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Come garantire la sicurezza dei sistemi di sollevamento sui ponteggi?

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

13/12/2010

Cassazione: il datore di lavoro è tenuto ad assicurarsi che il sistema di sollevamento con carrucola a mano in uso nei cantieri edili sia idoneo con riferimento all’eventuale possibile sganciamento e caduta del carico sui lavoratori. A cura di G. Porreca.


 
 
Commento a cura di G. Porreca
 
La Corte di Cassazione penale in questa sentenza si è espressa sulla idoneità di una operazione molto diffusa nei cantieri temporanei o mobili e cioè quella di sollevare i componenti di un ponteggio a mezzo di carrucola a mano e fune munita di gancio, operazione che deve comunque essere svolta garantendo l’impossibilità dello sganciamento del carico e che lo stesso, in tal caso, non cada sui lavoratori i quali devono in ogni caso far uso del necessario dispositivo di protezione individuale consistente nell’elmetto (casco) di protezione.


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Il caso.  
 
Il legale rappresentante di una ditta edile, svolgente attività di montaggio e smontaggio di ponteggi, è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale per rispondere del reato di cui all' articolo 589 c.p. comma 2 perché, per colpa, cagionava la morte di un lavoratore dipendente della ditta stessa non osservando alcune norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In particolare il lavoratore si trovava in un cantiere edile installato presso un istituto tecnico industriale statale per effettuare l'allestimento di un ponteggio in corrispondenza della facciata dell'edificio e procedeva ad issare i piani di calpestio in metallo facendo uso di una carrucola e di una fune con gancio per farli giungere fino alla sommità del ponteggio dove altri colleghi provvedevano a sganciarli per poi montarli. Durante le operazioni di sollevamento uno di questi piani di calpestio, giunto quasi a destinazione durante la salita, si sganciava, verosimilmente a causa di urto con la struttura del ponteggio, e cadendo da un'altezza di circa 12-13 metri colpiva alla testa il lavoratore che si trovava in corrispondenza della perpendicolare del carico, il quale riportava lesioni gravissime che ne determinavano successivamente il decesso.
 
     Le violazioni contestate ed il ricorso in Cassazione.
 
Al legale rappresentante della ditta veniva contestata la violazione dell’articolo 35, comma 4 ter, lettera a) del D. Lgs. n. 626/1994, in quanto il metodo e l'attrezzatura utilizzati per sollevare i piani di calpestio del ponteggio, mediante carrucola a mano, non erano idonei ad evitare la caduta del carico tenendo conto del carico da movimentare, dei punti di presa e del dispositivo di aggancio, nonché dell’articolo 186 del D.P.R. n. 547/1955 in quanto, durante il montaggio del ponteggio, le manovre per il sollevamento dei piani di calpestio non erano state disposte in modo da evitare il passaggio di carichi sospesi in corrispondenza dei lavoratori ed ancora dell’articolo 4, comma 5, lettera f) del D. Lgs. n. 626/1994 in quanto il datore di lavoro non aveva richiesto l'osservanza delle norme di sicurezza da parte dei lavoratori ed in particolare l'utilizzo del DPI (elmetto a protezione del capo richiesto dall’art. 381 del D.P.R. n. 547/1955) e dell’articolo 22 del D. Lgs. n. 626/1994 per non aver assicurato che ciascun lavoratore ricevesse una formazione adeguata in materia di sicurezza e salute sul lavoro.
Il Tribunale,  in composizione monocratica, aveva dichiarato l’imputato responsabile dei reati ascrittigli e lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione (pena condonata) oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.
Avverso la decisione del Tribunale il difensore dell'imputato ha fatto ricorso prima alla Corte di Appello, che ha confermata la condanna, e quindi alla Corte di Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza stessa con o senza rinvio.  Secondo il ricorrente la Corte di Appello era giunta erroneamente alle sue conclusioni in quanto aveva ritenuto che il sistema di aggancio delle pedane utilizzato nel cantiere in cui è avvenuto il tragico infortunio non fosse sicuro e che il rispetto delle norme in materia di prevenzione degli infortuni avrebbe dovuto comportare l'adozione di un’altra modalità di sollevamento delle pedane che avrebbe determinato certamente una maggiore sicurezza. Per evitare inoltre che il lavoratore infortunato sostasse sotto la zona di carico sarebbe stato necessario, secondo la Corte di Appello, predisporre una idonea delimitazione. Ad avviso dell’imputato i giudici della stessa Corte territoriale non avevano adeguatamente valutate, altresì, le osservazioni del consulente tecnico di parte il quale aveva riferito di avere esaminato il gancio e la corda della carrucola, di averne riscontrato la regolarità e di avere altresì accertato nella carrucola l'esistenza di un sistema di sicurezza, e non avevano neppure adeguatamente valutate le dichiarazioni di un teste che aveva affermato che il gancio utilizzato era dotato di sicura.
Non venivano, inoltre, ritenute condivisibili dall’imputato le conclusioni alle quali erano pervenuti i giudici di appello con riferimento alla violazione dell’articolo 186 del D. P. R. n. 547/1955, atteso che nella circostanza era stato creato un apposito passaggio che permetteva di effettuare le operazioni necessarie al posizionamento del ponteggio senza transitare nella zona in cui veniva effettuato il sollevamento delle pedane, per cui, sulla base delle prove assunte nel corso del processo, non si poteva dire accertato, secondo l’imputato, con il grado di certezza richiesto dall'articolo 40 c.p., comma 2, il nesso di causalità tra le contestate omissioni e il decesso del lavoratore dipendente
 
     Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
La Corte di Cassazione ha ritenuto palesemente infondati i motivi addotti dai difensori dell’imputato nel ricorso ed ha dichiarato lo stesso inammissibile. La suprema Corte ha condivise le conclusioni della Corte di Appello ed ha escluso, con riferimento all'esistenza del nesso causale tra la condotta posta in essere dall'imputato e l'infortunio sul lavoro che ha causato il decesso del lavoratore infortunato, che il gravissimo incidente dovesse ascriversi ad una tragica fatalità o comunque ad una gravissima imprudenza da addebitarsi al lavoratore. La stessa Corte ha, infatti, osservato che, così come risulta dalle dichiarazioni del teste e dai rilievi fotografici, il gancio della fune era infilato ad una semplice sporgenza della tavola e che lo stesso non era costituito da un anello chiuso che potesse impedirne la fuoriuscita avendo invece il punto di aggancio un'apertura che, a causa dell'oscillazione del carico, non ha impedito al gancio stesso di uscire fuori determinando la caduta del pesante carico che ha colpito il lavoratore causandone il decesso.
Secondo la Sez. IV “la responsabilità dell'imputato con riferimento all'accaduto era chiara, sia se si fosse ritenuto che la tavola nella fase terminale di sollevamento avesse urtato il ponteggio, sia che vi fosse stato un eccessivo ‘tirotto’ a fine corsa della fune verso la carrucola del collega che operava dal basso con la collaborazione della vittima, in quanto tali eventi non erano imprevedibili, ma dovevano essere considerati e prevenuti (dall’imputato), perché idonei a provocare il pericolosissimo sganciamento del pesante carico, non assicurato in modo idoneo”. “Non poteva certo esimere da responsabilità il datore di lavoro che utilizzava un così rischioso sistema di carico”, prosegue la suprema Corte, “la semplice prescrizione orale data ai lavoratori di non sostare nelle zone di carico, in quanto, in tale contesto, non poteva certo ritenersi che la presenza dei lavoratori in tali zone potesse considerarsi un evento eccezionale, tale da interrompere il nesso di causalità”.
Pertanto”, ha concluso la Sez. IV, con riferimento alla contestata illogicità della motivazione nella sentenza della Corte di Appello, “né rispetto ai capi né rispetto ai punti della sentenza impugnata, né rispetto all'intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione”.
 
 
 
 
 


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