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Mobbing che cambia (2/2)
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[La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul numero 1053 di PuntoSicuro]
Valutando le caratteristiche dei mobbizzati e degli ex-mobbizzati, l’indagine dell’Iref ha individuato in particolare una caratteristica costante: l’età dei mobbizzati.
La vittima di mobbing, in linea di massima, è una persona nel pieno della propria carriera lavorativa, con un’età compresa fra i 40 e i 50 anni; “nella fattispecie, - rileva l’Iref - è un lavoratore che, ad oggi, è troppo vecchio per riqualificarsi e troppo giovane per andare in pensione”.
Un ulteriore fattore costante del mobbing è la sua diffusione, soprattutto, nel Centro e nel Sud Italia.
La ricerca ha voluto inoltre fare luce sulle diverse modalità di mobbing. Nella maggior parte dei casi (78,6% del gruppo dei mobbizzati vecchi e nuovi) si tratta di mobbing verticale, cioè le vessazioni sono compiute da un superiore.
La totalità di coloro che hanno dichiarato di subire o di aver subito azioni di mobbing afferma di conoscere in senso ampio il fenomeno; tuttavia solo il 61,8% degli esposti ha fornito una definizione precisa di cosa sia. Il 38,2% dei mobbizzati, quindi, pur conoscendo il fenomeno ne offre una definizione diversa da quella accreditata dagli studi di settore, che definiscono il mobbing come “Un’aggressione sistematica nel posto di lavoro consistente in persecuzioni e vessazioni diverse”.
Nella percezione dei singoli il mobbing può oscillare tra una lite estemporanea tra colleghi o con superiori e una strategia vessatoria sistematica volta ad espellere il lavoratore dal luogo di lavoro.
[La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul numero 1053 di PuntoSicuro]
Valutando le caratteristiche dei mobbizzati e degli ex-mobbizzati, l’indagine dell’Iref ha individuato in particolare una caratteristica costante: l’età dei mobbizzati.
La vittima di mobbing, in linea di massima, è una persona nel pieno della propria carriera lavorativa, con un’età compresa fra i 40 e i 50 anni; “nella fattispecie, - rileva l’Iref - è un lavoratore che, ad oggi, è troppo vecchio per riqualificarsi e troppo giovane per andare in pensione”.
Un ulteriore fattore costante del mobbing è la sua diffusione, soprattutto, nel Centro e nel Sud Italia.
La ricerca ha voluto inoltre fare luce sulle diverse modalità di mobbing. Nella maggior parte dei casi (78,6% del gruppo dei mobbizzati vecchi e nuovi) si tratta di mobbing verticale, cioè le vessazioni sono compiute da un superiore.
La totalità di coloro che hanno dichiarato di subire o di aver subito azioni di mobbing afferma di conoscere in senso ampio il fenomeno; tuttavia solo il 61,8% degli esposti ha fornito una definizione precisa di cosa sia. Il 38,2% dei mobbizzati, quindi, pur conoscendo il fenomeno ne offre una definizione diversa da quella accreditata dagli studi di settore, che definiscono il mobbing come “Un’aggressione sistematica nel posto di lavoro consistente in persecuzioni e vessazioni diverse”.
Nella percezione dei singoli il mobbing può oscillare tra una lite estemporanea tra colleghi o con superiori e una strategia vessatoria sistematica volta ad espellere il lavoratore dal luogo di lavoro.
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Rispondi Autore: pina  - likes: 0 | 11/01/2009 (01:19) |
| sono una donna di 41 anni subisco mobbing da due anni oggi il mio titolare il bossig ha stabilito un incontro con il fiscalista il quale sarebbe arrivato in ufficio per indicarci un organizzazione lavorativa superiore, ha iniziato l'incontro dicendo:" il vostro titolare vorrebbe che io lo aiutassi a guadagnare le perdite!" l'incontro è durato 1o ore ininterrottamente senza pausa pranzo a parte il caffè, ho combattuto con tutte le mie forze, mentre mi venivano tolte ad una ad una le mansione, persino l'utilizzo di internet e i codici per l'accesso alle banche io sono contabile, e gestisco i rapporti economici/finanziari/bancari, dalla settimana prossima sarò solo il corriere che arriva in banca ed effettua la commissione non il lavoro studiato e preventivamente organizzato. Ad un certo punto della giornata ero quasi riuscita a far capire al fiscalista che quell'atto vessatorio nei miei confronti era ingiusto ed ingiustifcato, sfidandolo più volte a darmi motivi validi per tanto demansionamento,ma la risposta finale quando c'ero quasi riuscita, è stata del titolare che con toni minacciosi ha rivelato l'odio, la rabbia nei miei confronti perchè ero riuscita ad averla vinta, con ragione, ma a lui non interessava io dovrò fare altro, fare il corriere, il caffè, le fotocopie e quantaltro ma non la contabile! anche se in azienda ho iniziato a lavorare 5 anni fa ed ho contribuito alla trasformazione della piccola azienda in media azienda di trasporti. | |
| Rispondi Autore: giuliano - likes: 0 | 30/05/2009 (15:38) |
| Lavoro pubblico privatizzato e non privatizzato.Disparità di trattamento.Sentenza di condanna datoriale alla reintegra esclusivamente nelle mansioni precedentemente svolte,eseguita,ritenuta successivamente non coercibile dallo stesso giudice del lavoro di I°grado (bisognerebbe attendere il pronunciamento definitivo).Analoga sentenza emessa dal TAR subito eseguita tramite commisario ad acta in conformità alla recente riforma.Vedere http://www.areagiuridica.com | |
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