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La sicurezza nei lavori in sotterraneo: l’ambiente di lavoro

La sicurezza nei lavori in sotterraneo: l’ambiente di lavoro
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Spazi confinati

03/12/2014

L’analisi dei rischi correlati alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro con particolare riferimento alle attività in galleria. Salubrità dell’aria, ventilazione degli ambienti, microclima, rischio polveri, illuminazione e presenza di radon.


Milano, 3 Dic – Se generalmente le caratteristiche dell’ambiente di lavoro - ad esempio in relazione alla sua salubrità, al microclima o all’illuminazione dei vari spazi - sono importanti per valutare i rischi per la salute dei lavoratori, questi fattori di rischio diventano ancor più rilevanti in ambienti particolari come gallerie, caverne o pozzi.
 
Per affrontare i rischi correlati all’ambiente nei lavori in sotterraneo torniamo a presentare un documento, pubblicato sul sito del DPL di Modena, dal titolo “ Sicurezza nei lavori in sotterraneo – Lezione 2: Analisi e riduzione dei rischi” e a cura di Maurizio Magri (Ingegnere, Resp. U.O. Vigilanza Tecnica Direzione Regionale del Lavoro di Torino).
Ricordiamo che il documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, fornisce informazioni in particolare sui lavori eseguiti in sotterraneo per costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi e opere simili, a qualsiasi scopo destinati, ai quali siano addetti lavoratori ai sensi del D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320, recante "Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo".
 

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Riguardo alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro, il documento – pubblicato su “I Corsi”, mensile di formazione e aggiornamento professionale – si sofferma ad esempio sulla salubrità dell’aria ambientale in galleria, indicando che “particolare cura deve essere posta alla riduzione delle emissioni dei gas di scarico dei mezzi d’opera”. Infatti la galleria, per sua natura, “è un ambiente chiuso ove risulta difficoltoso realizzare un efficace ricambio dell’aria. L’utilizzo dei mezzi d’opera (generalmente diesel) peggiora la qualità dell’aria e le condizioni d’igiene del lavoro, già di per sé problematiche”.
 
In particolare riguardo ai gas di scarico la quantità e la qualità degli inquinanti emessi dipende principalmente dai vari fattori: “potenza del motore, efficienza del tipo di motore, caratteristiche del carburante utilizzato, caratteristiche dei dispositivi d’abbattimento delle emissioni, stato di manutenzione del motore e dei sistemi di abbattimento, condizioni di esercizio del mezzo”. E il sistema di ventilazione presente in galleria “è in grado unicamente di diluire gli inquinanti che fuoriescono dai condotti di scarico dei veicoli, senza modificarne l’emissione alla fonte”.
Per ridurre e tenere sotto controllo l’emissione degli “inquinanti generati nel processo di combustione del ciclo diesel (e di conseguenza l’inquinamento dell’aria)” è necessario “modificare l’allestimento dei mezzi impiegando specifici sistemi d’abbattimento dei prodotti di scarico, già disponibili sul mercato, e adottando appropriate misure tecnico-organizzative”.
Inoltre su può:
- “agire sulle caratteristiche dei motori, garantendo il rispetto di requisiti minimi in tema d’emissione dei motori, sulle caratteristiche del carburante, in particolare usando quelli a bassissimo tenore di zolfo, sulle caratteristiche dei sistemi d’abbattimento dei gas di scarico, applicando dispositivi di post-trattamento (abbattitori supplementari) sul condotto terminale di scarico dei motori diesel quali catalizzatori ossidanti e filtri antiparticolato FAP (in grado di trattenere il materiale particellare presente nei fumi di scarico, con efficienza filtrante superiore al 90%)”;
- operare una corretta manutenzione dei mezzi, “tenendo un registro di controllo dei fumi di scarico”, effettuare i controlli periodici e ridurre il traffico di veicoli “limitando l’uso contemporaneo di mezzi diesel in alcune fasi di lavoro”.
 
Il documento ricorda che per ridurre l’inquinamento dell’aria in galleria, dovute alle varie emissioni nocive, è necessario “provvedere alla ventilazione della stessa”.
In particolare il piano di ventilazione “comprende il contributo di tutti gli inquinanti presenti quali nubi di gas di volata per brillamenti con esplosivi, emissioni (gas e particolato) dei motori diesel, gas naturale, altre sostanze nocive risultanti da procedimenti di lavoro (per esempio posa di rivestimenti bituminosi). Il concetto di ventilazione deve tener conto inoltre di un eventuale caso d’incendio e deve garantire l’evacuazione del calore e dell’umidità”.
Il documento si sofferma sui vari sistemi di ventilazione che possono essere molto diversi. Ad esempio i sistemi di ventilazione forzata possono essere: di tipo aspirante, di tipo premente, misti o combinati.
 
Altro elemento importante da valutare nel lavoro in galleria è il microclima (temperatura e umidità).
 
Il documento segnala che il valore limite di microclima nei lavori sotterranei è “fissato ai 30°C di temperatura secca e 25°C di temperatura umida, valori che vanno rispettati in tutti i settori d’attività principale, ossia nei quali dei lavoratori sono occupati per lunghi periodi come valore orario medio. Delle misure tecniche, ossia un sistema di raffreddamento efficace, devono garantire che una temperatura secca di lavoro al massimo di 30°C non sia superata in tutti i settori d’attività principale nonché in quelli in cui si eseguono lavori di una certa durata”. Il documento riporta poi i risultati di alcuni nuovi studi sul benessere termo-igrometrico.
Inoltre visto che nei lavori sotterranei si eseguono spesso “lavori corporali in parte pesanti e in poco tempo può manifestarsi un’elevata umidità dell’aria, è consigliato di ridurre il valore limite a 28°C di temperatura secca, come base per la pianificazione dei sistemi di raffreddamento e per le misure tecniche sul luogo di lavoro”.
 
Vengono poi riportate le seguentiindicazioni:
– “in caso di temperatura secca da 23 a 25°C è necessario designare un responsabile della sorveglianza del microclima e il suo sostituto, misurare e registrare la temperatura secca almeno una volta la settimana, in caso di lavori molto pesanti, ricorrere a uno specialista per la verifica delle condizioni climatiche;
– in caso di temperatura secca da 25 a 28°C è necessario, oltre alle misure indicate, svolgere esami profilattici in medicina del lavoro su tutti i lavoratori che svolgono attività da moderate a pesanti su cantieri sotterranei, regolamentare l’accesso al cantiere solo ai lavoratori con idoneità confermata al lavoro nel calore, sorvegliare la temperatura e l’umidità dell’aria con misurazione in tutti i luoghi rappresentativi, far acclimatare al calore per due settimane i lavoratori prima di adibirli al lavoro, far usare indumenti di lavoro adatti allo scopo, istruire i lavoratori sui rischi del lavoro nel calore e sui primi soccorsi in caso di problemi dovuti al calore, istruire i sanitari aziendali sull’identificazione e sui primi soccorsi in caso di malattia da calore, allestire il piano di emergenza;
– in caso di temperatura secca superiore al valore di 28°C, oltre alle misure citate, è necessario mettere in atto in atto immediatamente delle misure tecniche tese a rispettare il valore limite di 28°C, sorvegliare la temperatura e l’umidità dell’aria su ogni cantiere d’avanzamento durante ogni turno di lavoro in punti, sorvegliare sanitariamente anche i lavoratori che non svolgono lavori pesanti, impiegare esclusivamente lavoratori acclimatati, mettere a disposizione bevande adeguate; non impiegare lavoratori che soffrono di affezioni febbrili, disporre di un container di salvataggio raffreddato a meno di 25°C, garantire misure tempestive per i primi soccorsi”.
 
Il documento offre poi informazioni sulla necessaria riduzione del rischio dovuto alle polveri.
Infatti in occasione dei lavori di scavo (per esempio nelle operazioni di smarino, di frantumazione, di preparazione e di trasporto del materiale scavato), i “requisiti di salubrità dell’aria sono soddisfatti se le misure di protezione tecniche e organizzative garantiscono che non siano superati i valori limite di esposizione professionale delle polveri per l’aria respirabile”. E se si impiegano “macchine per scavo (fresatrici meccaniche a sezione piena o ad attacco puntuale), macchine a punta battente ( escavatori con martello idraulico) o impianti di frantumazione e convogliatori, occorre impedire la dispersione della polvere, mediante aspersione d’acqua o con un impianto di depolverazione”.
 
Dopo aver fornito anche informazioni sulle corrette condizioni di illuminazione della galleria, il documento si sofferma su altri due aspetti per la sicurezza dei lavoratori; la possibile irruzione dell’acqua e l’eventuale presenza di radon.
 
Riguardo all’irruzione di acqua si segnala che il Capo VI del D.P.R. 320/1956 prescrive “le misure minime di sicurezza per evitare l’irruzione e la stagnazione di acqua in galleria, nonché le opportune misure per l’evacuazione della stessa, in particolare derivante da acque sorgive e di falda incontrate nel corso dello scavo”. In particolare “valutata la portata, le pressione e la temperatura dell’acqua presente nell’ammasso roccioso o nei terreni attraversati, anche per mezzo di fori spia di idonea lunghezza, l’allontanamento delle acque può essere eseguito mediante cunicolo di scolo oppure, nelle tratte in contropendenza, tramite eiettori o pompe centrifughe azionate ad aria compressa o con energia elettrica, correttamente dimensionate per garantire un rapido smaltimento delle acque”.
 
Infine si ricorda che il radon - un gas inerte, risultato di una serie di decadimenti radioattivi di materiali naturali - rilasciato dalle rocce scavate e respirato dai lavoratori può causare il tumore al polmone.
A questo proposito il Capo III bis del D.Lgs. 230/1995 si applica ‘alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione, che comprendono le attività lavorative durante le quali i lavoratori sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei’.
 
Laddove la misurazione delle concentrazioni di attività di radon medie in un anno mostrino che si supera il livello di azione e “non si dimostra che l’esposizione individuale del lavoratore è inferiore alla dose efficace di 3 mSv/anno (millisievert all’anno) è necessario, tramite l’intervento di un esperto qualificato, mettere in atto adeguate misure di rimedio radioprotezionistiche (uso di schermi, riduzione dei turni lavorati, uso di dispositivi di protezione idnividuale ecc)”.
 
Concludiamo ricordando che, riguardo alla presenza del radon, il documento fa riferimento ad apposite “Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei” pubblicate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano.
 
 
Sicurezza nei lavori in sotterraneo - Lezione 2: Analisi e riduzione dei rischi”, di Maurizio Magri (Ingegnere, Resp. U.O. Vigilanza Tecnica Direzione Regionale del Lavoro di Torino), documento pubblicato sul mensile “I Corsi” (formato PDF, 1.04 MB).
 
 
RTM
 
 
 
 

 


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