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Criticità, limiti ed efficacia della promozione della salute nelle aziende

Criticità, limiti ed efficacia della promozione della salute nelle aziende

Un intervento si sofferma sulla Health Equity Audit dei programmi di promozione della salute nelle aziende. L’adesione volontaria, le piccole aziende, i lavori itineranti, l’efficacia degli interventi e i percorsi formativi.

 

Milano, 31 Lug – L’Health Equity Audit (HEA) è un processo di valutazione che serve a identificare quanto equamente servizi e risorse siano distribuiti in relazione ai bisogni di salute e, di conseguenza, a individuare le azioni prioritarie da mettere in campo.

Affrontando alcuni aspetti di questo processo in relazione ai programmi di promozione della salute e partendo dai contesti territoriali e dalle esperienze di ASL e ATS, ci soffermiamo oggi sulle criticità e gli elementi di successo o insuccesso degli interventi di promozione messi in atto nei luoghi di lavoro.


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Al tema della promozione della salute, del processo di valutazione HEA e ai percorsi formativi correlati, è dedicato un intervento al workshop “ Promuovere la salute contrastando le disuguaglianze” che si è tenuto a Milano il 5 luglio 2017, organizzato dalla Direzione generale Welfare della Regione Lombardia e da Eupolis-Accademia di formazione per il SSL (servizio sociosanitario lombardo).

 

Aspetti e criticità della promozione della salute nelle aziende

Nell’intervento “Health Equity Audit dei programmi di promozione della salute del Piano Regionale di Prevenzione: il percorso formativo e i suoi esiti”, a cura di M. Marra, S. Olivadoti, E. Ripamonti, A. Russo, G. Silvestrini e M. Stroscia, sono riportate innanzitutto indicazioni sulle attività di ricerca-azione per “partire dai contesti territoriali delle ATS” lombarde e far emergere successi, criticità, approcci e culture “rispetto alla promozione della salute in ambienti di lavoro (programma WHP) e al tema delle ‘disuguaglianze di salute’”.

 

La ricerca-azione ha messo in luce 7 nuclei tematici

  • “controllo/promozione ATS;
  • volontarietà aziendale;
  • dimensione aziendale;
  • settore occupazionale;
  • aree del programma WHP;
  • sinergia WHP-conciliazione;
  • diversità d’impatto delle azioni”. 

 

Ci soffermiamo su alcuni nuclei tematici che possono offrire significative informazioni per migliorare la presentazione e l’attuazione dei programmi per promuovere la salute nelle aziende.

 

Ci si chiede, ad esempio, se l’adesione volontaria al programma da parte delle aziende sia una positività e/o un limite.

Si tratta di una volontarietà “che mostra un doppio-volto. Da una parte segnala l’interesse e la motivazione da parte dell’azienda e, di conseguenza, un certo livello di energia e di ingaggio iniziale. Dall’altro lato, però, si tratta di una volontarietà che risulta premiante per le aziende già sensibili e non interpella le imprese meno informate e predisposte ad un impegno nell’ambito della promozione della salute”. E ci si è interrogati “rispetto all’impatto di questo elemento del programma in termini di equity, chiedendosi se non sia proprio questo un primo fattore di disuguaglianza rispetto ai lavoratori e alle lavoratrici inserite in aziende non motivate (o disinformate o distratte)”. 

 

Piccole aziende, lavori itineranti ed efficacia degli interventi

Un altro aspetto affrontato nella ricerca-azione riguarda le piccole aziende.

Se il programma WHP è adatto a aziende medio-grandi e poco implementabile in situazioni di piccole dimensioni, emerge il rischio di “escludere dalle proposte un grande numero di lavoratori. Come raggiungere un mondo del lavoro polverizzato e altamente frammentato sul territorio, non di rado svantaggiato rispetto agli standard di qualità che si trovano nelle grandi aziende? 

 

Se il programma è poi basato sul presupposto del luogo di lavoro, “come promuovere salute con lavoratori itineranti, mobili e discontinui”?

Si tratta, in questo caso, di “settori in cui di dipendenti non sono nel ‘luogo di lavoro’, o meglio, in cui il luogo di lavoro è esterno alla sede dell’azienda”.

Analogamente ci si è chiesti nella ricerca-azione “come attuare programmi di promozione della salute con personale stagionale. Gli operatori si sono inoltre interrogati su come adattare il programma alla luce dei cambiamenti del mercato del lavoro, quale può essere il loro ruolo e supporto, soprattutto in contesti in cui la crisi economica con le ricadute sul lavoro si è fatta più sentire. Spesso i lavoratori occupati in questi settori hanno un basso livello d’istruzione, contratti precari e spesso sono migranti”. 

 

In relazione poi al programma WHP (Work Health Promotion), come aumentare l’efficacia dell’impatto del programma nelle aziende?

Si indica che “molte sono le esemplificazioni che riguardano la sana e corretta alimentazione e l’ attività fisica. Nel campo dell’alimentazione sono state citate azioni riguardanti l’informazione alimentare, i menù delle mense, le convenzioni con bar e trattorie per il ‘pasto sano’ (in assenza di mense), l’introduzione di snack salutari nei distributori automatici presenti in azienda. Anche sul fronte dell’attività fisica sono stati condivisi molti esempi: dall’allestimento di palestre aziendali alla convenzione con strutture sportive esterne, dall’introduzione di buone pratiche di mobilità (bike to work) all’organizzazione di corsi sportivi di gruppo. Sono emerse molto meno attività riguardanti la tematica del fumo di sigaretta e le dipendenze”.

 

Nella ricerca azione è stato poi indicato che l’impatto delle azioni di promozione della salute, in ambiente di lavoro, varia in base alle caratteristiche del target.

Infatti in alcuni incontri territoriali “è stato fatto notare, sulla base dell’analisi di alcune esperienze concrete, un impatto differente delle stesse azioni di promozione della salute in base alle caratteristiche dei lavoratori: in particolare il livello occupazionale, il livello d’istruzione, il genere e le caratteristiche etnico-nazionali”.

 

Percorsi formativi e strumenti operativi

La relazione si è poi soffermata sugli idonei percorsi formativi per sviluppare conoscenze e approcci pertinenti in queste materie a partire da quanto emerso dalla fase di ricerca-azione sul territorio.  

 

Questi i punti di forza emersi dal laboratorio su Health Equity Audit:

  • “Interesse per lo strumento dell’HEA;
  • Apprezzamento per il lavoro in gruppo e il confronto tra competenze e professioni diverse;
  • Key message: necessità di valutare il contesto in cui si opera (anche dal punto di vista epidemiologico);
  • Key message: possibilità di lavorare in direzione dell’equità qualunque sia il ruolo e il livello organizzativo in cui si opera”. 

Queste invece le criticità:

  • “Utilità di un confronto con i livelli organizzativi più alti (programmazione);
  • Limiti dettati dalle modalità organizzative entro cui si articola il lavoro nelle strutture e dipartimenti di prevenzione”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale dell’intervento che offre ulteriori spunti di riflessione relativi ai percorsi formativi e si sofferma anche sui sistemi informativi socio-sanitarie e sulla possibilità di predisporre strumenti operativi coerenti.

 

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Health Equity Audit dei programmi di promozione della salute del Piano Regionale di Prevenzione: il percorso formativo e i suoi esiti”, a cura di M. Marra, S. Olivadoti, E. Ripamonti, A. Russo, G. Silvestrini e M. Stroscia, intervento al workshop “Promuovere la salute contrastando le disuguaglianze” (formato PDF, 435 kB).



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