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Rischio fumo di tabacco: cosa fare in azienda

Rischio fumo di tabacco: cosa fare in azienda

Autore:

Categoria: Valutazione dei rischi

11/05/2016

Gestione del rischio da fumo di tabacco: cosa devono fare il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione?

 
Oltre all’applicazione del divieto assoluto di fumo (all’interno e all’esterno) nei casi riportati in Tabella 14 e alle misure generali di prevenzione incendi come riportato dall’art. 46 del D.Lgs.81/2008, il Datore di Lavoro con la collaborazione dell’RSPP:
■ deve dare segnali chiari e univoci di divieto di fumo nei locali chiusi non privati ai sensi dell’art. 51 della L. 3/2003 posizionando idonea cartellonistica e istituendo la vigilanza sul rispetto del divieto; è infatti interesse del Datore di Lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo (Circolare 17/12/2004 del Ministero della Salute - G.U. n. 300 del 23/12/2004);
■ come “promotore della salute” può elaborare una politica di gestione del fumo di tabacco in azienda coinvolgendo i lavoratori e le altre figure della prevenzione per la salute e sicurezza in azienda;
■ può (ma non è obbligato) istituire nella propria azienda i locali riservati ai fumatori (Circolare 17/12/2004 del Ministero della Salute - G.U. n. 300 del 23/12/2004) che devono rispondere alle caratteristiche del D.P.C.M. 23/12/2003 [1] (anche se gli appositi impianti di ventilazione non sembrano in grado di abbattere, sia all’interno che all’esterno, i rischi per la salute legati alla esposizione a fumo passivo);
■ in collaborazione con il Medico Competente e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, come previsto dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. [2], deve fare informazione sui rischi supplementari dovuti al fumare per gli esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni (art. 239) e all’amianto (art. 257), sulle misure di prevenzione del fumo adottate nel luogo di lavoro e su quanto previsto dalla normativa vigente per la violazione del divieto di fumo;
■ deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute derivanti dal fumo di tabacco attivo e passivo, sulle misure di prevenzione del fumare adottate nel luogo di lavoro, sulle procedure previste dalla normativa vigente per la violazione del divieto e sulle modalità efficaci per smettere di fumare, avvalendosi dei servizi competenti in materia, come raccomandato nell’art. 5 dell’Accordo Stato Regioni del 16 Dicembre 2004 [3];
■ deve valutare ed eventualmente inserire nel Documento Valutazione Rischi (DVR) l’esposizione al fumo passivo dei lavoratori impiegati nei locali riservati ai fumatori come esposizione ad agenti chimici pericolosi;
■ deve individuare e applicare le adeguate misure di prevenzione e di protezione ed elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza degli esposti a fumo passivo.
 

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Per la valutazione del rischio dovuto a potenziale esposizione dei lavoratori alle sostanze chimiche (Capo I, Titolo IX del D.Lgs. 81/2008) contenute nel fumo passivo il Datore di Lavoro deve considerare:
1. le proprietà pericolose;
2. le informazioni sulla salute e sicurezza;
3. il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;
4. le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;
5. i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici;
6. gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
7. se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese;
8. l’informazione e formazione dei lavoratori.
 
I rischi dovranno essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure (artt. 224 e 225 D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) [3]:
1. progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
2. fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
3. riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
4. riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
5. misure igieniche adeguate;
6. riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
7. metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici;
8. dispositivi di protezione individuali.
 
La sorveglianza sanitaria sarà intrapresa se il rischio non risulterà irrilevante per la salute dei lavoratori nonostante le misure intraprese.
Nel caso in cui il Datore di Lavoro consideri il fumo passivo come cancerogeno deve effettuare una valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni (come disciplinato dal Capo II, Titolo IX del D.Lgs. 81/2008) e:
1. considerare le caratteristiche delle lavorazioni, la loro durata e la loro frequenza;
2. tenere conto dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati e della loro concentrazione;
3. stimare la capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento, tenendo conto di tutti i possibili modi di esposizione;
4. adottare le misure preventive e protettive adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative in base ai risultati della valutazione;
5. limitare al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti;
6. progettare, programmare e sorvegliare le lavorazioni in modo che non vi sia emissione di agenti cancerogeni;
7. provvedere alla misurazione degli agenti cancerogeni per verificare l’efficacia delle misure adottate e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente;
8. provvedere alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
9. elaborare procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
10. disporre, su conforme parere del Medico Competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per le quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati;
11. fornire informazione e formazione;
12. programmare la sorveglianza sanitaria;
13. istituire il registro di esposizione.
 
 
Nei locali per fumatori, dove operano lavoratori, dovranno essere applicate tutte le misure atte a ridurre il rischio ai più bassi livelli di esposizione ed eventualmente le misure di protezione individuale e la sorveglianza sanitaria tenendo conto delle donne in stato di gravidanza, dei minori e della suscettibilità individuale.
Nella Tabella 15 sono riportate sinteticamente le principali azioni da intraprendere in azienda per il controllo del fumo di tabacco.
 
 
INAIL - La gestione del fumo di tabacco in azienda (formato PDF, 3.81 MB)
 


[1] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003. Attuazione dell’art. 51, comma 2 della Legge 16 gennaio 2003 n. 3, come modificato dall’art. 7 della Legge 21 ottobre 2003 n. 306, in materia di “tutela della salute dei non fumatori”. Gazzetta Ufficiale n. 300, 29 dicembre 2003.
[2] Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Attuazione dell’art. 1 della Legge 3 agosto 2007 n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 101, Supplemento ordinario n. 108, 30 aprile 2008.
[3] Accordo del 16 dicembre 2004. Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Accordo tra il Ministro della Salute, di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia, e le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di tutela della salute dei non fumatori, in attuazione dell’art. 51, comma 7, della Legge 16 gennaio 2003, n. 3. Gazzetta Ufficiale n. 303, 28 dicembre 2004.




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Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0
11/05/2016 (10:25:58)
Non capisco perchè si debba enfatizzare e dicutere di aspetti come questo che non hanno attinenza alcuna con il rischio lavorativo, inteso come quello legato e correlato a quello che uno fa.
Mi spiego: nei luoghi di lavoro è da tempo vietato fumare, quindi il Datore di Lavoro non deve far altro che far rispettare senza se e senza ma il divieto, anche ricorrendo a sistemi sanzionatori.
Quanto poi alla promozione della salute non vedo perchè l'azienda debba farsi carico di attività che non le sono proprie, spettando invece al Pubblico.
Responsabilità Sociale dell'impresa è un'altra cosa, non la concezione della fabbrica "grande fratello" (quello di Orwell) che entra negli aspetti più personali delle nostre vite.
Responsabilità sociale dell'impresa è produrre PIL nel rispetto della persona umana, reinvestire per creare benessere, nel rispetto delle legittime necessità sia ambientale che della persona, ma non può l'impresa impedire a qualcuo di suicidarsi surrogando in tal modo le carenze della società.
Valutazione del rischio? e di che? Il problema del fumo passivo ormai susiste solo nella misura in cui gli obblighi non sono fatti rispettare, esiste FUORI dall'azienda, per cui, per piacere, occupiamoci dei reali problemi della sicurezza, sarà un modo più utile di allocare le risorse.
In conclusione, cosa devono fare DL e RSPP? Vigilare e far rispettare la legge: “Fare una legge e non farla rispettare equivale ad autorizzare la cosa che si vuole proibire.” Richelieu.
Rispondi Autore: Paolo Giuntini - likes: 0
11/05/2016 (14:51:21)
Valutazione del rischio chimico.
Informare che "qui non si fuma"
Applicare opportuna segnaletica.
Rinforzare i comportamenti positivi dei fumatori più incalliti quando non fumano.
Se proprio non se ne può fare a meno, istituire "locali" riservati all'aperto e lontani da pericoli.
Sanzionare senza sconti chi sgarra.
Dimenticavo: i vertici aziendali danno l'esempio.
Facile, no ?
Rispondi Autore: Damiano Alzati - likes: 0
11/05/2016 (14:54:48)
E se chi fuma è il Datore di lavoro, cosa possono e devono fare i lavoratori?
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0
11/05/2016 (15:13:55)
Egr. Sig. Giuntini,
Sono d'accordo su tutto tranne che sulla valutazone del chimico per le seguenti ragioni:
- se il divieto è rispettato non c'è esposizione al rischio
- se il divieto non è rispettato il Datore di Lavoro è inadempiente "a priori", indipendentemente dal fatto che il rischio chimico possa essere irrilevante o meno.
La questione se fare o no la valutazione non ha quindi alcun senso

Egr. sig. Alzati,
la risposta è "NULLA", sopportare e tacere, oppure rischiare di essere licenziati.
E' l'effetto perverso della nostra mentalità formalistica, per la quale si pretende fi fare sicurezza con la legge (quindi la "carta") e non nei fatti.
Rispondi Autore: Giovanni C. - likes: 0
11/05/2016 (18:42:53)
Concordo appieno con Francesco B.

Qualche hanno fa una nota Associazione Nazionale ha tentato di far inserire negli obblighi di valutazione del rischio ex art. 17 D.Lgs 81/2008 smi il rischio da "attentato terroristico"; qualche tempo fa in una nota rivista giuridica (on line) sul lavoro edita da un Ateneo del centro Italia è apparso un articolo secondo il quale la valutazione del rischio clinico del paziente delle strutture sanitarie rientrava negli obblighi ex art. 17 D.Lgs 81/2008.

Ma le associazioni professionali degli RSPP, se esistono, non dicono nulla?
Rispondi Autore: Fausto Zuccato - likes: 0
11/05/2016 (19:46:55)
Egr. Sig. Giuntini "Se proprio non se ne può fare a meno..": trattasi di tabagismo, disturbo comportamentale rientrante nelle tossicodipendenze. Il Medico competente dovrebbe indirizzare il lavoratore al Sert territoriale dove dovrebbe esistere una sezione dedicata.
I "locali riservati" devono essere dotati di sistemi di areazione specifici. Sono comunque luoghi che essendo aziendali devono essere di libero accesso per tutti, e quindi con pericolo dovuto al fumo passivo.
Egr. Sig. Alzati. Il datore di lavoro tabagista non deve fumare in azienda. Neppure nel suo ufficio se in questo ambiente devono entrare per motivi di lavoro i dipendenti. Il diritto del lavoratore alla tutela della propria salute non è contrattabile.

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