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Responsabilita' in materia di sicurezza sul lavoro in un rapporto di collaborazione

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori autonomi, imprese familiari

21/02/2008

Individuata in un rapporto di collaborazione fra lavoratori autonomi la responsabilità in materia di sicurezza in chi ha affidato l’incarico. Ha assunto di fatto, a seguito del suo comportamento, la posizione di datore di lavoro. A cura di G. Porreca.

Responsabilita' in materia di sicurezza sul lavoro in un rapporto di collaborazione

Individuata in un rapporto di collaborazione fra lavoratori autonomi la responsabilità in materia di sicurezza in chi ha affidato l’incarico. Ha assunto di fatto, a seguito del suo comportamento, la posizione di datore di lavoro. A cura di G. Porreca.

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Cassazione Penale, Sez. feriale - Sentenza n. 34995 del 17 settembre 2007 - Pres. Pizzuti - Est. Blaiotta - P.M. Delehaye - Ric. N. C.
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.

 

    Una sentenza questa che è in linea con gli indirizzi recentemente forniti dalla legge n. 123/2007 e con le indicazioni in merito alla solidarietà fra committenti, appaltatori, subappaltatori e lavoratori autonomi in materia di salute e sicurezza sul lavoro contenute nell’art. 7 del D. Lgs. n. 626/1994 sui contratti d’appalto e contratti d’opera.
 
    Il caso di cui alla sentenza riguarda un infortunio sul lavoro accaduto nel corso di alcuni lavori di pitturazione di una cabina elettrica ad un lavoratore che, mentre si trovava su una scala a pioli in ferro ad un'altezza di circa 5 m. da terra, perdeva l'equilibrio a causa di una scarica elettrica e cadeva in terra riportando lesioni letali. I lavori venivano effettuati in violazione alle norme antinfortunistiche in quanto avevano luogo a meno di 5 metri da una linea elettrica senza che fosse stata adottata alcuna misura di protezione atta ad evitare accidentali contatti o pericolosi avvicinamenti dei lavoratori alla linea stessa e venivano eseguiti inoltre ad un'altezza superiore a 2 m senza impalcature, ponteggi od opere provvisionale idonee ad eliminare i pericoli di caduta.
 
    Quale responsabile dell’accaduto, legato alla mancata predisposizione delle necessarie misure di sicurezza, veniva individuato dal Tribunale uno dei soci della cooperativa proprietaria della cabina elettrica, e precisamente quello che aveva ricevuto l’incarico dalla stessa di effettuare i lavori, in quanto veniva riconosciuto datore di lavoro di fatto del lavoratore autonomo vittima dell’infortunio al quale aveva chiesto la collaborazione.
   
    L’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione contestando l’esistenza di una posizione di garanzia in quanto fra i due lavoratori esisteva una situazione di collaborazione perfettamente paritaria sostenendo, altresì, che gli strumenti per la pitturazione erano stati forniti da entrambi. Si lamentava inoltre che fosse stato escluso da quanto accaduto il rappresentante legale della cooperativa che rivestiva la veste di committente dei lavori. Il ricorrente sosteneva inoltre che la pitturazione avveniva utilizzando un lungo bastone con un rullo all'apice e che la scala aveva il solo scopo di consentire il raggiungimento del lastrico solare per ivi effettuare la relativa bitumazione. Poneva in rilievo altresì che al momento dell’infortunio i lavori erano già finiti e che il lavoratore imprevedibilmente e senza alcuna plausibile ragione era salito nuovamente sulla scala.
 
 
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    La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ed ha condiviso pienamente l'impostazione dei giudici di primo grado “in particolare per ciò che riguarda la natura del rapporto tra l'imputato ed il C. (l’infortunato) e l'esistenza di una posizione di garanzia a carico dell'imputato stesso”. “Si era infatti – prosegue la suprema Corte - in presenza di un rapporto di lavoro subordinato, sia pure caratterizzato da alcune peculiarità. D'altra parte, osserva ancora il giudice d'appello, il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 predispone un sistema di misure prevenzionali finalizzate a garantire non solo i lavoratori subordinati ma anche i lavoratori autonomi”.
 
    Rammenta altresì la Corte nella sentenza in esame che le norme sulla sicurezza sul lavoro si applicano a tutte le prestazioni di lavoro subordinato, in tutti i settori di attività, con esclusione del lavoro a domicilio, ed inoltre che lavoratore subordinato è colui che presta il proprio lavoro alle dipendenze altrui con o senza retribuzione e che la disciplina individua altresì altri soggetti equiparati ai lavoratori subordinati, come i soci delle cooperative, gli allievi di istituti d'istruzione eccetera. “Nel caso esaminato”  prosegue la Corte – “i lavori sono stati eseguiti dalla vittima sottostando, di fatto, alle direttive dell'imputato” e che fu l’imputato a “a stabilire l'ordine e le modalità dei lavori, fornendo i mezzi ed in particolare la scala con la quale il C. ridetto stava eseguendo i lavori di pitturazione. Tutti tali elementi consentono di ritenere che tra i due vi fosse un rapporto di lavoro subordinato”.
 
    Sostiene quindi la Corte di Cassazione che correttamente è stata individuata una posizione di garanzia a carico dell'imputato nella veste di datore di lavoro con il conseguente obbligo di predisporre le misure occorrenti ad assicurare la sicurezza del lavoro. “Né le peculiarità del rapporto in questione valgono a rendere inapplicabile la disciplina legale in tema di sicurezza del lavoro. Infatti il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 articolo 2 nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 242 del 1996, innovando rispetto alla formulazione originaria della norma, pone l'accento, ai fini dell'individuazione della figura del datore di lavoro, non tanto sulla titolarità del rapporto di lavoro, quanto sulla responsabilità dell'impresa, sull'esistenza di poteri decisionali. Si fa leva, quindi, precipuamente sulla situazione di fatto”. “Del resto, - conclude la Corte - già nel passato questa Corte ha ripetutamente avuto occasione di focalizzare il rapporto di lavoro subordinato sulla reciproca relazione di fatto tra i soggetti che vi sono coinvolti configurandolo anche quando il lavoro viene svolto per mero favore (Cass. 4, 4 marzo 1982, n. 2232; Cass. 4, 7 marzo 1990 n. 3273)”.

 

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