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I principali fattori di rischio degli ambienti confinati

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio esplosione, Atex

07/05/2012

Un intervento in un convegno dedicato agli spazi confinati si sofferma sui pericoli di questi ambienti. Le sostanze correlate al rischio di asfissia, gli elementi che possono determinare il rischio di incendio ed esplosione e le sorgenti d’innesco.

 
Bologna, 7 Mag – Torniamo ad occuparci della sicurezza negli ambienti confinati con riferimento al convegno Inail del 4 maggio 2011 dal titolo “ Ambienti confinati e rischi per la salute e sicurezza”, convegno che segnaliamo essere precedente all’emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 recante il regolamento relativo alle norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
 
Dopo aver proposto elementi di analisi delle dinamiche infortunistiche, ci occupiamo oggi dei fattori di rischio degli ambienti confinati.
 
L’intervento, dal titolo “ Ambienti confinati e rischi derivanti da sostanze e atmosfere pericolose” e a cura della Dott.ssa Liliana Frusteri (INAIL - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione), ricorda che gli ambienti, gli spazi confinati sono aree di lavoro in cui possono verificarsi eventi incidentali importanti, che possono portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri). Aree di lavoro generalmente non destinate allo stazionamento fisso di lavoratori, con “aperture per l’entrata e l’uscita limitate e di difficile utilizzo”, con “condizioni di ventilazione sfavorevole”, …
 

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Riguardo alle condizioni di rischio, si sottolinea che tali condizioni “possono esistere precedentemente all’inizio delle attività, altre possono sopraggiungere durante l’esecuzione di alcuni lavori” (saldatura/taglio/brasatura, uso di particolari sostanze, uso di attrezzature di lavoro che producono inneschi, perdite da tubazioni, rimozione di fanghi, …).
 
Riportiamo alcuni fattori di rischio:
- “asfissia:  presenza/impiego di gas che si sostituiscono all’O2 ( azoto usato per bonifica e/o inertizzazione, gas di saldatura, ecc.); formazione di CO2 attraverso vari processi biologici (fermentazione, decomposizione sostanze organiche); reazioni chimiche di ossidoriduzione di sostanze (combustione con rilascio di CO2, di NH3, di H2S, ecc.); 
-incendio/esplosione:  presenza di gas/vapori/nebbie infiammabili o polveri combustibili, unitamente ad una sorgente di innesco (elettricità statica, utilizzo di fiamme libere, fenomeni di attrito, scariche atmosferiche, ecc.);
-intossicazione: impropria bonifica di tubazioni e/o recipienti; liquidi e solidi emettono gas tossici in presenza di aria o vapori d’acqua (zolfo, fosfuri che emettono fosfina a contatto di acidi ed acqua o vapore, ecc.); reazioni chimiche di decomposizione o fermentazione; rilasci accidentali da valvole o altre sorgenti di emissione; residui di materiali stoccati; (…);
-folgorazione: attrezzature di lavoro/utensili con alimentazione elettrica inadeguata, pareti interne bagnate;  
-caduta: utilizzo di scale inadeguate o impiegate in modo improprio, mancato utilizzo o utilizzo scorretto dei DPI anticaduta;
-annegamento: presenza di liquidi o solidi finemente suddivisi, che possono risultare letali per saturazione e occlusione delle vie respiratorie”;
-ustioni: “contatto con parti a temperatura elevata o molto bassa, ingresso in macchine termiche;
-schiacciamento: caduta di carichi, ecc”.
 
La relatrice si sofferma poi sulla carenza di O2 e su particolari sostanze chimiche.
 
Ad esempio ricorda che l’azoto (N2) è un “ gas inerte generalmente presente a causa di una non adeguata rimozione in seguito ad attività di bonifica o inertizzazione”.
Inoltre:
 - “ha un peso specifico (1.15 kg/m3) ca. uguale a quello dell’aria (1.16 kg/m3), quindi non tende a stratificarsi verso il basso (come ad es. la CO2), né a sfuggire verso l’alto;
- per garantire una concentrazione di ossigeno adeguata, almeno superiore al 17%, la concentrazione di azoto deve essere inferiore all’83 %;
- in alta concentrazione può causare asfissia. I sintomi possono includere perdita di mobilità e/o coscienza”. 
 
L’anidride carbonica (CO2) è generata dalla “combustione completa di sostanze combustibili e/o infiammabili in presenza di atmosfera ricca di O2”. È un gas incolore e inodore che tende a ristagnare in basso.  “Può essere assorbito per inalazione. Elevate concentrazioni in atmosfera determinano una carenza di ossigeno con rischio di perdita di coscienza o morte della persona esposta”.
 
Il monossido di carbonio (CO) è “generato dalla combustione incompleta di sostanze combustibili e/o infiammabili in presenza di atmosfera povera di ossigeno”.  Gas incolore e inodore, con peso leggermente superiore a quello dell’aria che “si dispone sul pavimento con la tendenza a salire verso l’alto”.  
Con l’aria “forma facilmente miscele esplosive: a concentrazione minima del 12% v/v (volume della sostanza/volume totale, ndr) è infiammabile-esplosivo”. 
 
L’idrogeno solforato (H2S) “a temperatura ambiente e a basse concentrazioni, è un gas dal caratteristico odore di uova marce. Soglia olfattiva media 35 μg/m3, a concentrazioni molto più alte la percezione dell’odore svanisce per esaurimento funzionale dei recettori. Inodore a concentrazioni superiori a 100 ppm perché paralizza il senso dell’olfatto.  Peso leggermente superiore all’aria, si dispone sul pavimento con tendenza a salire verso l’alto. Si addensa in sacche”. La relazione si sofferma anche sugli effetti sulla salute dell’idrogeno solforato.  
 
L’anidride solforosa (SO2) è un “gas incolore non infiammabile, odore pungente; si inumidisce e si ossida facilmente per formare acido solforoso e poi, più lentamente, acido solforico”. “Tende a ristagnare in basso”.
L’anidride solforosa è “irritante, assorbita prevalentemente per via respiratoria, ma anche, come acido solforoso, per via digestiva. Intossicazione acuta per inalazione di concentrazioni massicce: irritazione di congiuntive e mucose vie aeree superiori. L’azione irritante è dovuta alla trasformazione in acido a contatto con l’ambiente umido delle mucose oculari, nasali e della pelle per poi arrivare all’apparato respiratorio provocando broncocostrizione. Nei casi più gravi, difficoltà di respiro, cianosi, disturbi della coscienza, soffocamento, morte”.
 
Veniamo ora al rischio di incendio ed esplosione che si può determinare in presenza di:  
- “gas e vapori infiammabili (metano, acetilene, propano, butano, xilolo, benzene, ecc.);  
-liquidi infiammabili (benzine e solventi idrocarburici);  
-polveri aerodisperse ad alta concentrazione (farine nei silos, segatura/polveri di legno);  
-eccesso di O2 o di ossidanti in genere (causa di violenta ossidazione di sostanze grasse o oleose, nitrato di ammonio con paglia o trucioli di legno; a livello del 24% di O2, i capi di vestiario possono subire combustione spontanea);  
-macerazione o decomposizione di sostanze organiche con autoriscaldamento fino al raggiungimento della T di autoaccensione”. 
 
Il rischio di incendio e esplosione può essere inoltre correlato alla presenza di gas:
- “collettori fognari, vasche e fosse biologiche;
- serbatoi stoccaggio liquami (biogas prodotto dalla fermentazione batterica di rifiuti, vegetali, liquami di fognatura e zootecnici, materiale organico in decomposizione); presenza di metano che può variare dal 50% all’80 %;
- silos e serbatoi: il tipo di gas è funzione delle sostanze presenti o introdotte (residui di materiale stoccato, residui di lavaggio e pulitura);
- impiego di gas pesanti (densità maggiore di 0,8 rispetto all’aria) in ambienti depressi e ristagnanti, come il propano/butano (gpl) usato come propellente nell’impiego di prodotti sanificanti o disinfettanti”.
E alla presenza di polveri:  
- silos e serbatoi di stoccaggio per polveri alimentari farine, amido, ecc.), chimiche (resine, detergenti, farmaceutiche), metallurgiche (Al, Mg);
- strati e accumuli sono possibili sorgenti di nubi, sollevate da spostamenti e movimenti di aria. Le nubi possono esplodere in presenza di sorgente di accensione;
- uno strato di 0,8 mm di polvere combustibile depositato su una superficie maggiore del 5% del pavimento di un locale rappresenta un pericolo di esplosione (National Fire Protection Agency)”. 
 
Ricordiamo, per concludere, che si ha rischio di esplosione se è presente “una sorgente d’innesco efficace, ossia con un’energia sufficiente ad accendere la miscela infiammabile”. Ed esistono diversi tipi di sorgenti d’innesco: “scariche elettrostatiche; scariche elettriche; scariche atmosferiche; scintille di origine meccanica; fiamme libere; onde elettromagnetiche; superfici calde; reazioni esotermiche”.
 
 
Ambienti confinati e rischi derivanti da sostanze e atmosfere pericolose”, Dott.ssa Liliana Frusteri, INAIL - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione, intervento al convegno “Ambienti confinati e rischi per la salute e sicurezza” (formato PDF, 405 kB).
 
 
 
 
Tiziano Menduto


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