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DVR: misurare la fatica mentale

DVR: misurare la fatica mentale
Renata Borgato

Autore: Renata Borgato

Categoria: Valutazione dei rischi

16/09/2016

Come misurare la fatica mentale e inserire questo rischio nella valutazione dei rischi a fronte di modifiche rilevanti nell’organizzazione del lavoro. Di Renata Borgato.


I cambiamenti dell’organizzazione del lavoro finalizzati all’eliminazione degli sprechi e delle inefficienze e all’ottimizzazione delle risorse interne comporta modificazioni che frequentemente diminuiscono la fatica fisica e migliorano le condizioni ergonomiche, ma contemporaneamente riducono i tempi di esecuzione e richiedono un’attenzione continuativa da parte degli operatori.

 

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Ciò rende necessario indagare il nuovo rapporto che si viene a produrre tra fatica fisica e fatica mentale e, di conseguenza, predisporre strumenti di misurazione della fatica mentale.

Si tratta di un compito tutt’altro che facile anche perché non esiste una misura del carico di lavoro mentale universalmente accettata.

In generale, le misure per il calcolo della fatica mentale possono essere raggruppate in tre categorie:

·         comportamentali

·         soggettive

·         fisiologiche

Le misure comportamentali individuano quali caratteristiche del compito eseguito dal lavoratore debbano essere utilizzate come indice del carico di lavoro imposto (per esempio il numero di movimenti eseguiti per azionare dispositivi di controllo in un arco di tempo dato oppure la durata e la frequenza degli sguardi diretti verso fonti di informazioni visive).

 

Questa rilevazione presenta però il limite che le variazioni del carico di lavoro mentale imposto da un compito non sono necessariamente evidenziate dalla prestazione in quanto l’operatore potrebbe allocare risorse cognitive per mantenere invariato il livello di prestazione. Inoltre, difficoltà di un compito e carico mentale non coincidono necessariamente. Il peggioramento in una prestazione potrebbe derivare semplicemente dall’aumento della difficoltà e non essere un indicatore di affaticamento.

 

Per rendere più attendibile la valutazione si può ricorrere all’uso del doppio compito: al soggetto viene chiesto di eseguire due compiti contemporaneamente, uno è quello di cui si vuol misurare il carico di lavoro mentale (compito primario), l’altro (compito secondario) è quello che viene utilizzato per calcolare il carico di lavoro mentale associato al compito primario. All’aumentare della difficoltà di esecuzione del compito primario, corrisponde un peggioramento della prestazione nel compito secondario in quanto il lavoratore distoglie risorse cognitive da esso in favore dell’impegno prioritario.

 

Le misure soggettive sono le più usate, soprattutto per la loro semplicità, economicità e rapidità di somministrazione. Consistono nella richiesta – rivolta all’operatore dopo l’esecuzione del compito -  di indicare il carico di lavoro mentale percepito.

 

Per eseguire questa misurazioni in modo attendibile è necessario che le domande rivolte all’operatore siano formulate in modo chiaro e preciso e aiutino a distinguere tra lavoro mentale e fisico e tra difficoltà del compito e carico di lavoro mentale.

 

Allo scopo si possono utilizzare scale, check list o questionari non standardizzati.

Una delle scale più usate per la misurazione soggettiva è l’Analytical Hierarchy Process che richiede all’operatore di confrontare tutte le condizioni di due compiti indicando, per ciascuna coppia, quella caratterizzata dal maggior carico di lavoro.

 

Si può ricorrere anche alla scala Cooper – Harper, anche se non è una vera e propria misura del carico mentale ed è indicativa soprattutto nelle situazioni in cui l’affaticamento deriva dalla difficoltà di controllo.

Essa consiste in un albero delle decisioni che combina differenti aspetti all’interno di una scala  monodirezionale a dieci punti.

 

La Subjective Workload Assessment Technique (SWART) usa tre scale differenti per produrre un punteggio di carico di Lavoro mentale. Le tre scale riguardano

·         pressione temporale

·         sforzo mentale

·         stress psicologico

È possibile utilizzare anche il NASA Task Load Index (NASA _ TLX), uno strumento multidimensionale di misura del carico di lavoro mentale che, in questa scala, è definito come il costo che un operatore umano deve pagare per raggiungere uno specifico livello di prestazione.

Il NASA Task Load Index richiede all’operatore di esprimere una valutazione su sei scale a 20 punti che fanno riferimento a

·         Richieste mentali

·         Richieste fisiche

·         Richieste temporali

·         Prestazione

·         Sforzo

·         Livello di stress

Es.

Richieste mentali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

basso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alto

 

Le misure fisiologiche costituiscono degli indicatori indiretti del carico di lavoro mentale.

Le procedure per la rilevazione degli indici psicofisiologici non sempre sono accettate dagli operatori che le possono considerare invasive in quanto monitorano le  reazioni fisiche (ritmi elettroencefalografici, variazioni della frequenza cardiaca, attività respiratoria, frequenza degli ammiccamenti)  agli stimoli cui l’operatore è sottoposto.

Le misure fisiologiche più usate nella stima del carico di lavoro quelle relative alla

·         Attività oculare

·         Respirazione

·         Attività cardiovascolare

Indipendentemente dalla modalità che si adotta, è importante che si cominci a prestare attenzione alla fatica mentale e che ci si attrezzi a includere la sua valutazione nel DVR, in particolare quando esso viene rivisto, come prevede il d.lgvo 81/08,  a fronte di modifiche rilevanti nell’organizzazione del lavoro.

 

Renata Borgato

Docente, formatrice e consulente aziendale

 

 



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Rispondi Autore: UMBERTO SIDERI - likes: 0
19/09/2016 (13:32:02)
indispensabile l aggiornamento sulla sicurezza date veramente un grande contributo per le Aziende del settore . grazie e bun lavoro C.E.I.Antincendio
Geom. U.Sideri

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