, i lavoratori daranno delle utili indicazioni per capire se è necessario fare ulteriori modifiche alla postazione di lavoro oppure se quella può andare bene. Però senza le indicazioni del lavoratore – e quella è una cosa che il mio mentore, il dottor Draicchio, mi ha sempre detto - ci perdiamo gran parte di quello che succede nel luogo di lavoro.
Voi avete parlato anche delle moderne tecnologie indossabili, gli esoscheletri. Come fare una valutazione dei rischi? Se una persona indossa degli esoscheletri, ci sono delle metodologie adeguate di valutazione?
Alessio Silvetti: Sicuramente stanno uscendo. Diciamo che gli studi nell'ambito del rischio di sovraccarico biomeccanico ci stanno dicendo che gli esoscheletri potrebbero rappresentare una soluzione a un problema molto presente.
Però è bene fare delle precisazioni, perché comunque tutti gli studi positivi, la gran parte degli studi positivi, sono stati fatti in situazioni sperimentali di laboratorio; pochissimi sono quelli fatti in situazioni sperimentali in reali condizioni di lavoro, quasi nessuno solo in reali condizioni di lavoro. Quindi ancora poco si sa di quello che potrebbe succedere nel medio e lungo termine e come valutare quelli che vengono chiamati side effects, cioè gli effetti collaterali.
Oltre al rischio da sovraccarico biomeccanico, una delle prime cose che mi viene in mente è che il lavoratore che indossa l’esoscheletro ha necessità di un maggior spazio attorno a lui. Quindi bisognerebbe ripensare anche alla postazione di lavoro, bisognerebbe verificare se questo spazio c'è. Ma ora non dobbiamo ragionare solo in termini di rischio da sovraccarico biomeccanico, perché magari il lavoratore con l’esoscheletro potrebbe anche avere degli impedimenti nella sua movimentazione. E se necessità un aumento dello spazio, si potrebbero avere degli impatti anche sulle vie di fuga, quindi c’è tutta una serie di casi di emergenza che sfortunatamente vengono presi ancora poco in considerazione. Ci si concentra forse un po' troppo sul rischio da sovraccarico biomeccanico e poco sulla globalità. (…)
Riguardo alla valutazione un primo approccio di tipo quantitativo lo ha provato l'università di Auburn provando a modificare la formula di LIFFT integrando il supporto che viene dato dall'esoscheletro e provando a dare anche uno strumento che possa essere applicabile a diversi esoscheletri, non a solo uno o due tipi. Però ovviamente è un modello molto semplificato, quindi non tiene conto di tanti aspetti. (…) Il successivo passo, quindi, sarà l’analisi (…) con metodiche fisiologiche biomeccaniche di diversi livelli di complicazione, di impatto. Quindi si parte dalla frequenza cardiaca che, come abbiamo detto, può essere facilmente registrabile fino alla valutazione con metodiche strumentali come l'elettromiografia di superficie e la sensoristica inerziale per l'analisi del movimento. A tal proposito, proprio un paio di anni fa, è uscita una prenorma all'interno del CEN. La norma è la 17938, è stata recepita da Uni e praticamente prevede la possibilità di utilizzare le metodiche strumentali per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico anche in questi contesti lavorativi in cui c'è l'esoscheletro.
E poi c'è l'ultimo step che è quello più difficile - che rimane comunque proprio di nicchia e da laboratorio, ma che comunque ha la sua importanza - che è andare ad analizzare cosa succede all'interno del nostro cervello; quindi il monitoraggio dell'attività cerebrale con elettroencefalogramma per capire se c'è qualche alterazione dello schema motorio. (…)
Abbiamo scritto una monografia interdipartimentale che dovrebbe uscire a breve entro l'anno in cui speriamo di dare le risposte che molto spesso ci vengono dai nostri interlocutori e dove abbiamo provato a fare un'analisi a 360° degli esoscheletri. (…)
Valutazione del rischio: decreto 81 ed efficacia della valutazione
Come si integrano queste metodiche di valutazione del rischio delle attività di sollevamento con quanto indicato e richiesto dal decreto legislativo 81/2008?
Alessio Silvetti: Come tutti sappiamo, il decreto legislativo 81 prevede per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico l'utilizzo delle norme ISO 11228, la serie delle norme ISO, le parti 1, 2 e 3. Però è indicato “ove applicabile”, due parole che sembrano messe lì a casaccio, invece hanno importanza. Perché, come ho già ripetuto prima, molto spesso il protocollo NIOSH, che è il cuore della attività di valutazione per la movimentazione manuale dei carichi, non può essere utilizzato. Però (…) la norma tecnica bisogna leggerla un po' tutta. Ad esempio, ci sono degli allegati, all'allegato D1, in cui è scritto che è possibile integrare la valutazione del rischio dell'attività di sollevamento anche con altre metodiche per l'analisi del carico lombare. E qui ci entra un mondo.
Ci stanno dicendo, in maniera sottointesa, che qualsiasi metodo di valutazione, che sia comunque validato scientificamente, è possibile utilizzarlo per la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico. Possiamo far tranquillamente rientrare in questi aspetti l'analisi con l'elettromiografia di superficie, l'analisi con la sensoristica inerziale. E poi successivamente c'è scritto che in task molto complessi è possibile integrare anche l'analisi con aspetti metabolici. Gli aspetti metabolici sono un mondo, (…) però la frequenza cardiaca è un aspetto di questi parametri metabolici.
Quindi se vogliamo trovare un appiglio anche all'interno della ISO 11128 parte 1, possiamo dire che si prevede l'analisi della frequenza cardiaca (…).
Poi un altro aspetto da considerare: noi abbiamo parlato di software che calcolano diversi parametri, fra cui ovviamente la forza che si scarica a livello della giunzione lombosacrale. All'interno dell'allegato I, proprio praticamente due righe sopra la bibliografia, quindi all'ultimo, sono presentati dei nuovi limiti che si scaricano a livello della giunzione lombosacrale che derivano da studi tedeschi del Dott. Jaeger. Limiti che aggiornano il limite precedente del NIOSH che era di 3400N. Quindi utilizzando i software che ci danno quel valore possiamo dire che, anche in questo caso, stiamo facendo la valutazione dei rischi ai sensi del decreto legislativo 81/2008, perché sono presenti, anche se minimamente nominati all'interno della ISO 11228 parte 1.
Concludiamo indicando cosa si potrebbe fare per aumentare l’attenzione delle aziende e degli operatori per nuovi e più efficaci sistemi di valutazione dei rischi di sovraccarico biomeccanico.
Alessio Silvetti: I dati ci dicono che i disturbi muscoloscheletrici rappresentano il 70% delle denunce che arrivano all'istituto Inail. A essere sinceri bisognerebbe aggiungere anche circa il 10-11% di quelli nervosi perché sono quasi totalmente tunnel carpali, quindi di fatto riconducibili ai movimenti ripetuti dell'arto superiore.
L'impatto è forte, la richiesta è forte e le ditte, comunque, si trovano con molta difficoltà a rispondere alle esigenze. Anche perché, come abbiamo visto, i metodi di valutazione non sempre riescono a cogliere la varietà delle attività lavorative presenti nei reali contesti.
Quello che io mi posso permettere di suggerire è che abbiamo visto che ci sono diversi metodi di valutazione, dal più semplice al più complicato. Ci sono metodi di tipo osservazionali, metodi fisiologici e anche metodi strumentali di diverso livello, di diversa complessità.
Quello che mi è sempre stato insegnato è che, comunque, non c'è un metodo migliore di un altro. Quindi non bisogna fissarsi, focalizzarsi su un metodo, un metodo unico, ma bisogna cercare di provare a utilizzare più metodi possibili perché ognuno di questi vede il rischio da diversi punti di vista. Quindi integrare più punti di vista può sicuramente essere molto utile per provare a ridurre questo fenomeno importante che è l'incidenza dei disturbi muscoloscheletrici, che comunque non è un fenomeno solo italiano, ma è un fenomeno mondiale.
(…)
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

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