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Rumore: conseguenze dell’esposizione e valutazione del rischio

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Attività estrattive, minerali

09/05/2011

Alcune indicazioni tratte dalla guida europea di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE. I dati, i livelli di esposizione, l’aumento dei rischi di infortuni lavorativi, il rumore costante, la valutazione del rischio.

Rumore: conseguenze dell’esposizione e valutazione del rischio

Alcune indicazioni tratte dalla guida europea di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE. I dati, i livelli di esposizione, l’aumento dei rischi di infortuni lavorativi, il rumore costante, la valutazione del rischio.

 
Bruxelles, 9 Mag - I problemi all’udito causati dal rumore nei luoghi di lavoro sono la causa di una delle più frequenti malattie professionali in Europa, l’ ipoacusia.
Per parlare di questo rischio, spesso sottovalutato anche dagli stessi lavoratori, PuntoSicuro presenta un documento prodotto qualche anno fa dalla Commissione europea - Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità.
Parliamo della “Guida non vincolante di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE”, guida completata prima dell’emanazione in Italia del Decreto legislativo 81/2008, ma ancora ricca di suggerimenti e indicazioni utili alle aziende e ai lavoratori.
 
Nella prefazione della guida si ricorda che i dati raccolti da Eurostat nel quadro delle “Statistiche europee delle malattie professionali” (EODS) indicano che “nel 2005 si sono registrati in Europa (UE 15) circa 14 300 casi di perdita dell’udito dovuta al rumore, il che equivale a 9,5 casi ogni 100 000 lavoratori”. E va sottolineato che, fra questi casi, “circa il 98% riguarda individui di sesso maschile, impiegati per il 73% nelle industrie di trasformazione, nel settore minerario e in quello edilizio”.
Tuttavia altre indagini europee sulle condizioni di lavoro indicano che “il 20% circa dei lavoratori europei sono esposti, per almeno metà dell’orario di lavoro, a livelli di rumore così alti da costringerli a gridare per farsi sentire dai colleghi”. E un’esposizione continuata “comporta per i lavoratori colpiti da perdita dell’udito una serie di limitazioni e inabilità, ne limita le occasioni di mobilità, nuova assunzione o anche solo di cambio di lavoro, senza considerare gli aspetti negativi sulla loro qualità di vita, con la conseguente emarginazione sociale”. Tra l’altro “il rumore in generale aumenta i rischi di infortunio sul luogo di lavoro, in ragione delle difficoltà comunicative legate all’attività svolta”. Ai problemi di perdita dell’udito si aggiunge poi che “il rumore causa problemi psicosociali come stress e ansietà”.
 
Per ridurre i casi di perdita dell’udito dovuta al rumore nel febbraio 2003 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2003/10/CE sui lavoratori esposti ai rischi derivanti dal rumore, che ha sostituito la precedente direttiva 86/188/CEE, mettendo a disposizione mezzi concreti ed efficaci per realizzare questo impegno.
E la presente guida non vincolante, redatta in conformità della direttiva 2003/10/CE, “vuole assistere le imprese, specialmente quelle piccole e medie, e tutte le persone che si occupano di prevenzione dei rischi professionali nell’attuazione delle disposizioni della direttiva stessa”.


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La guida risponde, con molti esempi pratici, a semplici domande. Ad esempio al perché sia necessario ridurre l’esposizione al rumore:
- “causa sordità irreversibile. Quali sono gli effetti sulla vita professionale? Come gestire le conseguenze per la vita privata?
- impedisce di concentrarsi, riducendo il rendimento;
- causa stress, riducendo le capacità professionali;
- minaccia la salute, poiché risulta difficile sentire gli avvertimenti;
- dà una cattiva immagine dell’impresa, in particolare ai potenziali dipendenti e al pubblico;
- impedisce la comunicazione fra i lavoratori”.
 
Dopo aver fornito elementi di acustica la guida affronta ilivelli di esposizione.
Per valutare gli effetti dannosi del rumore su una persona si usa ad esempio una grandezza detta esposizione sonora ponderata:
- “gli effetti dannosi del rumore per l’udito dipendono dalla quantità dell’energia sonora assorbita dalle orecchie di una persona e quindi da parametri quali il livello di pressione acustica del rumore e la durata dell’esposizione;
- nello svolgimento della sua attività, un lavoratore può essere esposto a rumore a diversi livelli di pressione acustica, per periodi di tempo differenti;
- ecco perche la valutazione degli effetti dannosi del rumore fa riferimento a una giornata lavorativa nominale di 8 ore o a una settimana lavorativa nominale di cinque giorni di lavoro di 8 ore”;
- “l’esposizione è una grandezza corrispondente alla quantità di energia sonora assorbita, e a volte è chiamata anche ‘dose di rumore’”.
In particolare la guida ricorda che gli effetti del rumore su una persona “possono essere confrontati all’esposizione al sole: un bagno di sole fatto in modo ragionevole non causa effetti indesiderati, mentre un’esposizione eccessiva a raggi forti causa facilmente scottature. Si ha lo stesso effetto quando la persona si espone a raggi deboli per un periodo prolungato, in ragione della quantità di energia solare assorbita dalla pelle durante tale intervallo di tempo. Anche l’esposizione al rumore funziona così: la benché minima esposizione a un rumore con un livello elevato di pressione acustica causa danni all’udito, e così l’esposizione a un rumore di livello basso per un lungo periodo di tempo”.
La guida indica anche esempi del livello di pressione acustica continuo equivalente ponderato A del rumore non costante, cioè  il “livello di pressione acustica ponderato A del rumore costante che causerebbe lo stesso effetto su una persona del rumore per cui calcoliamo il livello di pressione acustica continuo equivalente ponderato A”.
Ad esempio “nelle prime tre ore di lavoro, un lavoratore è stato esposto a un livello di rumore pari a 85 dB(A). Nelle quattro ore successive ha lavorato in un ambiente silenzioso [60 dB(A)] e nell’ora ancora successiva ha lavorato su una macchina che produce rumore a un livello di pressione acustica di 100 dB(A). Il livello di pressione acustica continuo equivalente ponderato A delle 8 ore di lavoro equivale quindi a 91 dB(A)”.
 
Riguardo poi alla possibilità che il rumore possa favorire gli incidenti professionali, la guida ricorda che:
- “un fenomeno caratteristico che si verifica in presenza di rumore consiste nel non udire i suoni più deboli del rumore stesso. Questo fenomeno si chiama mascheratura del suono (sound masking)”;
- la mascheratura del suono è molto pericolosa in quei luoghi di lavoro in cui il personale deve poter sentire gli avvertimenti relativi ai potenziali pericoli (ad es. le macchine o le loro parti mobili), oppure deve poter obbedire a istruzioni verbali, in quanto può far sì che un lavoratore non senta o riconosca i segnali di avvertimento, con conseguente infortunio;
- la mascheratura del suono influenza la comprensibilità delle parole, e un basso livello di comprensibilità può far travisare le istruzioni verbali, con conseguente infortunio;
- conformemente alle disposizioni delle direttive 2003/10/CE e 89/391/CEE, il datore di lavoro deve fare particolare attenzione, quando valuta i rischi, agli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni”.
 
Concludiamo questa breve presentazione con alcune indicazioni relative alla valutazione dei rischi.
Sappiamo che valutare i rischi è fondamentale per proteggere i lavoratori dai pericoli per la loro salute e sicurezza che derivano o possono derivare dall’esposizione al rumore.
In particolare la “valutazione del rischio individua i lavoratori esposti al pericolo da rumore e ne stabilisce il livello di esposizione”: l’obiettivo è individuare le “azioni necessarie quando sono raggiunti o superati i valori di esposizione che fanno scattare l’azione”.
 
Una valutazione del rumore può “semplicemente determinare se esista o meno un rischio.
Se è probabile che l’esposizione di un lavoratore al rumore raggiunga i valori inferiori che fanno scattare l’azione si rende necessaria una valutazione quantitativa della sua esposizione al rumore”.
 
Nella guida si affrontano, ad esempio, i controlli dell’udito e i controlli semplici per il rumore costante.
In questo caso “l’esposizione giornaliera è una funzione di livello e di durata. I controlli dell’udito contribuiscono a stimare il livello di rumore e aiutano il datore di lavoro a decidere se sia probabile che l’esposizione di un lavoratore oltrepassi il valore inferiore che fa scattare l’azione”.
Viene riportato l’esempio di un controllo dell’udito in un supermercato.
“Nella maggioranza dei reparti la normale conversazione è indisturbata, il che significa che non vi sono rischi. Nel reparto panetteria occorre gridare da vicino per sentirsi quando certe macchine sono in funzione. Le misurazioni effettuate nella panetteria con un fonometro semplice suggeriscono un possibile superamento del valore inferiore di esposizione che fa scattare l’azione. Si rende necessaria una valutazione più precisa per determinare se anche il valore superiore di esposizione che fa scattare l’azione sia oltrepassato”.
 
Concludiamo ricordando che, riguardo alla valutazione del rischio rumore, la guida offre informazioni su:
- controlli semplici dei livelli massimi di pressione acustica di picco; 
- pianificazione di una valutazione del rischio; 
- strumenti per la misurazione del rumore; 
- misurazione del rumore;
- valutazione dei risultati ottenuti. 
 
 
 
Commissione europea - Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità – Unità F4, “ Guida non vincolante di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE” (formato PDF, 5.92 MB).
 
 
 
Tiziano Menduto


Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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