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Lavoro da remoto ed ergonomia: è necessario un ripensamento

Lavoro da remoto ed ergonomia: è necessario un ripensamento
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Smart working e telelavoro

15/02/2023

Il lavoro da remoto è il lavoro del futuro? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi? Come migliorare le postazioni e le posture? Quali sono le criticità? Ci sarà una nuova norma UNI? Ne parliamo con Francesco Draicchio, Laboratorio Ergonomia dell’Inail.

Bologna, 15 Feb – I dati forniti dall’Inail riguardo a infortuni e malattie professionali dell’intero 2022 mostrano che continuano ad aumentare le denunce connesse alle patologie di origine professionale (+9,9 rispetto al 2021) e la parte più rilevante di queste patologie riguarda sempre il sistema osteo-muscolare, i disturbi muscoloscheletrici.

 

Se pensiamo poi ai tanti cambiamenti organizzativi che il mondo del lavoro ha avuto in questi anni, accelerati dai problemi connessi alle emergenze pandemiche, di fronte a questi dati diventa importante tornare a parlare dell’ergonomia delle postazioni di lavoro con riferimento alle attività in smart working (o lavoro agile) e alle attività in telelavoro.

 

Lo ha fatto anche l’Inail durante la manifestazione “ Ambiente Lavoro” a Bologna con il convegno “Prevention through Design: modelli organizzativi e modelli spaziali nei nuovi ambienti di lavoro. Implicazioni di SSL” che si è tenuto il 23 novembre 2022.

E per parlare di smart working, di postazioni di lavoro, fornendo anche dei suggerimenti pratici per i lavoratori e le aziende e ricordando le attività in UNI per una futura norma sulla certificazione dell’ergonomo, abbiamo intervistato a Bologna, poco prima del convegno, Francesco Draicchio (Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale , Responsabile del Laboratorio di ergonomia e fisiologia e presidente della Società Italiana di Ergonomia e Fattori Umani - SIE).

 

Francesco Draicchio, già da noi intervistato in passato su altri temi connessi all’ergonomia, è intervenuto al convegno con una relazione sulle postazioni di lavoro nei nuovi scenari organizzativi del lavoro al videoterminale, affrontando un tema importante: il futuro del lavoro da remoto dopo il COVID-19.

Con lui parliamo del lavoro da remoto come un cambiamento che “per certi versi è irreversibile”. Ma su alcuni aspetti di quel cambiamento “sarà necessario un ripensamento”, perché bisogna “immaginare il futuro” cogliendo “i segnali deboli del presente”.

E in particolare bisogna riflettere sul lavoro da casa rendendo adeguati “gli spazi del lavoro domestico”, anche per prevenire eventuali problemi al sistema osteo-muscolare.

 

Riguardo al futuro del lavoro da remoto dopo il COVID-19, il lavoro da remoto diventerà sempre più il modo usuale di lavorare?

Quali sono le conseguenze sull'equilibrio tra lavoro e vita privata?

Quali sono i vantaggi e svantaggi del lavoro da remoto per le aziende e i lavoratori?

C’è un interessante acronimo per migliorare le posture lavorative: NEW. Cosa significa?

Quali sono altri suggerimenti per migliorare la propria postazione nel lavoro agile e prevenire eventuali conseguenze sulla salute?

Siamo in attesa di una nuova Norma UNI sulla certificazione dell’ergonomo. Quali sono gli obiettivi e i contenuti?

Nel mondo del lavoro si è cominciato a dare finalmente il giusto peso ai rischi ergonomici connessi alle postazioni di lavoro?

 

L’intervista si sofferma su vari argomenti:

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Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

L’intervista di PuntoSicuro a Francesco Draicchio

 

 

Il futuro del lavoro da remoto e la necessità di un ripensamento

Nella sua relazione lei affronta un tema interessante: il futuro del lavoro da remoto anche dopo il COVID-19. A suo parere il lavoro da remoto diventerà sempre più il modo usuale di lavorare?

 

Francesco Draicchio: Questo è un processo che era già iniziato e quindi non è stato scatenato solo dalla pandemia, ma la pandemia ha determinato un'accelerazione straordinaria di questo fenomeno perché ci ha costretto, come tutti sapete, a rimanere in casa, eccetera. E quindi quello che forse si sarebbe verificato più lentamente, in qualche anno, si è verificato in pochi mesi.

Il cambiamento per certi versi è irreversibile. Quello che oggi viviamo contiene degli elementi che resteranno per il futuro. Forse su alcuni aspetti di quel cambiamento che abbiamo vissuto sarà necessario un ripensamento, da due punti di vista.

 

Uno riguarda gli spazi comuni. (…) La gestione dell'attività in spazi condivisi necessita un ulteriore approfondimento. Ci rendiamo conto che pensare di perdere la titolarità del posto di lavoro - io vado e non so dove mi siederò, avrò la possibilità di identificare la mia postazione di quel giorno ma sarà sempre diversa, i miei vicini saranno sempre diversi, le strutture intorno a me saranno diverse - ha un aspetto di perdita dell'identità del posto di lavoro.

Un altro aspetto è la condivisione. Sì, abbiamo le cuffie, abbiamo un certo grado di insonorizzazione in questi ambienti, (…) anche il design ci offre delle ottime possibilità. Ma certamente dobbiamo fare attenzione alla necessità di avere cura della privacy, della confidenzialità, certo, ma anche dell'intimità di cui il lavoratore ha bisogno per riflettere, per lavorare.

Quindi diciamo, scherzando, che per guardare, per immaginare il futuro dobbiamo cogliere i segnali deboli del presente. Io credo che, per la parte che riguarda gli spazi condivisi, dobbiamo ripensarli un po'.

 

Un altro aspetto sul quale dobbiamo riflettere è il lavoro da casa.

 

Lì abbiamo vissuto, in questi mesi, una serie di difficoltà enormi. Non eravamo preparati. (…) Oggi ci dicono che in quei mesi molti sono stati male, sono andati dall'ortopedico. Perché? Perché abbiamo lavorato in cucina, abbiamo lavorato in sala da pranzo con il portatile, se andava bene, appoggiato su delle enciclopedie. Insomma, una vita durissima. Però, certamente, noi nel pensare all'ambiente di lavoro, a casa, dovremmo fare uno sforzo – ed è cominciato - per rendere adeguati gli spazi del lavoro domestico.

 

I vantaggi, gli svantaggi e i problemi connessi al lavoro da remoto

Con la diffusione delle attività in smart working non c’è il rischio che diventerà sempre più difficile mantenere l'equilibrio tra lavoro e vita privata?

 

F.D.: È sicuramente un rischio presente. Noi rischiamo di perdere quella possibilità di separare le due cose, come abbiamo cercato di fare. Perché già, con lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione, questa separazione è cominciata ad essere un po' meno netta (noi avevamo già la mail sul telefono, …).

Poi quando abbiamo portato l'ufficio in casa, questa separazione si è completamente persa e questo, sicuramente, non va bene.

 

Noi abbiamo bisogno di definire un limite nella giornata. Quindi questo è un altro aspetto sul quale sarà necessario lavorare per proporre dei confini allo spazio di lavoro quando l'attività viene svolta in ambiente domestico.

 

Qualcuno di noi ha sperimentato anche dei vantaggi. Ha potuto gestire meglio delle necessità della famiglia, ha potuto provvedere ai bimbi, eccetera. Questo forse nella pandemia è stato un elemento positivo, però nella prospettiva questo comporta un rischio. Perché abbiamo bisogno di staccare ad un certo punto. Quindi le aziende più consapevoli stanno cominciando a definire dei limiti temporali per l'invio delle e-mail di lavoro. C'è proprio un rischio di questa che viene chiamata la iperconnettività. Dobbiamo cercare di porre dei limiti e separare.

 

Poi nell'ambiente domestico c'è anche un tema spaziale e questo spazio è difficile, perché poi riguardo agli spazi necessari per delimitare un'area, alcune nostre case li hanno, altri non ne hanno a sufficienza.

Ove possibile, delimitare un'area di lavoro nell'ambiente domestico può aiutare proprio a creare quella separazione fra vita personale e vita di lavoro.

 

Ripercorriamo i vantaggi e svantaggi del lavoro da remoto, sia per lavoratori che per le aziende. Ad esempio, anche in merito alle conseguenze sulla produttività…

 

F.D.: La maggior parte dei dati ci dicono che (…) la produttività aumenta, nella maggior parte dei casi.

Noi abbiamo già detto qualcosa sui vantaggi e qualcosa gli svantaggi.

Un altro aspetto che poi oggi, con la crisi energetica diventa contraddittorio rispetto a questa scelta, è che da una parte si determina un risparmio per quanto riguarda il trasporto - quindi non ho le spese di trasporto se rimango in casa - però posso avere delle spese, nella stagione invernale, di riscaldamento. Alcuni lavoratori stanno cominciando a dire, nelle zone dove il costo per riscaldare la casa è importante, “preferisco andare in ufficio”. Quindi ci sono elementi contraddittori.

Tra i vantaggi da un lato ci può essere un qualche migliore equilibrio tra vita e lavoro, con il rischio di una pervasività del lavoro che non finisce mai, che non si interrompe mai. Io sono a cena o dopo cena e continuo a lavorare. Questo è lo svantaggio.

 

Poi c’è il grande problema della postazione di lavoro.

Noi veniamo da un impegno, da una tradizione (…) negli ambienti di lavoro di attenzione alle posture, alle postazioni, alle altezze, alle distanze, ai mouse, ai tavoli, … E arriviamo a casa dove non c'è più niente.

E allora su questo alcune aziende più consapevoli anche durante la pandemia hanno fornito ai lavoratori monitor esterno, tastiera esterna, ma oggi il vero problema è il portatile.

 

Il portatile, io lo dico così, un po' scherzando, ci fa venire fuori la gobba. Quindi ci sono tutta una serie di strategie che conosciamo per portare anche il portatile ad una condizione migliore. E quindi l'uso della tastiera esterna, sostenerlo per portare lo schermo all'altezza e in prossimità degli occhi, un poco più in basso. Ci sono tutta una serie di cose che sappiamo, ma che non abbiamo potuto fare e che oggi è assolutamente necessario fare.

 

C'è pure un problema di pause.

 

Io spesso insisto: nell'ambiente domestico, come nel lavoro, la postura assisa deve essere interrotta. C'è una bella regola, che ha proposto l'Associazione internazionale di ergonomia che si chiama in inglese 20-20-20 che vuol dire 20 minuti di lavoro, 20 secondi di interruzione e 20 piedi, cioè portare lo sguardo a una distanza di circa 6 metri (20 piedi). (…)

Interrompere anche per pochi secondi la postura assisa è un grande vantaggio perché noi oggi sappiamo che la sedentarietà, l'associazione di postura assisa e basso dispendio energetico - ne abbiamo parlato con voi in un’ altra intervista - comporta un rischio importante non solo per il sistema muscolo-scheletrico ma anche per il sistema cardiovascolare. Anzi questo sembra essere un aspetto principale.

Quindi 20-20-20. 20 minuti di lavoro, 20 secondi di interruzione e portare lo sguardo a 20 piedi che sarebbe oltre 6 metri, guardare fuori dalla finestra.

 

L’acronimo NEW e i suggerimenti per i lavoratori da remoto

Lei ha poi accennato nella sua relazione ad un interessante acronimo per le posture: NEW. Cosa vuol dire questo acronimo?

 

F.D.: Questo è un altro semplice suggerimento che si può dare con questo acronimo. NEW è riferito alla postura.

La N sta per neutro (neutral), la postura neutra. (…) Quando un segmento nostro corporeo si trova nella migliore condizione di equilibrio, ad esempio le mie braccia che cadono ai lati del tronco così, questa è la neutralità posturale. Oppure (l’intervistato lo mostra nel video, ndR) c’è la neutralità del polso. (…) Quindi quando noi ci discostiamo dalla neutralità posturale, questo è un costo per le nostre articolazioni. Quindi il nostro primo obiettivo è mantenere la postura neutra. Ad esempio il tronco, quando siamo al lavoro videoterminale, deve rimanere più o meno eretto (…). Quindi la prima cosa è neutralità posturale (…). Non bisogna allontanarsi dalla neutralità posturale.

L'altra lettera è la E che in inglese rappresenta eye, l’occhio, riguardo all'altezza degli occhi rispetto al monitor. Diciamo una linea orizzontale che passa per gli occhi deve colpire il monitor nella sua parte più alta. (…) Anche qui il tema è quello della neutralità posturale della regione cervicale (…).

L'ultima lettera W sta per work area, area di lavoro. La area di lavoro noi la dobbiamo immaginare come composta di tre parti, un’area primaria, (…) l'area più prossima all'operatore. Allora gli oggetti di maggior uso, quindi in questo caso la tastiera e il mouse, devono essere collocati in quest'aria primaria. Poi c'è un’area secondaria dove possiamo mettere qualcosa che usiamo di meno e in quel caso dobbiamo estendere l'arto superiore per raggiungerlo; poi addirittura c’è un'area più lontana cioè dove ci sono le cose che non uso quasi mai in cui addirittura o mi devo alzare, oppure devo inclinare il tronco per raggiungerle. L'importante è che noi ci concentriamo, per gli oggetti che usiamo, in questa area primaria, quella più vicina a noi. Quindi postura neutra, altezza degli occhi e area di lavoro più prossima all'operatore.

 

 

Veniamo ad altri suggerimenti diretti al lavoratore, ad esempio in telelavoro o in smart working, per migliorare la propria postazione e prevenire eventuali conseguenze sulla salute?

 

F.D.: Dobbiamo lavorare su tutti gli aspetti della postazione.

Bisogna cominciare sulla seduta. L'ideale sarebbe avere una sedia ad altezza regolabile, non sempre ce l'abbiamo. Allora usiamo i cuscini per modulare le altezze della seduta, per sostenere il tronco e qui lavoriamo sulla sedia.

 

Poi andiamo sul piano di lavoro. E quando andiamo sul piano di lavoro il problema è, se abbiamo il portatile, di sollevarlo per far sì che lo schermo ci consenta di rispettare l'altezza che abbiamo detto per quanto riguarda gli occhi. Lì il problema è che dovremmo avere la tastiera esterna perché altrimenti siamo costretti a lavorare in un modo assolutamente improprio. (…)

 

Poi dobbiamo avere un’attenzione all'illuminazione.

Quello che facciamo nell'ambiente di loro dobbiamo farlo, in modo semplice, anche nell'ambiente domestico. Evitare di avere riflessi importanti oppure che la luce colpisca direttamente il monitor.

 

I datori di lavoro più sensibili stanno preparando delle istruzioni semplici per i lavoratori che lavorano da casa. Anche fornendo, come dicevo, mouse e tastiera esterna (…) o fornendo anche uno schermo esterno e allora lì possiamo regolare meglio l'altezza del monitor, eccetera.

Accanto a questa dotazione che alcune aziende possono fornire o anche quando questo non è possibile, per diverse ragioni, si può fornire una piccola scheda di istruzioni per sistemare la postazione di lavoro in ambiente domestico cercando di migliorarla il più possibile.

 

(…)

 

L’attenzione ai rischi ergonomici e gli strumenti che non sono efficaci

Dopo i mutamenti organizzativi connessi alla pandemia e alla campagna europea che ha affrontato il tema importante dei disturbi muscoloscheletrici, si è cominciato a dare il giusto peso ai rischi ergonomici connessi alle postazioni di lavoro?

 

F.D.: Io direi che l'attenzione, sia delle aziende, del Paese e dell'Europa, c'è. Però c'è un problema.

Ogni anno il presidente dell'INAIL fa una bellissima e relazione in Parlamento in cui presenta i dati sulle patologie professionali. (…) Allora ogni anno io aspetto che la percentuale dei disturbi e delle patologie del sistema osteo-muscolare scheletrico e tessuto connettivo, come si dice secondo la classificazione ICD-10, smetta di aumentare e invece, ancora una volta, nel 2021 è aumentata.

Pensate che adesso noi, per quanto siamo oltre al 70% di tutta la patologia riconosciuta. E questo fa un po' contrasto con questo straordinario impegno che sicuramente c'è stato. E allora noi - la comunità scientifica, l’Inail, eccetera – ci stiamo chiedendo qual è la ragione. E ce ne sono molte. Posso solo velocemente ricordarne alcune.

L'età lavorativa conta. Il lavoro femminile e alcune caratteristiche del lavoro femminile - oggi si parla di una segregazione orizzontale e di una segregazione verticale del lavoro femminile (…).

E poi c'è un altro aspetto. Gli strumenti che noi oggi utilizziamo per la valutazione del rischio sono vecchi e forse inefficaci. E perdono una componente fondamentale del determinismo degli effetti del rischio biomeccanico che sono gli aspetti che noi possiamo collocare in questa prospettiva neuro-ergonomica, cioè gli aspetti cognitivi legati alle funzioni superiori.

 

C'è bisogno di lavorare di più su questo mondo e in più direzioni. Bisogna migliorare la qualità degli strumenti di analisi quindi di valutazione del rischio. Oggi le tecnologie ci offrono strumenti straordinari che non avevamo. Bisogna migliorare la comprensione di questo fenomeno e integrare la valutazione del rischio e qui l’ergonomia davvero ci può aiutare. Perché l'ergonomia vuole integrare questi aspetti che noi definiamo biomeccanici con quelli che noi possiamo dire cognitivi neuro-funzionali. (…)

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 

 

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