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La norma UNI PdR 109/21 per il Sustainability Manager

La norma UNI PdR 109/21 per il Sustainability Manager
Davide Biasco

Autore: Davide Biasco

Categoria: Sostenibilità

03/03/2022

La recente prassi di riferimento per il riconoscimento delle figure del Sustainability Manager e del Sustainability Practictioner: una carrellata sui contenuti ed alcune considerazioni su opportunità e prospettive future per questi nuovi ruoli aziendali.

Si parla sempre in modo più insistente di sostenibilità in tutti gli ambiti e quindi sono ben accetti gli sforzi che permettano di rendere più chiaro e condiviso il complesso universo che sottende a questo termine di esasperata attualità. Uno di questi è fornito dalla Prassi di riferimento che UNI ha pubblicato lo scorso anno per venire incontro alla domanda di chiarificazione di alcuni ruoli professionali che con la sostenibilità si stanno misurando e si dovranno ulteriormente confrontare.

 

Con il numero 109 l’ente di normazione ha infatti pubblicato due documenti: “Attività professionali non regolamentate: profili professionali nell’ambito della sostenibilità - Parte 1: Sustainability manager, Sustainability Practitioner - Requisiti di conoscenza, abilità, responsabilità e autonomia” ed “Attività professionali non regolamentate: profili professionali nell’ambito della sostenibilità - Parte 2: Sustainability & CSR Auditor, SDG Action Manager, SDG User - Requisiti di conoscenza, abilità, responsabilità e autonomia.

 

I documenti rappresentano un evidente sforzo di offrire uno standard di riferimento cui riferirsi sia per le figure professionali che svolgono o si accingono a svolgere la loro attività su questo tema sia per le aziende che hanno bisogno di inquadrare con chiarezza le competenze attese da questi ruoli. L’obiettivo è quello di fornire un quadro di riferimento per chiarire i compiti e le attività specifiche di ciascuna figura professionale, in termini di conoscenza, abilità, autonomia e responsabilità insieme con le capacità personali attese. Tutto ciò conformemente a quanto previsto dal Quadro Nazionale delle Qualificazioni.

 

Chiariamo innanzi tutto la distinzione tra le due figure di Manager e Practictioner. Con un certo grado di approssimazione le potremmo definire come due figure di specialisti che contribuiscono alla definizione delle strategie di Sostenibilità e alla relativa implementazione in azienda con livelli di esperienza differenti: al manager potremmo associare il concetto di "senior” ed al practictioner il concetto di “junior”. Secondo la definizione stessa contenuta nel documento, il primo svolge attività di gestione a livello manageriale della sostenibilità in azienda e della responsabilità sociale d’impresa che invece il secondo sviluppa e gestisce a livello operativo.


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I contenuti della norma: i compiti – I contenuti sviluppati dalla prassi di riferimento trattano i compiti previsti dai due ruoli individuati completandoli con le skills intese come conoscenze, capacità ed abilità e definendo infine i criteri di verifica, di mantenimento e rinnovo della qualifica. Per quanto riguarda i compiti si comprende subito come a queste figure è previsto vengano affidate attività con una visione molto ampia dei processi aziendali.

Si passa dallo sviluppo strategico di un business model sostenibile e basato su prodotti/servizi con risvolti sugli impatti e rischi socio-ambientali al suo monitoraggio in una prospettiva di lungo periodo con positivi impatti sulla comunità ampia e variegata degli stakeholder (impatti sociali) e sull’ambiente naturale (impatti ambientali). Si richiede che queste figure riescano ad inquadrare i fornitori affinché siano spinti ad evolvere nel ruolo di partner in una prospettiva di lungo periodo. Si chiede che vengano identificati ed adottati dei principi etici che orientino i processi decisionali e promuovano i correlati comportamenti.

E’ previsto che questi ruoli maturino una visione della sostenibilità strettamente collegata alla responsabilità sociale d’impresa (CSR) che permetta loro di adottare una strategia per la promozione di una cultura specifica. A queste figure si chiede di accompagnare l’organizzazione nella creazione di una vision della CSR/sostenibilità che sia allineata con la strategia e la cultura dell’organizzazione, realizzando specifiche iniziative e progetti che coinvolgano e attivino tutte le funzioni.

Dovranno avere competenze per gestire i processi ed i flussi di comunicazione sul tema con gli stakeholder al fine di costruire ed alimentare relazioni anche in contesti multiculturali. In tutto questo ad oggi si considera ancora attuale l’approccio mediante l’analisi di materialità, in attesa di conoscere gli sviluppi futuri correlati a questo concetto che forse sarà superato. Il Sustainability Manager con il supporto del Practitioner avrà il compito di assistere la direzione nel valutare progetti di CSR/sostenibilità coerenti con gli obiettivi strategici aziendali con l’intenzione di promuovere processi di cambiamento che coinvolgano l’intera organizzazione ed eventualmente la filiera/settore.

 

Ma con che competenze si può attendere che queste figure svolgano i compiti sopra elencati? La prassi di riferimento si completa con un ricco elenco ricco delle conoscenze ed abilità. La lista di competenze spazia dalle teorie, tecniche e norme ISO di business ethics (famiglia ISO 37000), business social relations, rendicontazione ambientale, tecniche di analisi di materialità, risk management, teorie e tecniche di analisi e interpretazione di documenti di business, business administration, tecniche di business intelligence e analisi finanziaria, teorie e pratiche di sostenibilità di prodotto e di processo, certificazioni sociali e ambientali.  Con riferimento alla gestione delle forniture la PdR prevede competenze su teorie e tecniche di operations, supply chain management (tra i riferimenti si considerano UNI ISO 20400, FSC, Sedex, Smeta, etc) e di economia circolare. Viene considerata importante la dimensione degli investimenti sostenibili e responsabili collegati alla finanzia aziendale. E’ prevista una rilevanza particolare per gli aspetti di impatto ambientale del prodotto: LCA anche secondo le norme ISO 14040 e 14044, Carbon Foorprint (UNI EN ISO 14067, PAS 2050) e naturalmente gestione ambientale (UNI EN ISO 14000 serie + EMAS + UNI ISO/TS 17033).

 

La dimensione delle relazioni umane nella gestione del personale prevede competenze che spaziano dalle teorie e pratiche di leadership alle teorie e pratiche di influenza, motivazione e gestione delle persone e del potere. Oltre a ciò, si auspicano conoscenze sulle teorie e pratiche di costruzione di fiducia e consenso, sulle tecniche e strumenti di comunicazione interna ed esterna con particolare riferimento alla comunicazione digitale, sulle tecniche di gestione delle relazioni con i pubblici influenti e di organizzazione di reti sociali formali e informali all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Un occhio particolare è rivolto alla gestione di progetti inclusivi di tutte le diversità (lavori ISO/TC 260). Completa il tutto la competenza sulle teorie e tecniche di change e di project management.

 

La dimensione relativa agli aspetti sociali del tema fa riferimento alle teorie e tecniche di business consultation, di ricerca sociale, di innovation management (norme serie UNI ISO 56000), di asset management (UNI ISO 55000), di ethical claims (UNI ISO/TS 17033). Il tutto garantendo conoscenze di base sulla normativa vigente in materia di Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro e del relativo Sistemi di Gestione (UNI EN ISO 45001:2018).

 

Per contribuire allo sviluppo di un business model sostenibile il Sustainability Manager e il Sustainability Practitioner devono essere in grado anche di:

  • identificare e valutare gli impatti e valutare i rischi socio-ambientali del business model aziendale e dei prodotti e servizi offerti su cui esso è basato e monitorarli nel tempo
  • identificare le aree di miglioramento/criticità e riconoscere le opportunità tecnologiche, regolative e di public policies che possono favorirlo;
  • garantire la compliance dei prodotti/servizi offerti alle normative e agli standard/certificazioni volontari ed eventualmente agli standard richiesti dai fondi di sustainable investment;
  • sviluppare un’attenzione verso la supply chain in termini di salute e sicurezza dei lavoratori, pari opportunità, work-life balance;

 

Tutta la stessa attenzione sopra riportata deve essere riferita anche in termini di impatti e rischi sociali. Questo anche nella direzione di promuovere una cultura del lavoro eticamente orientata anche nelle future generazioni con iniziative rivolte ai giovani che vadano oltre al trasferimento di competenze tecniche e che si focalizzino invece sul trasferimento di valori etici.

 

Nell’ambito delle competenze comunicative si chiede a questi ruoli di sostenere relazioni con il Top Management dell’organizzazione ponendosi a un livello adeguato di interlocuzione, votata alla comunicazione “a due vie” anche al fine di definire gli obiettivi di comunicazione a breve-medio-lungo termine insieme ai responsabili dell’organizzazione. Tutto questo individuando gli stakeholder più importanti per l’organizzazione anche in funzione alle priorità di comunicazione (ad esempio AA1000). Parte importante è la capacità di definire i contenuti di sostenibilità da veicolare nel piano di comunicazione dell’organizzazione in relazione ai pubblici ed ai canali utilizzati. Tutto questo si formalizzerà nella creazione di strumenti quali Codice Etico, Codice di Comportamento, Bilancio sociale ecc.

 

La PdR si completa con l’esplicazione degli elementi per l’accesso al processo di valutazione di conformità (esame di certificazione), i requisiti relativi all’apprendimento non formale, i metodi di valutazione applicabili, gli elementi per il mantenimento ed il rinnovo delle qualifiche ed infine gli aspetti etici e deontologici applicabili.

 

Di cosa si tratta in sintesi – In sostanza possiamo sintetizzare i due documenti dell’UNI come l’esplicitazione dell’intenzione di individuare una serie di contenuti richiesti alle figure che si occupano di queste tematiche, ma anche per orientare dei percorsi professionali di ruoli che già si occupano in qualche modo di questi argomenti.

 

Può essere utilizzato come strumento di autovalutazione per capire a quale livello si collocano gli attuali Sustainability Manager, per comprendere l’eventuale gap rispetto alle competenze attese ed investire nella direzione di quanto proposto. Completato il gap, esiste la possibilità di sottoporsi all’ìter di certificazione delle competenze da parte di organismi di certificazione accreditati.

 

A chi può essere utile – Individuiamo quindi un’utilità molteplice. Da una parte possiamo collocare chi si occupa già dell’argomento ed intende confrontarsi con le competenze attese per eventualmente integrarle con percorsi formativi specifici. Dall’altra possiamo collocare chi è alla ricerca di una differenziazione o una specializzazione in un ambito nel quale ci aspettiamo interessanti sviluppi futuri sia in termini di implementazione di progetti di sostenibilità che di gestione. La parte 2 della stessa PdR rappresenta un riferimento per chi, invece, su questi standard intende sviluppare attività di auditing. Ad oggi l’offerta formativa comincia ad essere diversificata per cui si consiglia agli interessati a fare scelte attente ed oculate valorizzando la competenza in termini formativi e di esperienza o l’autorevolezza (non commerciale) dei soggetti proponenti.

 

Dal punto di vista della certificabilità alcuni organismi operanti sul territorio nazionale di certificazione delle figure professionali hanno già avviato gli iter di riconoscimento. In primis quelli che hanno partecipato alla stesura della norma (Intertek, Bureau Veritas, Cepas, AICQ Sicev, ACS per fare alcuni nomi).

 

Validità effettiva della certificazione. Come il solito sarà il mercato a sancire l’utilità e la valenza effettiva della norma messa a disposizione. Ci si aspetta una prima fase iniziale di osservazione “temporeggiatrice” per poi vedere un’integrazione con ulteriori standard con finalità diverse, ma correlate. Restiamo a monitorare gli sviluppi con un’elevata aspettativa.

 

Davide Biasco

HSE Advisor & Trainer





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