Caldo estivo: si possono utilizzare le previsioni per fare prevenzione?
Bari, 22 Lug – La stagione estiva rappresenta spesso per molti lavoratori che lavorano all’aperto, specialmente nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura e del turismo, un periodo di intensa attività e di esposizione ai rischi correlati alle condizioni termo-igrometriche tipiche della stagione. Ed è importante prevenire rischi per la salute di questi lavoratori, specialmente di quelli che hanno patologie a carico del sistema cardiocircolatorio.
Per evitare le insidie del caldo e dell’umidità eccessiva esistono poi alcuni metodi di prevenzione che si basano sull’accesso alle previsioni meteorologiche che sono facilmente consultabili attraverso la rete internet e specifici portali, previsioni che forniscono “informazioni molto dettagliate sui rischi da esposizione alle alte temperature e alla radiazione solare”.
I datori di lavoro “potrebbero utilizzare questi dati per organizzare il lavoro, riducendo l’esposizione dei lavoratori nei momenti più critici della giornata o adottando i dispositivi di protezione opportuni”.
A ricordare questa possibilità e a fornire utili informazioni in materia di rischi termici è un intervento che si è tenuto agli Incontri Mediterranei di Igiene Industriale – “Valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro e di vita: il contributo dell’Igiene Industriale” – che sono stati organizzati dall’Associazione Italiana degli Igienisti Industriali ( AIDII), in collaborazione con la Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e con l’INAIL-Direzione Puglia (26-27 ottobre 2017, Bari).
L’intervento è a cura di Michele del Gaudio (INAIL UOT CVR) che è tra i responsabili scientifici di un documento Inail sulla valutazione del microclima e che abbiamo intervistato l’anno scorso proprio su questi temi (“ L’importanza della valutazione del microclima nei luoghi di lavoro”).
L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- La valutazione del rischio in ambienti severi caldi
- L’indice di calore e la ricerca effettuata
- L’utilizzo delle previsioni metereologiche e la prevenzione
La valutazione del rischio in ambienti severi caldi
In “Rischio termico in luoghi di lavoro outdoor durante la stagione estiva” il relatore ricorda innanzitutto che nelle ultime stagioni estive sono state registrate in Italia condizioni meteorologiche particolarmente severe con temperature molto alte. E “dato l’andamento climatico globale degli ultimi anni è presumibile che tali condizioni diventeranno nel futuro la normalità”.
La relazione ricorda che nel 1957 Yaglou e Minard “idearono il metodo WBGT (Wet Bulbe Globe Temperature) per valutare gli effetti del calore nei campi di addestramento dei Marines Americani”. E dopo sessanta anni “tale metodo è ancora molto utilizzato per fare una prima valutazione degli effetti sull’uomo negli ambienti severi caldi”.
Il metodo si basa su due grandezze derivate: “temperatura di bulbo umido (tnw) e temperatura di globo (tg) che sono indicative delle modalità di trasferimento del calore (evaporazione, convezione e radiazione) che insieme all’impegno fisico M (metabolismo misurato in Met) sono indicative della sensazione termica”. Si segnala che l’indice “viene calcolato con due formule diverse a seconda che il soggetto sia esposto direttamente alla radiazione solare non necessariamente al chiuso o si trovi all’ombra”.
Nell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, sono riportate le formule e si indica che dopo aver calcolato l’indice “occorre incrociare il dato con il valore di impegno metabolico del soggetto per verificare se viene superato il limite per il quale si ritiene necessaria una sospensione, ogni ora, per un tempo variabile fra 15 e 75 minuti”. L’indice “è descritto nello standard ISO 7243 (2017)”. Si riportano anche i dubbi, da parte di alcuni autori, sull’attendibilità dell’indice “in situazioni con elevata umidità e bassa velocità dell’aria”.
Si ricorda poi che nella norma tecnica UNI EN ISO 7933:2005 “è descritta la procedura di valutazione dell’esposizione ad ambienti severi caldi mediante l’indice PHS (Predicted Heat Strain). Questa procedura si fonda sulla nozione che le condizioni ottimali coincidono con la situazione di neutralità termica, mentre lo stress termico è sempre più intenso quanto più lo squilibrio energetico (in questo caso positivo, ovvero contraddistinto da un guadagno netto di energia) è grande”. Anche in questo caso sono riportate alcune formule e si segnala che la valutazione “dell’accettabilità o inaccettabilità dell’ambiente termico in esame secondo la norma tecnica UNI EN ISO 7933:2005 viene effettuata confrontando i due indici sintetici di stress SWreq e Wreq ed i due indici sintetici di strain (impegno) D e tre con i rispettivi valori limite SWmax, Wmax, Dmax e tre,max” (nella relazione è spiegato il significato dei valori indicati).
In caso di raggiungimento del valore limite di acqua persa “l’attività lavorativa deve essere definitivamente sospesa, mentre nel caso di raggiungimento del limite massimo di temperatura interna occorre sospendere temporaneamente l’attività. La procedura PHS permette anche di stimare le pause con le quali interrompere l’attività negli ambienti severi caldi”.
L’indice di calore e la ricerca effettuata
La relazione ricorda poi che “negli ultimi anni è stato sempre più utilizzato il parametro ‘Temperatura percepita’”, un parametro che più correttamente “dovrebbe essere identificato come ‘indice di calore’ o ‘sensazione termica’”.
L’indice di calore “è stato sviluppato nel 1978 da George Winterling come ‘humiture’ ed è stato adottato dal Servizio Meteo Nazionale degli Stati Uniti. Da allora viene utilizzato per indicare il disagio termico che la popolazione avverte durante l’estate in presenza di alte temperature ed elevati valori di umidità relativa”.
La relazione riporta poi i dettagli di una ricerca in cui, in base alle previsioni dei dati climatici fornite da siti commerciali, sono state selezionate alcune giornate estive del 2017 e sono state effettuate delle “misure dei parametri microclimatici in un cantiere della città di Avellino in cui si stava sostituendo la pavimentazione dei marciapiedi”. I dati ottenuti “sono stati confrontati con le previsioni di pericolo fornite dai siti web in base al calcolo dell’indice di calore”.
Anche in questo caso sono riportati nell’intervento ulteriori dettagli sulla ricerca e diverse tabelle inerenti i dati climatici correlati e i relativi indici di valutazione dello stress termico.
L’utilizzo delle previsioni metereologiche e la prevenzione
L’autore sottolinea ancora che è possibile che nei prossimi anni “le condizioni climatiche estive italiane saranno caratterizzate da elevate temperature e tutti i lavoratori che svolgono la loro attività all’aperto saranno esposti a condizioni stressanti termicamente”.
A questo proposito i datori di lavori ed i lavoratori “dovranno sempre di più prendere coscienza dei pericoli organizzando il lavoro in modo di ridurre al minimo l’esposizione”.
E anche senza disporre di strumenti di misura “è possibile ottenere informazioni utili consultando i siti che forniscono le previsioni meteorologiche ed in alcuni casi forniscono i valori di indice di calore definito ‘temperatura percepita’”.
Infatti il confronto “fra i dati previsti dai siti di previsioni meteorologiche e quelli direttamente misurati sul campo hanno confermato che, anche se una corretta valutazione non può prescindere dall’utilizzare indici di valutazione la cui efficacia è stata riconosciuta dal mondo scientifico, i datori di lavoro possono utilizzare con buona approssimazione i dati delle previsioni meteorologiche per l’organizzazione del lavoro”.
A questo proposito si evidenzia che:
- “nelle giornate particolarmente critiche potrebbe essere consigliabile anticipare le attività alle prime ore della giornata, mentre a causa di condizioni di elevata umidità anche nel tardo pomeriggio le condizioni climatiche potrebbero continuare ad essere non ottimali”;
- è possibile “prevedere l’uso di sistemi di protezione come: schermi mobili da utilizzare per proteggere i lavoratori dalla radiazione diretta, l’adozione di un idoneo abbigliamento e non per ultimo l’adozione di una corretta dieta”.
Si riportano i dati di un precedente studio in cui si è testato l’effetto schermate di alcuni materiali, facilmente reperibili, “utilizzando come parametro di riferimento la riduzione di acqua persa da un soggetto protetto dallo schermo rispetto alla condizione di diretta esposizione alla radiazione solare”:
È dunque possibile ottenere “riduzioni significative dello stress termico utilizzando un ombrellone da spiaggia, del cartone o carta di quotidiano. È anche importante sottolineare che per evitare rischi alla salute della pelle, è necessario indossare un abbigliamento non aderente in fibre naturali che protegga dalla radiazione solare e permetta la termoregolazione attraverso la sudorazione”.
E il lavoratore deve “generalmente adottare uno stile di vita che gli permetta di conservare uno stato di efficienza fisica e che, per chi lavora al caldo, deve prevedere una dieta che permetta l’integrazione dell’acqua persa attraverso l’assunzione di acqua e cibi freschi quali frutta e verdura”.
Si indica poi che, al di là delle attività outdoor, in alcuni casi le condizioni meteorologiche possono influenzare anche “le condizioni termoigrometriche di luoghi di lavoro indoor”, dove tuttavia, “è più facile intervenire attraverso interventi strutturali o l’adozione di sistemi di ventilazione e raffrescamento”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Rischio termico in luoghi di lavoro outdoor durante la stagione estiva”, a cura di Michele del Gaudio (INAIL UOT CVR), intervento ai VI Incontri Mediterranei di Igiene Industriale “Valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro e di vita: il contributo dell’Igiene Industriale” (formato PDF, 8.08 MB).
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