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Rischio disastri: vulnerabilità, resilienza, resistenza e prevenzione

Rischio disastri: vulnerabilità, resilienza, resistenza e prevenzione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Valutazione dei rischi

22/09/2017

Un documento si sofferma sul tema dei disastri e sulla riduzione del rischio. La riduzione al minimo della vulnerabilità di una comunità, i concetti di resilienza e resistenza, gli stati critici di un sistema e le vulnerabilità delle comunità aziendali.

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Pisa, 22 Set – Di fronte ai vari disastri ambientali, naturali, tecnologici, industriali del passato e del futuro è importante sottolineare che una mitigazione, riduzione del rischio disastri passa attraverso la riduzione al minimo della vulnerabilità di una comunità nei confronti dell’evento disastrogeno. Dove la vulnerabilità può essere definita come una “condizione risultante da fattori fisici, sociali, economici e ambientali, che aumentano la suscettibilità e la sensibilità ad essere danneggiato dall’evento”; ed è costituita “da due componenti (sensibilità e suscettibilità) in cui anche la resilienza e resistenza è ricompresa”.  

 

A parlare in questi termini di riduzione del rischio disastri, di vulnerabilità, di resilienza e resistenza, è un documento del Prof. Ing. Nicola Marotta, relativo al Master di Secondo Livello in Management in Sicurezza dei Luoghi di Lavoro e Valutazione dei Rischi dell' Università di Pisa, che abbiamo precedentemente presentato in relazione agli eventi disastrogeni e alla possibilità di mitigarne il rischio.

 

In Resilienza e Resistenza ai disastri” il Prof. Marotta ricorda che “in questa sede per vulnerabilità si intende quell’insieme di caratteristiche e di circostanze che rendono un sistema, una comunità, una risorsa suscettibile e sensibile agli effetti di un pericolo”. E se la “suscettibilità può configurarsi come la propensione al cambiamento in conseguenza di un evento estremo, la sensibilità stima invece la velocità con cui avviene questo cambiamento in conseguenza del quale il sistema perde la propria configurazione, a fronte d’interferenze naturali e/o antropiche” (vulnerabilità = sensibilità x suscettibilità).

 

Si ricorda poi che in tema di calamità naturali e di disastri ambientali e tecnologici, “è fondamentale analizzare anche i concetti di resilienza e resistenza, poiché spesso richiamati dalla letteratura scientifica e dalla reportistica internazionale in diverso modo nell’analizzare la capacità delle persone, dei popoli, dei territori e dei Governi nazionali di prevenire e ridurre gli effetti di tali eventi”:

- resilienza (capacità di un sistema di adattarsi all’evento): “è legata alla capacità di ripristino”. Alla “capacità del sistema di ripristinare le condizioni iniziali a seguito di una perturbazione causata da un evento dannoso” (adattamento);

- resistenza (capacità di un sistema di opporsi all’evento): “è legata alla capacità di far fronte”, alla “capacità del sistema di far fronte all’emergenza” (opposizione).

Ed entrambe “sono necessarie per ridurre la vulnerabilità di un sistema”: la vulnerabilità di un sistema “può essere ridotta riducendo la sensibilità e la suscettibilità, il che equivale ad incrementare la resistenza e la resilienza. Aumentando la resilienza diminuisce la suscettibilità, aumentando la resistenza diminuisce la sensibilità”. In questo senso si può dire che “la vulnerabilità dipende dal grado di adattamento di un determinato sistema (resilienza) e dalla sua capacità di opporsi all’impatto del disastro (resistenza)”.

 

L’autore si sofferma poi sul concetto di resilienza, un concetto che ha avuto una larga diffusione, può essere riferito “ad una persona o a una comunità, a una struttura o a un intero agglomerato urbano” ed è utilizzato, con significati non sempre omogenei, in molte discipline. Ad esempio:

- “in ingegneria dei materiali, la resilienza è la capacità di un materiale di resistere a forze impulsive senza spezzarsi e ripristinando lo stato iniziale;

- in informatica, la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d'uso e di resistere all'usura in modo da garantire la disponibilità dei servizi erogati;

- in psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà;

- in biologia la resilienza è la capacità di un organismo di autoripararsi dopo un danno e di adattarsi vivere in ambienti soggetti a variazioni molto brusche e imprevedibili”.

In realtà la resilienza nel campo dei disastri, più che una componente del rischio è “una capacità o caratteristica di un sistema in grado di incidere sulla sua vulnerabilità”.

E attraverso alcune ricerche riguardanti il concetto di resilienza, è aumentato l’interesse circa lo “studio degli aspetti salienti della resilienza comunitaria, intesa non come potenziale caratteristica immutabile di una comunità ma come un ‘processo’ messo in atto dalla comunità stessa al fine di fronteggiare un evento disastroso, volgendo ad una condizione di equilibrio come adattamento seguente un’alterazione del funzionamento della comunità, presupposto per la costruzione e la ricostruzione. La resilienza comunitaria è qualcosa che può essere acquisito, purché vi siano soggetti nella comunità che abbiano la volontà di raggiungere questo obiettivo. Anni di studi hanno aiutato a identificare le caratteristiche comunemente presenti in comunità resilienti”. A questo proposito il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta anche alcuni esempi.

 

Veniamo ora al concetto di resistenza.

 

L’autore indica che “il significato di resistenza (resistance) a un fenomeno potenzialmente nocivo o dannoso da parte di un sistema (organismo, ecosistema, comunità) che ne risulti colpito è la capacità di non vedere modificato il proprio stato in maniera rilevante, nonostante gli eventi, fino ad un certo grado d’intensità (limite di resistenza) raggiunto il quale il sistema collassa. Essa è quindi legata alla capacità del sistema di opporsi al danneggiamento o alla distruzione; di ‘rimanere sostanzialmente invariato’ fino alla rottura”. In un sistema resistente, che è “poco o affatto sensibile”, la resistenza “non significa necessariamente che il sistema rimarrà come prima della perturbazione, ma che manterranno sostanzialmente invariate le sue funzioni essenziali fino al fallimento. La resistenza non assicura, nel caso il sistema collassi, l’accesso a risorse e servizi alternativi garantendo il mantenimento delle funzioni essenziali, né il ripristino delle strutture che li caratterizzano, né garantisce che dopo il fallimento altre parti del sistema possano assumere le stesse funzioni essenziali perdute assicurando la sopravvivenza del sistema. La resistenza non è antitetica alla resilienza”.

 

Il documento si sofferma in particolare sulla vulnerabilità delle comunità aziendali.

 

Si sottolinea che che nei provvedimenti di recepimento delle normative europee a livello nazionale, al pari di quelle di molti altri ordinamenti, “non sono previste specifiche procedure di gestione ordinaria ed emergenziale volte a mitigare gli effetti di calamità naturali ovvero di disastri tecnologici o ambientali. Nella normativa di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro, non si fa alcun riferimento alla riduzione dei fattori di vulnerabilità delle comunità aziendali (intese come insieme integrato di persone, macchinari, attrezzature ed edifici) secondo logiche di vera prevenzione e protezione in risposta alle diverse tipologie di rischio (naturale o antropico) che sono destinate a innestarsi su contesti di per sé pericolosi come le aree destinate alla produzione di beni o servizi”. Mentre è parzialmente diversa la situazione presente negli Stati Uniti, “dove le conseguenze provocate ai lavoratori coinvolti nelle operazioni di gestione dell’emergenza dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre hanno indotto il Governo federale a revisionare il National Response Plan e a sviluppare un apposito Worker Safety and Health Support Annex a protezione dei lavoratori coinvolti nella prevenzione e gestione di simili rischi e conseguenti disastri”.

 

Il docente affronta, a questo proposito, anche il tema degli stati critici di un sistema.

 

Si indica che un sistema è capace, “in funzione della sua vulnerabilità, di assumere 4 stati di vulnerabilità: flessibile o elastico, fragile o robusto corrispondenti ad altrettanti gradi di vulnerabilità”.

 

 

Vediamo più nel dettaglio questi aspetti:

- fragilità: un sistema flessibile “è caratterizzato da elevata sensibilità e suscettibilità. Il concetto di ‘fragilità’ unisce due dimensioni: l’elevata attitudine di essere ferito da una particolare perturbazione (sia naturale o antropica), e l’elevata rapidità con cui questo avviene. In particolare, il rapporto tra l’attitudine a essere variato e la rapidità di cambiamento determina una caratteristica importante: la fragilità del sistema che influenza il grado di vulnerabilità elevandolo a valori inaccettabili. Un sistema fragile è destinato a soccombere di fronte a un evento avverso”. L’autore ricorda che l’emblematico esempio di vulnerabilità di sistema fragile fu il grande black-out di New York del 13 luglio 1977 provocato da una scarica di fulmini sugli elettrodotti di New York. E si accenna anche al black out del 28 settembre 2003 in Italia;

- elasticità: “è una proprietà costitutiva del sistema che sotto l’azione di determinate sollecitazioni genera deformazioni elastiche, accompagnate dal destarsi di reazioni interne, sforzi o tensioni, tendenti a far ritornare il sistema nelle condizioni primitive. La capacità di adattamento di un sistema elastico è tanto maggiore quanto maggiore è la resilienza e la sensibilità di tale sistema alla perturbazione introdotta o alle variazioni delle condizioni preesistenti”;

- flessibilità: un sistema flessibile è “caratterizzato da elevata resilienza e suscettibilità”. ‘Un sistema è considerato più flessibile di un altro se è capace di sviluppare una maggiore ampiezza o intensità di cambiamenti, in tempi più brevi e a costi più contenuti’ (de Vita, 2002);

- robustezza: “un sistema robusto è caratterizzato da elevata resilienza e resistenza e bassa sensibilità e suscettibilità, cioè da una rete di capacità adattive, ovvero di risorse sufficientemente robuste, ridondanti e di rapido accesso da utilizzare per assorbire l’evento e riattivare un adeguato funzionamento del sistema. Un sistema sociale che saprà dotarsi degli strumenti utili per la robustezza avrà evidentemente raggiunto un obiettivo qualificante e che lo rafforza in termini di sicurezza nei confronti dei disastri”. Si riporta l’esempio di una città città robusta (resiliente e resistente), la città portuale di Rotterdam.

 

Veniamo, infine, alle conclusioni del Prof. Marotta.

 

Si indica che la recente esperienza italiana in tema di disastri “mostra che affrontare terremoti, alluvioni, frane, etc. come fenomeni da combattere solo in caso di emergenza non è né efficace, né efficiente. La tendenza che finora ha prevalso, a tutti i livelli politici, è stata quella di concentrarsi sulla reazione ai disastri, piuttosto che ricorrere a misure di prevenzione e di mitigazione dei danni attesi: un approccio destinato a comportare un aumento continuo dei costi, sia per i prevedibili effetti dei mutamenti climatici, sia per la crescita continua della popolazione e delle costruzioni in aree vulnerabili che attualmente è diventato insostenibile”.

 

Fortunatamente la ricerca scientifica in questo settore ha “portato a notevoli risultati sulla conoscenza di queste tematiche”. E attualmente l’equazione “Conoscenza del rischio = Assenza del Rischio” è “diventata lo slogan di molte campagne di prevenzione dei disastri, nella convinzione che una ‘cultura dei disastri’, possa ridurre significativamente il rischio e l’impatto dei disastri in molte e differenziate situazioni di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione, ovvero di rischio”.

 

 Tiziano Menduto

 

Resilienza e Resistenza ai disastri”, a cura del Prof. Ing. Nicola Marotta, documento relativo al Master di Secondo Livello in Management in Sicurezza dei Luoghi di Lavoro e Valutazione dei Rischi dell'Università di Pisa (formato PDF, 6.53 MB). 

 

Leggi i precedenti articoli sull'argomento:

 

Sappiamo affrontare il rischio dei disastri naturali e artificiali?

 

Prevedere e ridurre i rischi dei disastri naturali e artificiali

 

  

 



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