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Valutazione dei rischi: la collaborazione del medico competente

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

05/10/2010

Il Testo Unico esprime l’obbligo per il medico competente di collaborare alle attività di valutazione dei rischi. Il livello minimo accettabile di collaborazione, gli esempi pratici, le attività nelle piccole e medie aziende e il protocollo sanitario.

 
Sul sito web MedicoCompetente.it, un portale per medici del lavoro, trovano spazio diversi materiali relativi a coordinamenti e gruppi di lavoro di medici competenti.
 
Recentemente è stato presentato un documento curato dal gruppo di lavoro MeLC (Medici del Lavoro Competenti) SIMLII (Società italiana di Medicina del lavoro e igiene industriale).
Il documento - intitolato “ Valutazione del rischio da parte del medico competente: assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa vigente” e curato da S. Bianchi, A. Capri, A. Maviglia, C. Mirisola, A. Serra – affronta le novità per il medico competente derivanti dal Decreto legislativo 81/2008, recentemente modificato e integrato dal D.Lgs. 106/09.
 
In particolare il Testo Unico ha specificato in modo chiaro l’obbligo per il medico competente di collaborare con il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione alle attività di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro. E “il mancato adempimento è pesantemente sanzionato”.
Il problema è che la norma ha “stabilito una precisa funzione, non individuando successivamente le concrete modalità e le procedure attraverso le quali il medico competente possa svolgere tale compito e, quindi, in assenza di indicazioni su come ritenere assolto il relativo obbligo”. E questa situazione, in assenza di linee guida o protocolli operativi espressi da parte di organi istituzionali o società scientifiche, “ha disorientato i singoli professionisti determinando modalità di comportamento non univoche sul territorio nazionale, dalla semplice richiesta di allegare la relazione conseguente al sopralluogo periodico, a richieste di confronto più serrato con il datore di lavoro e l’RSPP fino alla redazione di allegati o veri e propri documenti sanitari di valutazione del rischio, in genere nelle aziende più complesse e dotate di strumenti e risorse adeguate messi a disposizione del medico competente”.
 
Il documento, che vuole fornire ai medici competenti indicazioni di massima per assolvere l’obbligo in questione, ricorda che proprio questa collaborazione alle attività di valutazione “rappresenterà il punto di forza e più qualificante per il medico competente con ricadute ampie che andranno ben oltre la semplice effettuazione della sorveglianza sanitaria”. Questo permetterà di rendere “i documenti di valutazione dei rischi un po’ più medici e un po’ meno tecnici e giuridici”.
 
 
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Un primo quesito di cui si occupa il gruppo di lavoro MeLC è quello di “comprendere se ciò debba avvenire sempre e non solo, come recita l’articolo 29, nei casi in cui è prevista la sorveglianza sanitaria”. La risposta è che “da un punto di vista logico e consequenziale” la prima ipotesi sembrerebbe ovvia, “perché in caso contrario appare arduo comprendere come la decisione di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria o meno possa essere appannaggio esclusivo del datore di lavoro e dei suoi tecnici che, nelle fasi iniziali, provvederebbero a una valutazione dei rischi comprensiva anche dei rischi per la salute e alla successiva stesura del documento di valutazione dei rischi (nei casi previsti dalla legge)”.
Tuttavia non esiste ad oggi un’ interpretazione univoca in alcuni casi, “soprattutto laddove è palese la inesistenza di rischi per la salute previsti dalla normativa vigente, viene consentito ai datori di lavoro autocertificare l’avvenuta valutazione dei rischi anche in assenza della collaborazione di un medico competente, la cui nomina - peraltro - non sarebbe obbligatoria”.
 
Ma se l’apposizione della firma del medico competente sul documento di valutazione non dimostra di per sé la collaborazione del professionista alla stessa valutazione, qual è il livello “minimo” accettabile di collaborazione, “discrimine fondamentale al fine di considerare assolto l’adempimento di legge da parte degli organi di vigilanza territorialmente competenti”?
 
Da questo punto di vista occorre considerare che l’attività del medico competente è assai differente presso piccole e medie imprese (al di sotto di 10-15 dipendenti) oppure presso aziende di dimensioni maggiori.
Con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, gli autori ricordano che “alcune attività svolte in azienda possono essere in grado di determinare l'effettiva collaborazione alla valutazione del rischio da parte del medico competente”:
- sopralluogo negli ambienti di lavoro: “nel corso del sopralluogo il medico competente prende visione del ciclo produttivo, verifica le condizioni correlate ai possibili rischi per la salute presenti nelle specifiche aree, reparti e uffici, interagisce con il datore di lavoro e/o l’RSPP, dialoga con i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, laddove presenti”;
- registrazione delle valutazioni soggettive dei lavoratori in merito ai rischi aziendali;
- programmazione del monitoraggio biologico: “nei casi individuati, il monitoraggio biologico costituisce parte centrale nel processo di valutazione del rischio e del suo continuo aggiornamento”;
- indicazioni per il controllo dei lavoratori: il medico competente “indica al datore di lavoro quali lavoratori devono essere sottoposti al controllo sanitario per i vari rischi lavorativi, specificando eventuali esami strumentali e/o di laboratorio mirati al rischio”;
- effettuazione della sorveglianza sanitaria; questa attività “costituisce una importante  modalità di raccolta di dati relativa ai rischi e a relativi effetti”;
- “elaborazione epidemiologica dei dati derivanti dalla sorveglianza sanitaria e dal monitoraggio biologico”;
- “incontri e riunioni con il datore di lavoro, i tecnici consulenti, il RSPP, i RLS, i lavoratori”.
 
Inoltre la “stessa predisposizione del programma di visite ed esami mirati al rischio per i lavoratori sottoposti alla sorveglianza sanitaria (il cosiddetto ‘protocollo sanitario’) e la sua comunicazione formale al datore di lavoro” con l’inserimento nel documento di valutazione dei rischi costituisce la “prova evidente della collaborazione alla valutazione dei rischi aziendali”.
Esistono poi altri elementi documentali che gli autori riportano nel documento che vi invitiamo a visionare.
 
Il gruppo di lavoro ritiene appropriato “prevedere una procedura adeguata per ottemperare in modo chiaro all’obbligo di legge, sintetizzabile come segue:
- nelle piccole e medie imprese è sufficiente, per ottemperare l'obbligo, l'invio del protocollo sanitario (con l'indicazione dei relativi fattori di rischio e normativa di riferimento) e assolvere alle altre attività sopra descritte;
- in aziende più grandi, senza che ciò sia da considerarsi obbligatorio e a giudizio dello stesso medico competente, può altresì essere opportuno redigere uno specifico ‘contributo sanitario’ al documento di valutazione dei rischi, da stilare al momento della nomina presso l'azienda o l'unità produttiva e, successivamente, ogni qualvolta intervengano modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro etc”.
Tale contributo sanitario “dovrebbe articolarsi nelle tre fasi successive:
- “lavoro preparatorio, consistente nella raccolta di tutte le informazioni disponibili sull’azienda in esame”;
- “esame analitico del ciclo produttivo, dell’attività lavorativa concreta e di tutti gli ambienti di lavoro, tramite sopralluogo diretto e colloqui con i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
- documento finale di sintesi, con la stesura del protocollo sanitario e del ‘contributo sanitario’ alla valutazione dei rischi (da allegare alla autocertificazione o al documento di valutazione dei rischi vero e proprio)”.
 
Vi rimandiamo ancora al documento originale in relazione alle sezioni di cui dovrebbe comporsi il contributo sanitario, alle modalità di trasmissione del contributo del medico competente al datore di lavoro (in rapporto alle piccole o alle grandi aziende) e ai compensi da riconoscere ai medici.
 
Il documento si conclude ricordando che “collaborare al processo di valutazione dei rischi in azienda, con le modalità indicate, permette al medico competente di riappropriarsi di quella parte che è propedeutica, in alcuni casi, alla stessa stesura del documento di valutazione, parte che solo lui, con la sua professionalità, competenza e soprattutto con le sue conoscenze specifiche, può trattare in modo appropriato”. Questo compito è da assolvere “con la precisa finalità di fornire un contributo reale e concreto alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in ogni azienda e in ogni unità produttiva”. 
 
 
 
Gruppo di lavoro MeLC SIMLII (Coordinatore Dott. E. Ramistella), “ Valutazione del rischio da parte del medico competente: assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa vigente” a cura di S. Bianchi, A. Capri, A. Maviglia, C. Mirisola, A. Serra (formato PDF, 50 kB).
 


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