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D.Lgs.231/01 a seguito di infortuni sul lavoro: recenti sentenze

D.Lgs.231/01 a seguito di infortuni sul lavoro: recenti sentenze
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

05/08/2015

Applicata la responsabilità degli Enti per risparmio dei costi legati a consulenze, formazione, appalti e per la velocizzazione delle attività produttive. Il termine di prescrizione delle sanzioni 231 e le sentenze di patteggiamento. Di Anna Guardavilla.



Alcune recenti sentenze della Cassazione sul D.Lgs.231/01 forniscono utili esempi di come la cosiddetta “colpa organizzativa”, che rappresenta il concettuale presupposto per l’applicazione della responsabilità amministrativa alle persone giuridiche, possa concretamente manifestarsi nella realtà aziendale allorché si risparmi sulla sicurezza per anteporre a quest’ultima esigenze di produzione, e di come tale colpa di organizzazione possa essere poi ricostruita e valutata a seguito di un infortunio sul lavoro.
Altre sentenze altrettanto recenti, inoltre, si pronunciano sul termine di prescrizione delle sanzioni amministrative previste dal D.Lgs.231/01 a carico dell’azienda e sulle sentenze di patteggiamento in caso di applicazione di sanzioni su richiesta da parte della persona giuridica ai sensi del decreto 231.  
 

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1) Il risparmio di spesa e lo “sveltimento dell’attività lavorativa “favorita” dalla mancata osservanza della normativa cautelare”: Cassazione Penale, Sez. IV, 16 luglio 2015 n. 31003
 
Il caso
 
Il datore di lavoro di una S.p.a. e la S.p.a stessa quale persona giuridica sono stati condannati a seguito di un infortunio sul lavoro (frattura alla mano di un lavoratore): il primo per lesioni personali colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche e la seconda ai sensi del D.Lgs.231/01 (art. 25-septies).
In particolare, mentre con un collega era intento ad effettuare un’operazione di scarico di una grande e pesante bobina di carta (operando l’altro lavoratore sulla consolle di comando del macchinario che comandava la discesa della bobina, mentre il lavoratore infortunato provvedeva all’effettuazione manuale dello sgancio dei mandrini che fissavano l’albero della bobina alla macchina), quest’ultimo era rimasto con la mano schiacciata sotto la bobina, avendo il collega già provveduta all’operazione di sgancio.
 
Veniva rintracciata una colpa del datore di lavoro, “che aveva consentito che a curare l’operazione fossero due lavoratori, come in astratto possibile, ma senza installare sul macchinario un dispositivo di sicurezza [quale quello poi fatto installare dagli organi di vigilanza] cioè un sistema di doppi comandi tale da consentire lo sgancio della bobina solo con l’esplicito consenso dei lavoratori.”
 
Per quanto riguarda la condotta del lavoratore, la Corte osserva che “l’evento, pur in astratto riconducibile a manovra erronea di uno dei due lavoratori, non poteva considerarsi evento eccezionale, siccome comunque verificatosi nell’ambito delle ordinarie mansioni lavorative.”
 
E ribadisce qui, la Cassazione, come da giurisprudenza costante, il “principio secondo cui la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute” (Sezione IV, 25 giugno 2014, Brancaccio).
Ciò perché si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell’abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l’osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore (cfr. Sezione IV, 5 giugno 2008 , Stefanacci ed altri ; nonché, Sezione feriale, 12 agosto 2010 , Mazzei ed altro).”
 
La responsabilità dell’Azienda ai sensi del D.Lgs.231/01
 
Riguardo alla responsabilità della Società per Azioni ai sensi del D.Lgs.231/01, la Cassazione considera fondato “l’addebito anche a carico dell’ente che comunque aveva tratto un vantaggio dalla predisposta modalità di organizzazione del lavoro, sul rilievo che fosse "congeniale alle modalità della produzione scelte nel suo interesse, l’esposizione a tale rischio del proprio lavoratore”.
 
A fronte del ricorso presentato dalla S.p.a, che sosteneva che “un comportamento occasionale del lavoratore non potrebbe mai fondare la responsabilità dell’ente”, la Corte specifica che “è principio ormai consolidato quello secondo cui, in materia di responsabilità amministrativa ex art. 25 septies d.lgs. 231/2001, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale [cfr. autorevolmente, per utili spunti, Sezioni unite, 24 aprile 2014, Espenhahn ed altri].
In altri termini, nei reati colposi l’interesse/vantaggio si ricollegano al risparmio nelle spese che l’ente dovrebbe sostenere per l’adozione delle misure precauzionali ovvero nell’agevolazione [sub specie, dell’aumento di produttività] che ne può derivare sempre per l’ente dallo sveltimento dell’attività lavorativa “favorita” dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, tale attività avrebbe “rallentato” quantomeno nei tempi.”
 
Nel caso di specie, “l’addebito colposo è stato basato anche e soprattutto nel non aver predisposto quel dispositivo di sicurezza, poi imposto dagli organi di vigilanza. Ciò che consente di ricondurre l’omissione originaria ad un risparmio di spesa che, satisfattivamente fonda l’ipotesi dell’interesse/vantaggio di cui all’articolo 5 [del D.Lgs.231/01, n.d.r.].”
 
2) La mancanza di una “strategia organizzativa globale” (Risparmio di costi per consulenze, formazione e informazione dei lavoratori, mancanza di DUVRI, mancata attuazione di misure indicate nel DVR): Cassazione Penale, Sez. IV, 29 aprile 2015, n. 18073
 
Il caso
 
In questo caso è stata confermata la condanna dell’amministratore delegato di una S.p.a. e del direttore dello stabilimento in cui si era verificato l’infortunio, colpevoli di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni, a seguito della morte di un lavoratore dipendente di una Cooperativa, appaltatrice dei servizi di raccolta e accatastamento dei filati di lamierino realizzati all’interno dello stabilimento.
In particolare, il lavoratore una sera, durante la pausa per la cena, venne trovato privo di vita nel reparto tranceria, accartocciato su se stesso, sul nastro trasportatore posto sotto le presse.
 
La Corte ha confermato anche la condanna della S.p.a., quale persona giuridica, ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs.231/01 e la conseguente sanzione amministrativa a carico della società di € 130.000,00 (come ridotti in appello a partire dall’originaria cifra di 180.000,00 euro stabilita in primo grado).
 
Tra i profili di colpa specifica a carico delle persone fisiche indicate sopra vi era il “non aver adottato le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica del lavoratore, non disponendo l’arresto del nastro mobile durante la pausa dal lavoro per il pasto e non approntando un apposito sportello controllato da dispositivo elettromeccanico di blocco del motore del convogliatore delle palette e di non aver provveduto alla chiusura dell’imboccatura posteriore delle presse, in particolare di quella n. 6, nonostante tale esigenza fosse prevista nel documento di valutazione dei rischi del 2007.”
 
A loro carico, vi erano inoltre “la violazione degli artt. 18, comma 1, lett. h), 26, comma 3; 37, comma 4, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per aver omesso di promuovere la cooperazione e il coordinamento tra la S.p.a. e la Cooperativa […] per la redazione di un unico documento di valutazione dei rischi e per l’assunzione dei provvedimenti necessari a eliminare o ridurre i rischi da interferenze e per non aver adempiuto agli obblighi di informazione e formazione dei dipendenti della Cooperativa […] sui rischi specifici legati alle attività svolte e all’ambiente di lavoro.”
 
La responsabilità dell’Azienda ai sensi del D.Lgs.231/01
 
Ritenendo sussistente il presupposto per l’applicazione della responsabilità amministrativa a carico della S.p.a. (l’interesse o il vantaggio dell’ente alla commissione del reato compiuto dalla persona fisica), la Cassazione ha ritenuto che esso fosse rintracciabile nel “consistente risparmio di costi, in particolare relativi alle consulenze in materia, gli interventi strumentali necessari, nonché alle attività di formazione e informazione del personale.”
 
Non è risultata rilevante, a parere della Corte, la “spesa irrisoria sostenuta [dalla S.p.a., n.d.r.] per l’applicazione, successivamente al sinistro, di griglie, rilevando trattarsi solo del momento finale di un «percorso di attuazione di una strategia organizzativa globale all’epoca mancante e successivamente instaurata, richiedente un importante impegno di spesa».”
 
 
3) L’applicazione della pena su richiesta (il patteggiamento dell’Azienda): Cassazione Penale, Sez. VII, 10 luglio 2015, n. 29333
 
Un breve cenno a una recente sentenza (che affronta un tema strettamente tecnico-giuridico ma che può comunque essere di interesse), frutto del ricorso da parte di una società di costruzioni (una S.r.l.) avverso una sentenza del Tribunale che, in applicazione della congiunta richiesta del pubblico ministero e della Società ricorrente, aveva applicato a quest’ultima una sanzione ai sensi del D.Lgs.231/01 in relazione al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della sicurezza sul lavoro dall’amministratore unico.
In particolare, la Società ricorrente aveva censurato la sentenza impugnata per vizio di motivazione, “avendo il tribunale […] confermato la responsabilità della stessa in assenza dei necessari presupposti di legge.”
Qui il tema riguarda la motivazione della sentenza in relazione all’assenza di cause di non punibilità.
 
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso chiarendo che “in conformità al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte formatosi in relazione all’applicazione di sanzioni penali ex art. 444 c.p.p. [1], anche con riguardo all’applicazione di sanzioni su richiesta a carico degli enti (ai sensi del d.lgs. n.231/2001), nella motivazione della sentenza, ai fini dell’attestazione della responsabilità dell’ente per il reato allo stesso contestato, il richiamo all’art. 129 c.p.p. [“Obbligo della immediata declaratoria  di  determinate  cause  di  non punibilità” [2], n.d.r.] è sufficiente a far ritenere che il giudice, a fronte della congiunta richiesta avanzata dalle parti in ordine l’applicazione della sanzione concordata, abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (cfr., al riguardo, Cass., n. 6455/2011, Rv 252085).”
 
Dunque, aggiunge la Corte, “il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art.129 c.p.p. dev’essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità […]”.
 
4) Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative previste dal D.Lgs.231/01: Cassazione Penale, Sez. VI, 30 aprile 2015, n.18257
 
Concludiamo con l’unica sentenza, tra quelle prese in esame, in cui non si è proceduto nei confronti dell’Azienda ai sensi del D.Lgs.231/01 a seguito di un infortunio sul lavoro bensì a seguito di reati dolosi.
 
In ogni caso, con questa pronuncia la Corte ricorda che “la L. n. 300 del 2000, art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) […] espressamente dispone di “prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle lettere a), b), c) e d) e che l’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile”.
Conseguentemente, specifica la Cassazione, “le disposizioni del decreto legislativo [231/01, n.d.r.] (art. 22) sono conformi a tale previsione disciplinando la prescrizione in modo diverso rispetto alla prescrizione penale - del resto, se non vi fosse ottemperanza alla previsione della applicabilità della disciplina del codice civile scatterebbero le conseguenze della contrarietà alla legge delega.”
 
 
 
 
 
 
 
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
 

 


[1] Art. 444 c.p.p.: “Applicazione della pena su richiesta”.
[2] Art. 129 codice di procedura penale: “Obbligo della immediata declaratoria  di  determinate  cause  di  non punibilità.
1. In ogni stato  e  grado  del  processo,  il  giudice,  il  quale riconosce che il fatto non  sussiste  o  che  l'imputato  non  lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è  estinto  o  che  manca  una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza.
2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione  o  di non luogo a procedere con la formula prescritta.”




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Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
06/08/2015 (17:19:17)
Un articolo prezioso e illuminante, sul lento decollo dei procedimenti in materia di colpa organizzativa d'impresa ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, e sul concetto di colpa dell'ente, riconducibile ad una strategia contra legem che ha come obiettivo non la massima sicurezza tecnica, organizzativa e procedurale di cui all'art. 2087 del Codice Civile, ma bensi un "consistente risparmio di costi, in particolare relativi alle consulenze in materia, gli interventi strumentali necessari, nonché alle attività di formazione e informazione del personale”. Le aziende vanno informate dell'approccio giurisprudenziale che punisce chi risparmia in modo inappropriato sulla sicurezza.
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
21/08/2015 (09:13:25)
Da leggere e rileggere... anzi da studiare.
Cordiali saluti
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
21/08/2015 (09:42:47)
Articolo molto chiaro e ben fatto..

Ci sono anche sentenze di assoluzione nella giurisprudenza penale di merito.
Sono difficili da trovare ..... ma ci sono.
Rispondi Autore: Roberto Marasi - likes: 0
23/08/2015 (10:35:41)
La sentenza è molto chiara, tuttavia tutto questo non è chiaro a molti datori di Lavori
Rispondi Autore: Roberto Marasi - likes: 0
23/08/2015 (11:14:41)
La sentenza è molto chiara, tuttavia tutto questo non è chiaro a molti datori di Lavori

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