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Elementi metallici cancerogeni: classificazione e valutazione

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Valutazione del rischio incendio

23/11/2009

In rete un documento che affronta meccanismi di azione, identificazione, classificazione, valutazione del rischio degli elementi metallici cancerogeni. Le differenze nella classificazione e i compiti dei medici del lavoro.

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Sul numero di aprile/giugno 2008 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia è stata creata una specifica rubrica dal titolo “Tribuna per il dibattito sugli aspetti teorico scientifici e tecnico applicativi in tema di cancerogenesi professionale” per permettere un confronto e dare risposta alle richieste di indicazioni “su come il Medico del Lavoro debba affrontare le tematiche sui cancerogeni nei diversi momenti in cui nella sua pratica professionale viene a contatto con tale problematica”.
Su questo tema nella rubrica è riportato l’intervento “Elementi metallici cancerogeni: meccanismi di azione, identificazione, classificazione, valutazione del rischio Parte 1: aspetti generali”, a cura di  P. Apostoli e S. Catalani, che presenta “alcune problematiche riguardanti la cancerogenicità di Nichel, Arsenico, Cromo, Cadmio, Berillio, Cobalto, Vanadio, Piombo e Molibdeno, elementi metallici collocati dalle principali agenzie, associazioni, società scientifiche Nazionali e Internazionali in modo diverso per specie e a diverso livello di rischio”.
Il contributo prende in esame le questioni riguardanti l’identificazione, la classificazione - anche alla luce del Decreto legislativo 81/2008 - e dei loro principali meccanismi di azione che possono spiegarne la cancerogenicità.
Infatti “gli elementi metallici possono avere molteplici effetti sulle funzioni cellulari incluse proliferazioni, apoptosi, differenziazione e trasformazioni cellulari a seconda delle proprietà chimico-fisiche di specifiche specie o composti”.
In particolare gli elementi metallici cancerogeni “hanno in comune la principale via di esposizione che risulta essere quella inalatoria ed i principali organi target che sono le vie respiratorie (seni paranasali,bronchi e polmoni), anche se sono riportati come possibili bersagli, seppure con molta minore frequenza, cute, stomaco, prostata, reni, vescica”.
E tra i meccanismi di azione “che possono rendere plausibile la loro azione cancerogena è segnalata la capacità degli elementi metallici di generare specie reattive dell’ossigeno (ROS) e altri intermedi in grado di provocare danni diretti al DNA interagendo con enzimi addetti alla sua riparazione, oltre che con i regolatori della proliferazione cellulare”.

 


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Veniamo tuttavia alla classificazione: infatti chi si è occupato di cancerogenesi degli elementi metallici (IARC, ACGIH, DFG, UE) non sempre ha proceduto ad una identica classificazione, “non ha cioè compiuto nello stesso modo quello che rappresenta, per il Medico del Lavoro, il presupposto nella valutazione del rischio e nei provvedimenti preventivi e di sorveglianza”.
Ecco un estratto di quanto riporta il documento su tali differenze:
- L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) “ha attribuito cancerogenicità certa, sufficiente evidenza di cancerogenicità per l’uomo, per i composti del Ni, l’As e i suoi composti inorganici, il Cr(VI), il Cd e il Be. Attribuisce una sospetta cancerogenicità per il Ni metallico e le sue leghe e nessun potere cancerogeno per il Cr metallico e il Cr(III). Il Pb e suoi composti inorganici sono classificati come probabili cancerogeni per l’uomo (2A) mentre per il Co solfato, sali solubili del Co(II), il Co metallico ed i composti del V e dell’Sb sospetti cancerogeni (2B)”;
- gli Igienisti Industriali USA (ACGIH) “inseriscono nel gruppo A1 (sostanze riconosciute cancerogene per l’uomo) i composti inorganici insolubili del Ni ed il Ni subsulfuro, l’As e i suoi composti inorganici, il Cr(VI) solubile e insolubile e il Be e i suoi composti; i cromati di piombo, di calcio e stronzio, i composti del Cd e l’antimonio triossido nel gruppo A2 (sospetta cancerogenicità); Pb e Co e loro composti inorganici e al V pentossido sono inseriti nel gruppo A3 (cancerogeno riconosciuto per l’animale con rilevanza non nota per l’uomo), mentre i composti inorganici solubili del Ni, il Cr metallo e il Cr(III) nel gruppo A4 (non classificabili come cancerogeni per l’uomo) e il Ni elemento in A5 (non sospetto cancerogeno)”;
- la Deutsche Forschungsgemeinschaft, (DFG) “ha inserito nel gruppo 1 (sostanze che causano tumore nell’uomo dimostrati da studi epidemiologici e da evidenze che la sostanza causa il cancro attraverso un meccanismo di azione rilevante per l’uomo) il Ni e suoi composti (frazione inalabile, Ni metallico, Ni acetato, Ni carbonato, Ni cloruro, Ni biossido, Ni idrossido, Ni monossido, Ni subsulfuro, Ni solfato, Ni sulfuro), l’As e i suoi composti inorganici (As metallico, As triossido, acido arsenioso e sali, sodio arsenito, As pentossido, acido arsenico e Sali, piombo arsenato, calcio arsenato), il cromato di zinco, il Cd (frazione inalabile) e il Be e i suoi composti inorganici. Considerano invece nel gruppo 2 i composti del Cr(VI) frazione inalabile con l’eccezione di quelli insolubili in acqua come cromato di piombo e cromato bario il Pb, il V, il Co e i composti organico dello Sb, come cancerogeni per l’uomo in seguito a studi a lungo termine su animali. La DFG propone livelli di esposizione per le sostanze cancerogene (exposure equivalents for carcinogenic substances, EKA) per il gruppo comprendente il Ni metallico  e i composti insolubili, il gruppo dei composti solubili del Ni, per l’As triossido, il Co e composti e il V e suoi composti inorganici”;
- “l’Unione Europea (UE) inserisce nella lista delle sostanze classificate cancerogene e/o mutagene dalla CE, 28° adeguamento alla direttiva 67/548/CEE, gli elementi metallici e relative specie attribuendo frasi di rischio R49 (può provocare il cancro per inalazione), R45 (può provocare il cancro) e R40 (possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti). In particolare per il Ni attribuisce frase di rischio R49 al Ni biossido, monossido, il Ni solfuro e il trinichel disolfuro; per il Cr al Cr(VI), al Cr triossido e al sodio cromato e dicromato; per il Cd al Cd ossido e solfato così come per il Be e tutti i suoi composti esclusi i silicati doppi di alluminio, al cobalto dicloruro e cobalto solfato. All’acido arsenico e sali e al pentossido e triossido di As, al Cr cromato, zinco e stronzio cromato e al Cd cloruro e fluoruro è attribuita la frase di rischio R45. Al Ni carbonato, al Ni diidrossido, al Ni solfato, al Ni tetracarbonile e al Pb acetato basico è attribuita la frase di rischio R40. È opportuno ricordare che la V pentossido viene attribuita la frase R68 (possibilità di effetti irreversibili)”.

Gli autori ricordano che i Medici del Lavoro devono considerare con la massima attenzione tutte queste informazioni quando “devono esprimere il loro parere sulla scelta delle misure dell’esposizione, sia quando sono parte attiva nella valutazione del rischio, quando collaborano alla predisposizione dei piano di prevenzione e soprattutto quando organizzano ed attuano la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica”.
E comunque si ricorda che a stretto rigore di legge “cancerogeni sono esclusivamente specie e composti dei singoli elementi metallici con le frasi di rischio R45 ed R49 attribuite dall’UE”.
Il Decreto legislativo 81/2008 ribadisce questo aspetto quando al titolo IX, capo 2 indica:

Articolo 234 - Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al numero 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all' ALLEGATO XLII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall' ALLEGATO XLII. (…)
Le differenze sopra indicate possono condizionare aspetti applicativi importanti quali “la scelta degli indicatori ambientali e biologici da privilegiare nei monitoraggi della loro esposizione, l’applicazione di valori di riferimento o di valori limite, la sorveglianza sanitaria e quella epidemiologica”.
In questo contesto il contributo sottolinea come per poter garantire idonei interventi preventivi e di sorveglianza dei lavoratori esposti “non si può non partire dalla identificazione e possibilmente dalla misura delle specie dell’elemento metallico cui è stato effettivamente attribuito il potere cancerogeno”.

Nell’ultima parte del documento gli autori ricordano che la valutazione dei rischi deve tener conto:
- “delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento anche in relazione al loro stato di aggregazione”;
- “di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo”.
Si rammenta poi che la necessità di informazioni riguardanti specie e composti effettivamente classificati è “richiamata anche nella previsione degli adempimenti documentali quali:
– la registrazione dei quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
– la misura dell’esposizione dei lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
– la sorveglianza sanitaria per i lavoratori per i quali si sia evidenziato un rischio per la salute”.


Elementi metallici cancerogeni: meccanismi di azione, identificazione, classificazione, valutazione del rischio Parte 1: aspetti generali”, scritto da P. Apostoli e S. Catalani (Dipartimento di Medicina Sperimentale e Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale. Università degli Studi di Brescia), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXX, n.2 aprile/giugno 2008 (formato PDF, 292 kB).
 
 



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Rispondi Autore: Lorenzo Izzo - likes: 0
19/11/2018 (07:02:13)
Il fosforo inserito in oggetti luminosi è da considerare cancerogeno?

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