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Lavorare a distanza: effetti e conseguenze dei diversi setting lavorativi

Lavorare a distanza: effetti e conseguenze dei diversi setting lavorativi
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Smart working e telelavoro

08/07/2022

Al fine di avviare una riflessione sullo sviluppo che dovrà avere lo Smart Working presentiamo un’importante ricerca che prende in esame diverse forme di “smart working”.

In questi ultimi anni lo smart working è stato al centro di innumerevoli dibattiti, tanto da diventare uno dei temi più citati per chi si occupa di organizzazione del lavoro. La spinta al telelavoro - o lavoro da remoto - della pandemia ha costretto molte organizzazioni a confrontarsi con il tema dello spostamento delle attività lavorative dall’ufficio tradizionale a casa, ma anche con la possibilità di rendere più flessibili i propri processi lavorativi per lasciare ai propri dipendenti maggiore libertà di autoorganizzarsi per quanto riguarda luoghi e tempi di lavoro, cioè di praticare effettivamente il cosiddetto smart working o lavoro agile

Non solo pandemia 
Non si pensi però che senza la pandemia non ci sarebbero telelavoro e smart working. Certo, sicuramente non sarebbero diventati un argomento di conversazione da bar, ma sia in Italia sia in altri paesi sono anni che lo smart working viene sperimentato, praticato e studiato. In questo articolo parleremo di un interessante studio sul lavoro al di fuori dell’ufficio pubblicato in tempi non sospetti da un gruppo di ricercatori americani, che hanno indagato gli effetti di tre diverse modalità lavorative (lavoro tradizionale in ufficio, telelavoro, lavoro agile) sia sul lavoro stesso, sia sulla vita personale e sulla vita familiare dei lavoratori di una grande multinazionale americana. Si tratta quindi di uno studio interessante perché ci consente di avere una visione ampia degli aspetti lavorativi e personali sui quali va a impattare lo smart working. 

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Quanto conta il luogo in cui si lavora? 
Lo studio citato è quello di Hill e collaboratori, che nel 2003 hanno coinvolto oltre 5.300 dipendenti di IBM, impiegati in tre diverse forme di lavoro, che nell’articolo sono denominate come “Ufficio tradizionale”, “Ufficio virtuale” e “Ufficio casalingo”. La condizione “ufficio tradizionale” corrisponde al normale lavoro d’ufficio; l’”ufficio virtuale” corrisponde a quello che noi abbiamo chiamato smart working o lavoro agile; l’”ufficio casalingo”, infine, corrisponde a quello che abbiamo chiamato telelavoro o lavoro da remoto. La differenza tra ufficio virtuale e ufficio casalingo, nei soggetti della ricerca, sta nel fatto che i primi sono stati dotati di strumenti per lavorare dal luogo che ritengono più opportuno o più funzionale, mentre i secondi sono stati dotati di strumenti per lavorare da casa, praticando quello che viene chiamato anche telecommuting, ossia appunto lavoro da una postazione specifica al di fuori dell’ufficio principale. 

Su cosa impatta il lavoro fuori dall’ufficio? 
Per indagare il modo in cui il luogo di lavoro influenza il lavoro e la vita personale e familiare delle persone, i ricercatori hanno fatto riferimento ad una cornice concettuale basata su una prospettiva ecologica (cf. Bronfenbrenner, 1986; Bubolz & Sontag, 1993), secondo la quale il lavoro e la famiglia rappresentano i due sotto-sistemi parte di un ecosistema di ordine superiore. Questi due sotto-sistemi sono in costante interazione l’uno con l’altro, separati da un confine che agisce come una membrana più o meno permeabile, rendendo più o meno facile un effetto ricaduta (o effetto spillover) dovuto al fatto che ciò che accade in un sistema influenza in misura minore o maggiore anche lo stato dell’altro. Secondo gli autori della spillover theory (Zedeck, 1992), infatti, le ricadute tra un sistema e l’altro sono minori (effetto negativo) quando i due sistemi sono separati da una rigida strutturazione di tempi e spazi. Mentre sono maggiori (effetto positivo) quando la membrana che separa i due sistemi è più flessibile. 

L’effetto spillover positivo, generalmente, permette alle persone di integrare e sovrapporre responsabilità familiari e lavorative e quindi di raggiungere un migliore e più salutare equilibrio tra tempi di vita personale e vita lavorativa. Benché in alcuni casi questa sovrapposizione di ruoli possa comportare una estensione delle ore lavorative e il rischio di maggiore stress o dipendenza dal lavoro. Queste teorie permettono di inquadrare il problema relativo a quali sono le dimensioni lavorative e personali su cui va a impattare il luogo in cui si svolte il proprio lavoro. Vediamole più nel dettaglio. 
 
Le dimensioni lavorative e quelle personali 
Una prima fase della ricerca ha indagato le percezioni dei lavoratori sull’impatto che il lavoro fuori ufficio ha avuto sulle seguenti dimensioni lavorative:
  • Produttività
  • Morale e motivazione
  • Impegno e lealtà nei confronti dell’azienda
  • Lavoro di squadra
  • Avanzamento di carriera in azienda
  • Soddisfazione lavorativa
  • Sensazione di essere connessi con l’azienda
  • Impatto globale sul lavoro.

Mentre per quanto riguarda gli aspetti personali e familiari, sono state rilevate le percezioni relativamente a:

  • Gestione delle faccende domestiche
  • Gestione dei familiari non autosufficienti (bambini e/o anziani)
  • Relazioni con il/la partner e con i figli
  • Livello di stress personale
  • Capacità di mantenere equilibrio tra le responsabilità lavorative e quelle domestiche.
  • Impatto complessivo del lavoro fuori ufficio sulla vita familiare e personale.

Telelavoro o lavoro agile

Per tutte queste dimensioni, sia quelle lavorative che quelle personali, si è chiesto di rispondere su una scala da 1 a 5, dove 1 indica che l’impatto è stato negativo, 5 che è stato positivo.

Come si può vedere dalla tabella allegata Tabella n.1), tratta dall’articolo originale, sia chi si trovava nella condizione “Ufficio virtuale”, sia chi si trovava nella condizione “Ufficio casalingo” hanno risposto positivamente riguardo tutte le dimensioni, ma le risposte del secondo gruppo sono state più positive di quelle del primo gruppo, tranne che nel caso dell’avanzamento di carriera in azienda, in cui non è emerso alcun effetto significativo. 

 

 

 

E l’ufficio tradizionale?

Nella seconda parte dell’esperimento è stato invece fatto un confronto includendo anche i lavoratori che trascorrono la maggior parte del loro tempo lavorativo in un ufficio tradizionale. In questo caso, le dimensioni prese in considerazione sono state le seguenti.

 

Aspetti lavorativi:

  • Performance lavorativa
  • Motivazione al lavoro
  • Intenzione di continuare a lavorare per l’azienda
  • Successo nel carico di lavoro
  • Opportunità di carriera
Aspetti di vita personale e familiare
  • Equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro
  • Successo nella vita personale e/o familiare 

Tempi (ore per settimana):

  • Tempo dedicato alle faccende domestiche
  • Tempo di lavoro retribuito
  • Tempo impiegato per recarsi al lavoro
  • Tempo lavorativo a casa

In questo caso, a parte le forse scontate differenze nell’impiego del tempo, sono emersi risultati interessanti benché soltanto in alcune delle dimensioni si siano riscontrati degli effetti significativi. La tabella è tratta dall’articolo originale.

 

 

Iniziamo dalle dimensioni lavorative. Possiamo riscontrare un effetto sulla performance che favorisce l’ufficio casalingo nel confronto con quello virtuale, mentre non sembrano esserci differenze tra virtuale e tradizionale e tra casalingo e tradizionale. Si tratta comunque di un effetto piuttosto basse (ES=0,15) e non particolarmente significativo (p<0,05).

 

Per quanto riguarda invece la motivazione, abbiamo un effetto basso (0,15) e uno medio basso (0,29), benché entrambi molto significativi (p<0,001) rispettivamente nel confronto tra ufficio virtuale e ufficio tradizionale e tra ufficio casalingo e ufficio tradizio nale. Effetto non significativo invece nel rapporto casalingo/virtuale. Questo significa che per quanto riguarda la motivazione, entrambi i gruppi di lavoratori a distanza si dichiarano più motivati rispetto ai colleghi che lavorano nell’ufficio tradizionale.

 

Dei restanti risultati, sono da segnalare soltanto un effetto medio basso (0,20) nel confronto tra lavoratori casalinghi e lavoratori tradizionali per quanto riguarda l’intenzione di continuare a lavorare per l’azienda, maggiore nei primi rispetto ai secondi; e un effetto basso, nello stesso gruppo, relativamente alle opportunità di carriera.

 

Le differenze sono maggiori e più interessanti se prendiamo in rassegna gli aspetti della vita personale e familiare.

 

Partiamo dal confronto tra lavoratori impiegati nell’ufficio virtuale e lavoratori tradizionali. I primi hanno riportato valutazioni peggiori sia per quanto riguarda l’equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro (effetto = - 0,25, p<0,001), sia per quanto riguarda la percezione di successo nella propria vita personale o familiare (-0,14, p<0,001). Se invece prendiamo in considerazione il confronto tra il gruppo dei lavoratori casalinghi e quelli dell’ufficio tradizionale, il rapporto si inverte: i primi hanno dichiarato valori maggiori sia nella prima (ES=0,30, p<0,001) che nella seconda dimensione (ES=0,22, p<0,001). Anche il terzo confronto, quello tra casalinghi e virtuali conferma quando emerso dai primi due rapporti: la soddisfazione dei lavoratori casalinghi è molto maggiore rispetto ai lavoratori agili, per entrambe le dimensioni, con effetti considerevoli (rispettivamente 0.54 e 0,36, p<0,001).

 

In sintesi

Nella terza parte dell’articolo, i ricercatori fanno una sorta di sintesi, con una tabella - qui riportata - che permette di individuare in che misura i differenti setting lavorativi (Ufficio tradizionale, casalingo o virtuale), trattati come variabili indipendenti, influenzano le dimensioni lavorative e personali, trattate quindi come variabili dipendenti. Questi dati non sono basati soltanto sulle percezioni dei lavoratori stessi, ma anche su dati oggettivi, per esempio quelli del sistema di valutazione aziendale.

 

 

Da questa tabella si evince che l’ufficio virtuale, condizione che abbiamo equiparato allo smart working / lavoro agile, influenza positivamente tutte le dimensioni lavorative (motivazione, retention, successo e opportunità di carriera), tranne la performance, che invece viene influenzata negativamente, benché questa misura sia influenzata dal fatto che i lavoratori in questa condizione tendono a lavorare più ore a settimana. Escludendo il fattore “ore di lavoro”, infatti, non vi sono differenze di performance dovute al setting lavorativo. L’ufficio virtuale, però, ha conseguenze negative per gli aspetti personali e familiari, sia l’equilibrio temporale, che la percezione di successo. La condizione di ufficio casalingo invece ha effetti più modesti o nulli sulle dimensioni lavorative, con l’eccezione della motivazione, ma impatta molto positivamente con il work/life balance e con il successo personale/familiare. Infine, l’ufficio tradizionale tende a influenzare negativamente diversi aspetti lavorativi, soprattutto la motivazione, ma non la performance. Ed ha effetti negativi, ma molto moderati, sulle dimensioni personali/familiari. 

 

Conclusione

La conclusione dei ricercatori è che il lavoro a distanza mette a disposizione delle organizzazioni e dei lavoratori delle modalità di lavoro che possono avere potenziali effetti benefici nel consentire sia un migliore equilibrio tra tempi di casa e di lavoro, sia performance efficaci. La tipologia di lavoro a distanza però influenza la prima parte dell’equazione, a causa della maggiore difficoltà di stabilire confini netti tra lavoro e vita privata nel caso dell’ufficio virtuale / lavoro agile. Si tratta però di risultati rilevati nel 2003, cioè quasi vent’anni fa. Cos’è cambiato in questi anni? Cosa dicono le ricerche più recenti? Approfondiremo questi temi nei prossimi numeri di PdE.


Pietro Iacono Quarantino
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni 

Fonte: PdE, n. 62


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