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Rischio biologico: infezioni emergenti, vaccini e medici competenti

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Agricoltura

10/06/2011

Una raccolta di relazioni affronta diversi temi correlati al rischio biologico. Le infezioni emergenti, le vaccinazioni, il settore sanitario, i rischi in agricoltura e zootecnia, gli operatori ecologici e i lavoratori all’estero.


Roma, 10 Giu - PuntoSicuro ha già presentato alcuni temi e relazioni del 73° Congresso Nazionale SIMLII  dal titolo “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, congresso che si è tenuto a Roma dal primo al 4 dicembre 2010.
Ad esempio abbiamo parlato dell’ educazione alimentare nei lavoratori, dell’ esposizione a radiazioni ottiche e dei dispositivi di protezione individuali.
Altre relazioni al convegno, raccolte con il titolo “ Rischio biologico e vaccinazioni” e pubblicate nel primo supplemento del numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, toccano tuttavia un altro tema interessante per i nostri lettori.
 
Nell’intervento “Malattie infettive: prevenzione e infezioni emergenti” – a cura di F. Grimaldi, A. Sancini, R. Giubilati (“Sapienza” Università di Roma, Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore) – si ricorda che “attualmente si stima che circa 15 milioni (>25%) dei 57 milioni di decessi per anno globali siano direttamente correlati con le malattie infettive, in questa stima tuttavia non vengono incluse le conseguenze tardive della malattia streptococcica o la cirrosi o l’epatocarcinoma correlate con l’infezione cronica da virus HCV/ HBV/HDV”.
E le epidemie “sono sicuramente conseguenze di dinamiche biologico-evolutive causate dall’uomo stesso. Un insieme di circostanze quali la crescita della popolazione mondiale, la maggior mobilità umana, lo sviluppo di nuove tecnologie in campo bio-medico, l’elevata incidenza d’immuno-depressione, il cambiamento delle pratiche agro-alimentari, della zootecnia, della catena di produzione alimentare intensiva, dello sviluppo di nuove sorgenti energetiche (biomasse), contribuiscono probabilmente alla diffusione di agenti infettivi”.
Inoltre gli “spazi lasciati vuoti dalle malattie infettive classiche tendono ad essere colmati da nuove ‘infezioni emergenti’ potenzialmente ad elevato rischio”.
Se l’emergere di nuove infezioni “non è un evento nuovo, nuova è invece l’accelerazione di nuove segnalazioni legate al rapido e continuo modificarsi del contesto epidemiologico”. E microrganismi “nuovi” possono “indurre quadri clinici particolarmente gravi in quanto operano su una popolazione scoperta da ogni forma di immunità”.
I relatori segnalano  un vasto settore per il quale è ipotizzabile “l’esistenza di un’esposizione a microrganismi potenzialmente pericolosi e che comprende i processi tecnologici a base biologica”. Si parla della biotecnologia, definita come l’applicazione dei principi della scienza e dell’ingegneria al trattamento di materiali mediante agenti biologici nella produzione di beni e servizi.
L’intervento affronta poi alcuni microrganismi patogeni per l’uomo come il virus RNA:HIV 1 e 2, il Coronavirus SARS-associato, il virus dell’encefalite West Nile, il virus Ebola e l’importanza dei vaccini come “valida arma di prevenzione, infatti la loro somministrazione comporta nell’organismo che lo riceve una risposta immunitaria tale da determinare la protezione nel soggetto vaccinato dall’antigene specifico”.
 

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L’intervento “Il Medico Competente e le vaccinazioni nel settore della sanità. Evidenze scientifiche e buone prassi” – a cura di S. Porru, M. Campagna, C. Arici, J. Fostinelli, B. Tonozzi e D. Placidi (Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università di Brescia e Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università di Brescia) – affronta invece la tematica del Rischio biologico ( RB) negli ambienti di lavoro sanitari. Tema importante per i “potenziali gravi effetti sulla salute cui possono essere esposti gli operatori sanitari (OS) e per la non totale efficacia della prevenzione primaria”.
In particolare “per alcuni Agenti biologici risultano oggi disponibili vaccini, che rappresentano uno degli strumenti più efficaci nel prevenire e controllare il rischio di infezioni e la diffusione in ambito nosocomiale (rischio verso pazienti, colleghi). Tuttavia la gestione delle pratiche vaccinali negli ambienti sanitari può presentare diverse criticità”.
Nella relazione si valutano le evidenze scientifiche e i risultati di uno studio multicentrico (9 ospedali con circa 32000 OS esposti a RB) e vengono proposte “buone prassi” per la gestione delle vaccinazioni, con “evidenziazione del ruolo del Medico Competente in un contesto multidisciplinare”.
 
Sono molti gli autori dell’intervento “Strategie vaccinali per la prevenzione del rischio biologico in agricoltura e zootecnia”: C. Colosio, C. Somaruga, F. Vellere, L. Neri, G. Rabozzi, R. Tabibi, A. Colombi e G. Brambilla (Dipartimento di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Paolo e Centro Internazionale per la Salute Rurale), L. Romanò e A. Zanetti (Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia e Virologia dell’Università degli Studi di Milano), R. Baccalini e G.V. Melzi d’Eril (Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria e Unità operativa complessa di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera San Paolo).
In questo intervento si ricorda che “malattie per cui i programmi vaccinali sono ampiamente consolidati continuano a costituire un problema di salute pubblica, basti pensare ai casi di difterite notificati nel 2009 in alcuni Paesi UE o ai 64 casi di Tetano notificati in Italia nel 2006”.
In questo senso “l’agricoltura e l’allevamento sono settori a forte rischio biologico, in parte per le caratteristiche dell’ ambiente di lavoro e in parte per la tipologia di infortuni in cui incorrono i lavoratori. Inoltre, nel comparto sono presenti due sottogruppi maggiormente esposti a rischio: gli ultrasessantaquattrenni e i migranti, generalmente non coperti, ad esempio, nei confronti del tetano”.
E tra le patologie infettive più tipiche di questo comparto, “solo il tetano è efficacemente controllabile con la vaccinazione degli addetti. Per leptospirosi, salmonellosi ed epatite E, hanno invece maggiore rilevanza programmi di informazione e formazione sui rischi per la salute e sui comportamenti da seguire per evitarne il contatto”.
In particolare la sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro effettuata dal Medico Competente “costituisce un’importante occasione per una corretta comunicazione del rischio e la proposta di efficaci programmi di prevenzione basati non solo sulla vaccinazione ma anche e soprattutto sulla informazione e formazione degli addetti”, programmi che “devono tener conto delle barriere linguistiche e culturali”.
 
Le vaccinazioni nel comparto dei servizi ambientali urbani”, è invece il titolo dell’intervento di N. Biggi, un medico competente. 
Il relatore ricorda che in Italia “dal 1963 gli operatori ecologici sono indicati fra i lavoratori da sottoporre obbligatoriamente a vaccinazione antitetanica”. E che nel corso degli anni numerosi altri vaccini si sono aggiunti alla “strumentazione” della medicina del lavoro “per contrastare il rischio da agenti biologici”.
Nella scelta  del vaccino utile il medico competente (MC) deve essere guidato da un’approfondita “ valutazione del rischio, degli ambienti di lavoro, delle modalità e degli strumenti di lavoro”. Inoltre l’osservazione dell’andamento infortunistico “rappresenta un ulteriore strumento di controllo e di valutazione del rischio”
 
In particolare e con riferimento alle virus influenzali, virus enterici il relatore indica che gli agenti biologici che possono colpire gli operatori sono “numerosi, difficilmente qualificabili e quantificabili, ma inevitabilmente presenti nei rifiuti, quali: batteri (enterococchi, clostridi, s.
 aureus, ecc), virus (HBV, HAV, virus influenzali, virus enterici), funghi (aspergilli), parassiti”.
 “Vie principali di esposizione: contatto muco cutaneo, ferita da taglio o da punta, inalazione attraverso l’aerosol che si può generare durante le principali operazioni manuali o meccanizzate di raccolta, trasporto, scarico, selezione o compattazione o comunque attività che comportano un disturbo del substrato sul quale i microrganismi si trovano”.
Senza dimenticare le “condizioni di lavoro: lavoro all’aperto, condizioni climatiche estreme e l’esecuzione di azioni critiche, come: raccolta manuale con i sacchi portati in prossimità del corpo (cosce), raccolta rifiuti da piccoli contenitori, raccolta di rifiuti custoditi in ambienti umidi e chiusi (miceti, aspergilli), spazzamento manuale e meccanizzato, facilitano l’esposizione. Così come comportamenti quali, mangiare, bere, fumare durante il lavoro e il mancato rispetto dell’igiene personale e degli indumenti di lavoro sono rischi per la salute con possibile insorgenza di: infezioni virali, batteriche, micosi, allergie”.
Nell’intervento si riporta ad esempio l’andamento del numero degli infortuni per taglio e puntura d’ago avvenuti in una grande azienda comunale di igiene ambientale.
 
Ricordando che nessun caso di sieroconversione si è verificato durante un decennio di osservazione e controllo in una grande azienda del settore in Lombardia e che il numero di vaccinazioni è aumentato in ragione dell’accuratezza della sorveglianza sanitaria, il relatore si sofferma su tetano, epatite virale A e B, tifo, paratifo e influenza stagionale.
E conclude ricordando che “l’attenzione deve comunque restare alta soprattutto per i lavoratori immigrati e per lavoratori anziani, o malati affetti da patologie quali il diabete o stati di ridotta immunocompetenza naturale o indotta da trattamenti farmacologici”.
 
Infine facciamo cenno all’intervento “Lavoro all’estero: valutazione del rischio e prevenzione vaccinale”, a cura di P. Bianco (Servizio Sanitario RAI Radiotelevisione Italiana, Roma) e V. Anzelmo (Istituto di Medicina del Lavoro Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma).
Sappiamo che molti lavoratori si spostano dal loro paese di origine per svolgere la propria attività professionale “esponendosi a rischi non presenti nel paese di origine, che si sovrappongono a quelli correlati alla mansione. Questi rischi sono legati al viaggio, all’area geografica di destinazione, al clima, alla presenza di vettori di infezione, alle variabili socioeconomiche, alle condizioni igieniche del paese ospitante”.
In questo caso la valutazione del rischio per questa tipologia di lavoratori “risulta complessa e richiede apporti multidisciplinari. Correttamente impostata permette di individuare i parametri necessari a predisporre strategie preventive adeguate. In particolare, la valutazione del rischio biologico in rapporto alle aree di destinazione permette di stabilire programmi vaccinali che prevengono malattie infettive gravi”.
 
 Il medico del lavoro deve dunque “stabilire programmi di sorveglianza sanitaria nei quali i protocolli vaccinali devono essere rapportati alle aeree geografiche. Importanti risultano i percorsi aziendali di formazione/informazione per completare la tutela attraverso misure comportamentali”.
  
 
Rischio biologico e vaccinazioni”, raccolta di relazioni di F. Grimaldi, A. Sancini, R. Giubilati, S. Porru, M. Campagna, C. Arici, J. Fostinelli, B. Tonozzi, D. Placidi, C. Colosio, C. Somaruga, F. Vellere, L. Neri, G. Rabozzi, R. Tabibi, A. Colombi, G. Brambilla, L. Romanò, A. Zanetti, R. Baccalini, G.V. Melzi d’Eril, N. Biggi, P. Bianco e V. Anzelmo che si sono tenute al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicate in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.1, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 590 kB).


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