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Effetti della co-esposizione a rumore e solventi

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

09/11/2006

I risultati di studi epidemiologici e sperimentali con esposizione simultanea a rumore e solventi.

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Il problema dell’interazione fra rumori e solventi, agenti spesso presenti contemporaneamente in molteplici scenari industriali, è stato affrontato in un articolo recentemente pubblicato dal “Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia”.
La pubblicazione prende in esame studi epidemiologici e sperimentali con esposizione simultanea a rumore e a solventi (come toluene, stirene e solfuro di carbonio) che indagano eventuali effetti ototossici.

E’ bene sottolineare che questo tipo di esposizione non riguarda solo la realtà lavorativa, infatti anche la popolazione generale può avere questo tipo di esposizione combinata, in quanto i solventi sono contenuti nel fumo di sigarette, ingeriti con acque e cibi contaminati.

“I dati attualmente disponibili - affermano gli autori dell’articolo - indicano che ad alti livelli espositivi, che di per se stessi sono responsabili di danno tessutale, l’interazione tra rumore e solventi può aver luogo. Le informazioni a nostra disposizione, tuttavia, non permettono nessuna conclusione relativa ai bassi livelli di esposizione.

Un problema sono i valore limite per i solventi proposti dalle diverse agenzie internazionali che appaiono adeguati a prevenire diversi effetti patologici ma non l’ipoacusia. […] Inoltre nella valutazione dei valori limite non si tiene conto dei possibili effetti sinergici degli agenti a cui il lavoratore potrebbe essere esposto. Non sono ancora definiti le soglie per l’effetto ototossico nell’uomo e i diversi Autori concordano sulla necessità di intraprendere ulteriori studi allo scopo di acquisire le informazioni necessarie per definire un nuovo limite espositivo efficace.

Appare quindi urgente definire le caratteristiche di ototossicità dei solventi e chiarirne i rapporti con il danno da rumore per ottimizzare i programmi di conservazione dell’udito.

Attualmente infatti i programmi di conservazione dell’udito in ambiente di lavoro non prendono in considerazione il ruolo dell’esposizione ad agenti chimici e limitano il controllo periodico della soglia audiometrica agli esposti al rumore. Sono necessarie ulteriori ricerche per identificare il test audiologico più idoneo a evidenziare i danni precoci.”

Il testo completo dell’articolo è consultabile qui.

 

 

 

 

 

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