Quali sono gli scenari più frequenti di esposizione al rischio chimico?
Osimo, 29 Gen – Di fronte ai cambiamenti normativi, anche in relazione alle norme tecniche, ai nuovi interpelli, documenti, linee guida pubblicate in materia di protocolli medici e sorveglianza sanitaria, è sempre molto importante un aggiornamento continuo dei medici competenti.
E spesso durante i corsi di aggiornamento vengono affrontate tematiche importanti che riguardano non solo il medico, ma anche altri operatori in materia di salute e sicurezza, come, ad esempio, l’identificazione e la valutazione dei rischi chimici nei luoghi di lavoro.
Per fornire utili informazioni sulla valutazione del rischio chimico ci soffermiamo su alcuni materiali prodotti durante i “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” che, organizzati da Seres Onlus, si sono tenuti tra ottobre e novembre 2019 a Osimo (AN).
Ci soffermiamo oggi, in particolare, su alcuni richiami ed elementi introduttivi all’attività di analisi e valutazione del rischio chimico lavorativo:
- Di fronte al rischio chimico non siamo tutti uguali
- Tossico, irritante, sensibilizzante, reprotossico e cancerogeno
- Quali sono gli scenari più frequenti di esposizione al rischio chimico?
Di fronte al rischio chimico non siamo tutti uguali
Presentiamo la prima parte di un intervento, a cura del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche), che si è tenuto a Osimo l’11 ottobre e dal titolo “Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. a) Alcuni richiami ed elementi introduttivi”.
Il dott. Calisti indica che quello che più ci preoccupa riguardo all’esposizione ad agenti chimici in ambiente di lavoro, sono alcuni effetti sulla salute:
- “effetti tossico - irritativi acuti e cronici;
- effetti di sensibilizzazione allergica;
- effetti «reprotossici», segnatamente per interferenza endocrina;
- effetti cancerogeni/mutageni”.
Senza dimenticare che molti agenti chimici «esterni» possono “essere assorbiti nell’organismo, oltre che attraverso le vie respiratorie, anche attraverso la cute”.
Bisogna poi sottolineare che riguardo ai rischi da agenti chimici, “non siamo tutti uguali”: “si può essere più o meno «robusti» ovvero più o meno «fragili» in funzione di costituzione genetica personale, genere, età, stato di buona salute ovvero di malattia”. E a parità di esposizione “solo alcuni degli esposti si ammalano e tra quelli che si ammalano:
- non tutti si ammalano nello stesso momento;
- le gravità degli effetti avversi possono essere molto differenziate”.
Senza dimenticare che l’organismo ha potenti meccanismi di difesa:
- “la cute integra è una barriera robusta.
- l’apparato respiratorio intercetta ed elimina quantità importanti di particolati e di aeriformi prima che possano essere assorbiti nell’organismo.
- gli agenti chimici ‘esterni’ che siano entrati nell’organismo possono essere ancora intercettati ed espulsi oppure metabolizzati e inattivati”.
Tuttavia se l’organismo ha “meccanismi di difesa potenti”, questi meccanismi non sono “infiniti” e, in questo senso, la dose dell’esposizione “è un determinante fondamentale del rischio”
Dunque vanno tenute in conto:
- “la dose cumulativa;
- la presenza di picchi e/o di pause di compensazione:
- la fase della vita in cui si viene esposti:
- le condizioni dell’organismo nel momento in cui si viene esposti (ad esempio, le alterazioni dell’integrità di cute e mucose incrementano la quota di assorbimento)”.
Tossico, irritante, sensibilizzante, reprotossico e cancerogeno
Proprio per fornire alcuni elementi introduttivi in materia di rischio chimico, nelle slide relative all’intervento il dott. Calisti si sofferma su varie tipologie di rischio, con riferimento al “gergo UE”, relativo alla normativa dell’Unione Europea.
Ad esempio si indica che con rischio irritativo si intende che un agente chimico:
- può irritare le vie respiratorie
- può provocare sonnolenza o vertigini
- provoca grave irritazione oculare
- provoca irritazione cutanea
- nocivo per contatto con la pelle”
E gli effetti irritativi “possono essere sia acuti, sia cronici:
- possono essere (anche quando gravi) del tutto transitori;
- oppure lasciare, dopo la guarigione, degli esiti permanenti;
- oppure dar luogo a malattia cronica che persiste e possibilmente si aggrava nel tempo”.
Veniamo al rischio di sensibilizzazione allergica.
Questa tipologia di rischio può causare “sensibilizzazione cutanea”; e l’agente chimico può essere “sensibilizzante delle vie respiratorie e può causare allergia, asma o difficoltà respiratorie se inalato. Una dose di esposizione elevata aumenta il rischio di sensibilizzazione allergica. Una volta instaurata la sensibilizzazione, possono bastare minime dosi di esposizione per scatenare una reazione allergica”.
Veniamo al rischio «reprotossico» di un agente chimico:
- “può nuocere alla fertilità o al feto
- sospettato di nuocere alla fertilità o al feto”.
Si sottolinea che questo non è un problema che riguarda soltanto il genere femminile. Infatti gli agenti «reprotossici» “hanno uno specifico potenziale di effetti negativi sulla capacità di uomini e donne di riprodursi, nonché sulle possibilità di un normale sviluppo dei bambini sia durante la gestazione, sia anche dopo la nascita”. Senza dimenticare che gli agenti chimici che agiscono attraverso meccanismi di interferenza endocrina “possono determinare effetti avversi non solo sulla sfera riproduttiva”.
L’autore si sofferma poi sul rischio cancerogeno e mutageno.
Espone a questo rischio un agente chimico che:
- “può provocare il cancro”
- è “sospettato di provocare il cancro”
- “può provocare alterazioni genetiche”
- è “sospettato di provocare alterazioni genetiche”
Si ricorda che i cancerogeni e mutageni «certi» o «probabili» secondo la classificazione UE “rientrano nel campo di applicazione del capo II – titolo IX del Dlgs 81/08”.
Rimandiamo alla lettura delle slide che si soffermano sul modello della cancerogenesi multistadiale, sulla transizione da cellula normale a cellula tumorale e sui fattori sinergici.
Quali sono gli scenari più frequenti di esposizione al rischio chimico?
Il dott. Calisti indica che oggi ci troviamo raramente di fronte a “esposizioni eclatanti”.
Più spesso si tratta di “esposizioni a una molteplicità di agenti, ciascuno a dosaggio «basso», magari solo per un periodo limitato della vita lavorativa”.
Tuttavia esposizioni intense, anche se brevi, “possono peraltro verificarsi in circostanze particolari ad esempio, per pulizie o manutenzioni periodiche. Situazioni meritevoli di attenzione possono realizzarsi anche al di fuori delle produzioni industriali o artigianali, in particolare in agricoltura e nel «terziario»”.
Il problema, continua il relatore – è che i rischi chimici “non hanno sempre l’etichetta”, ad esempio con riferimento a: “polveri da crolli accidentali e demolizioni di edifici, polveri di cuoio, fumi di saldatura, emissioni da discariche di rifiuti solidi urbani, fumi da incendi, emissioni di aeriformi e particolati per degradazione termica di materie plastiche, imbrattamento cutaneo da incrostazioni e morchie durante la pulizia e la manutenzione di impianti industriali, imbrattamento cutaneo da asfalti ed emulsioni bituminose, contatto cutaneo con ‘carte chimiche’”, …
Da questo punto di vista quali sono gli scenari di patologia che ci si può aspettare oggi, a fronte di «ordinari» quadri di esposizione ad agenti chimici in ambiente di lavoro? In altri termini – continua il relatore – “cosa dobbiamo impegnarci a prevenire”?
Non certo “epidemie macroscopiche”, ma “un qualche numero di casi, singoli o in piccoli aggregati, di:
- intossicazioni acute incidentali con più o meno gravi disturbi respiratori, neurologici, della sfera digestiva …;
- rinosinusiti croniche, disturbi asmatici cronici, broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO), fibrosi polmonari;
- dermatiti sia irritative sia allergiche;
- neoplasie di vario tipo in varie sedi (in particolare carcinomi di apparato respiratorio e apparato urinario, leucemie e linfomi, tumori della cute);
- alterazioni della sfera riproduttiva sia femminile, sia maschile”.
E cosa bisogna fare, oltre ad applicare il principio di prevenzione, per migliorare la prevenzione?
Il dott. Calisti, come ricordato anche in altri interventi sul tema del rischio chimico, sottolinea tre diversi e importanti fattori: “conoscenza, consapevolezza e partecipazione”.
E sottolinea che sono necessarie azioni di prevenzione mirate:
- “nella scelta dei materiali;
- nella progettazione, nell’uso corrente, nella pulizia e nella manutenzione degli impianti produttivi;
- nella progettazione, nell’uso corrente, nella pulizia e nella manutenzione degli impianti di aspirazione / ventilazione degli ambienti di lavoro”.
E quando necessario si devono adottare “programmi di sorveglianza sanitaria mirata che, se del caso, andranno portati avanti anche dopo il termine dell’esposizione”.
Ricordiamo, in conclusione, che il dott. Calisti si è soffermato, in altri interventi al corso, su varie tematiche:
- l’identificazione delle situazioni anche solo potenzialmente pericolose
- misurazione, stima delle esposizioni e valori limite
- azioni di prevenzione e protezione e sorveglianza sanitaria.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. a) Alcuni richiami ed elementi introduttivi”, a cura del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche), materiale presentato ai “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” (formato PDF, 1.26 MB).
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