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L’esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Attività estrattive, minerali

03/09/2008

Un documento Ispesl risponde ad alcune semplici domande: quali sono le lavorazioni più a rischio? Come si deve comportare il datore di lavoro? Quanti sono i lavoratori esposti in Italia?

L’esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro

Un documento Ispesl risponde ad alcune semplici domande: quali sono le lavorazioni più a rischio? Come si deve comportare il datore di lavoro? Quanti sono i lavoratori esposti in Italia?

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La Campagna informativa per la prevenzione dei tumori nei luoghi di lavoro per il biennio 2006-2008, nata con un accordo siglato dal Ministero della Salute e dall'Ispesl, vuole sviluppare un percorso informativo e di aggiornamento professionale che dia maggiore rilevanza al fenomeno dei rischi da esposizione ad agenti cancerogeni.
 
 
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Per questo motivo sono state realizzate diverse pubblicazioni inerenti a questi temi, parte delle quali abbiamo già incontrato in un precedente articolo di PuntoSicuro:
- la sorveglianza epidemiologica dei casi di tumore dei seni nasali e delle fosse paranasali;
- le Linee Guida per la rilevazione e la definizione dei casi di Mesotelioma maligno;
- la prevenzione per gli ex-esposti a cancerogeni occupazionali;
- gli strumenti per la sorveglianza e la prevenzione: S.E.R.I.C.O..
 
Ora vediamo di conoscere più da vicino un documento pubblicato nella sezione dei fact sheets: “Esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro”.
 
Il documento, di facile lettura, ricorda che “sono più di 400 gli agenti cancerogeni o potenzialmente cancerogeni per l’uomo identificati dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC)”.
 
Ma quanti sarebbero in Italia i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni?
Si stima che, riguardo ai cancerogeni noti, siano 4.2 milioni. Circa il 19% della forza lavoro!
Inoltre ogni anno vengono registrati circa 160.000 decessi per tumori e, secondo alcune stime epidemiologiche, di questi circa il 4% sarebbero tumori attribuibili ad esposizioni in ambito lavorativo.
 
Il documento risponde anche ad un’altra domanda: quali sono le lavorazioni nelle quali è più alto il rischio di esposizione ad agenti cancerogeni?
La risposta parte da alcune constatazioni riguardo alle specificità delle diverse forme tumorali.
Ad esempio “le neoplasie per le quali la componente di rischio attribuibile all’esposizione per motivi professionali è predominante sono il mesotelioma (tumore che insorge generalmente a carico della pleura in seguito ad esposizione a fibre aerodisperse di amianto) e il tumore delle cavità nasali (associate in larga misura all’esposizione professionale a polveri di legno o cuoio)”. Riguardo a questa seconda tipologia di neoplasie diversi studi “hanno rilevato nei falegnami, mobilieri e carpentieri in legno un eccesso di rischio”.
 
Inoltre nell’industria petrolchimica si è notata l’incidenza di varie patologie di tipo leucemico, associata all’esposizione a benzene: in questo caso “i rischi maggiori vengono affrontati dagli addetti ai processi di produzione, trasporto e utilizzazione del benzene nell'industria petrolifera, in relazione a versamenti o perdite accidentali di vapori o interventi di manutenzione degli impianti”.
Altra tipologia di lavorazioni a rischio sono poi quelle relative all’esposizione ai composti del cromo esavalente (neoplasie polmonari), “soprattutto nelle industrie produttrici di cromo, sia durante la produzione di composti cromati, che nei processi di saldatura, placcatura e verniciatura dei materiali metallici (trattamento e rivestimento dei metalli)”.
Ma un aumento del rischio di cancro ai polmoni e alla pelle dipende anche dall’esposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) spesso utilizzati sotto forma di miscele complesse, e derivanti principalmente da combustioni incomplete: “fonderie, raffinerie, produzione di coke, di asfalto, industria della gomma, della carta, produzione di energia”,...
Infine l’amianto, potente cancerogeno, che è stato “utilizzato in maniera estensiva in Italia fino alla fine degli anni ’80 soprattutto nei settori della cantieristica navale, della riparazione e manutenzione delle carrozze ferroviarie, dell’industria del cemento-amianto (eternit) e in edilizia”.
 
 
Registro degli esposti a cancerogeni
Il documento ricorda che il datore di lavoro deve istituire e aggiornare, attraverso il medico competente, un registro di esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni per i lavoratori per i quali la valutazione del rischio a questa esposizione ha evidenziato un rischio per la salute.
Le informazioni da registrare sono:
- l’attività svolta;
- l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato;
- il valore dell’esposizione a tale agente (ove noto).
 
I modelli da utilizzare, definiti dal D.M. n. 155 del 12 luglio 2007 e reperibili sul sito web dell’Ispesl dedicato al registro di esposizione, devono essere inviati in busta chiusa con dicitura “Registro Esposti Agenti Cancerogeni” all’Ispesl.
Il datore di lavoro consegna dunque copia del registro all’Ispesl ed all’organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute.
I dati dei registri di esposizione e delle cartelle sanitarie devono essere custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e tutela della riservatezza dei dati.
 
Per ulteriori approfondimenti si veda il testo del decreto 81/08 al punto:
CAPO II - PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI E MUTAGENI
Sezione III - SORVEGLIANZA SANITARIA
Articolo 243 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
 
- Fact sheet: “Esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro”, Ispesl (formato PDF, 299 kB).
 
 
Tiziano Menduto



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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