Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Le responsabilita' di datore di lavoro e lavoratori in caso di infortunio

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

01/12/2008

La Cassazione: “il lavoratore risponde del suo infortunio solo per un comportamento del tutto anomalo, esorbitante dalle normali operazioni”. Una posizione forse da rivedere alla luce del nuovo testo unico? A cura di G. Porreca.

Pubblicità
google_ad_client<\/div
 
 
 

Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).



---- L'articolo continua dopo la pubblicità ----




 

Due sono gli argomenti trattati dalla Corte di Cassazione penale in questa sentenza, già oggetto in verità di altre sentenze emanate in passato ed espressamente richiamate in questa. Uno riguarda il riferimento ormai ricorrente  all’articolo 2087 del codice civile che impone al datore di lavoro di adottare tutte le soluzioni che la scienza e l’esperienza suggeriscono  al fine di adeguare le macchine, le attrezzature, gli impianti ed i luoghi di lavoro alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro e l’altro, anche esso ricorrente, riguardante la responsabilità dei lavoratori in caso di infortuni sul lavoro che viene addebitata solo se si ravvisa un suo comportamento anomalo, abnorme, esorbitante ed incompatibile con il sistema di lavorazione e non anche per una sua distrazione o negligenza o per un comportamento comunque prevedibile.

 
Questa posizione della Corte di Cassazione però, benché consolidata nella giurisprudenza precedente, non sembra essere del tutto strettamente conforme con i nuovi principi generali sulla sicurezza sul lavoro e con gli indirizzi forniti prima con il D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 ed ora con il D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il nuovo Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In base a tali indirizzi, infatti, i lavoratori, pur essendo oggetto di tutela e di garanzia, sono, come tutte le altre figure interessate alla sicurezza sul lavoro, soggetti destinatari di obblighi anche penalmente sanzionati, devono altresì  prendersi cura anche della propria salute e sicurezza e possono essere in particolare chiamati a rispondere del loro comportamento nel caso che questo dovesse compromettere oltre che l’altrui salute e sicurezza anche quella propria (art. 20  del D. Lgs. n. 81/2008).
 
Il caso all’esame riguarda un infortunio sul lavoro occorso ad un lavoratore mentre era impegnato in alcune operazioni di manutenzione presso una macchina rettificatrice (mola) a seguito del quale ha subito delle lesioni personali gravi ritenute colpose perché legate a violazioni delle norme di prevenzione degli infortuni di cui al D.P.R. n. 547/1955. La manutenzione consisteva in un'operazione di pulizia e di regolazione della macchina per eseguire la quale era necessario arrestare l'organo motore e rimuovere la griglia di protezione delle mani. L’infortunio si era verificato perché dopo avere spento l'organo motore della macchina il lavoratore non aveva atteso, per averlo calcolato male, il tempo necessario per l’arresto definitivo della stessa.
 
Per l’infortunio in oggetto il Tribunale competente aveva assolto il datore di lavoro dell’azienda presso la quale si era verificato l’evento in quanto ha ritenuto che il datore di lavoro stesso avesse ottemperato alle norme di sicurezza applicabili al caso in esame per aver dotato la macchina della protezione degli organi lavoratori pericolosi.
 
Su queste conclusioni non si è detta però d’accordo la Corte di Appello che ha riscontrato nell’accaduto altre violazioni sulle norme di prevenzione degli infortuni e precisamente la mancanza di un “"meccanismo in grado di segnalare quando la mola (che non si vede) smette di girare" ed il non aver osservato l’art. 48 del D.P.R. n. 547/1955 secondo il quale gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure essere provvisti di dispositivo di sicurezza ed inoltre di non aver reso edotto il lavoratore.
 
L’imputato avverso la sentenza della Corte di Appello ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione per due ordini di motivi, uno perché era stato condannato dai giudici di merito per la violazione di un articolo delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il 48 del D.P.R. n. 547/1955, che non gli era stato contestato essendogli invece stata contestata la mancanza della protezione degli organi lavoratori di cui all’art. 68 dello stesso decreto e l’altro perché il lavoratore infortunato era edotto del divieto di effettuare le operazioni di manutenzione a macchina in movimento. Nel ricorso l’imputato ha aggiunto, altresì, che l’infortunato aveva dichiarato di essere perfettamente istruito in relazione all'attività che doveva svolgere e che era stato lui stesso a costruire e ad installare la griglia di protezione in plexiglass della macchina.  Inoltre l’infortunato aveva, tra l'altro, ammesso che l'incidente era il frutto di una sua distrazione, anche perché svolgeva ogni giorno quel tipo di operazione.
 
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ed ha confermata la condanna del datore di lavoro e nella sentenza ha affrontato i due temi che sono stati già indicati nella premessa nel commento.
 
La Sez. IV, per quanto riguarda il primo motivo di ricorso relativo alla condanna per una violazione non contestata, ha condiviso le decisioni della Corte di Appello per aver comunque la stessa individuato nel comportamento del datore di lavoro una “colpa generica”, ed ha tenuto ad affermare, inoltre, che comunque all’imputato era stata anche contestata  la violazione dell’art. 2087 c.c. secondo il quale  l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.  “Il datore di lavoro - prosegue la Sez. IV - deve, in altre parole, ispirare la sua condotta alle acquisizioni della miglior scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. L'articolo 2087 c.c., infatti, nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro anche ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche (così Cass. IV 29 aprile 1994, Kuster, rv. 200158; analogamente, tra le altre, Cass. IV 26 aprile 2000, Mantero, rv. 216476; Cass. IV 5 ottobre 1999, Angele, rv. 216207; Cass. IV 9 febbraio 1989, Poggi, rv. 180951)”.
 
In merito poi alla circostanza che l’infortunato ha ammesso la propria distrazione la Suprema Corte ha ribadito che secondo la giurisprudenza consolidata (tra le ultime, Cass. IV 26 ottobre 2006, Palmieri, Cass. IV 16 maggio 2006, Lorenzoni, Cass. IV 29 settembre 2005, Riccio) “il contegno del lavoratore può determinare l'interruzione del rapporto di causalità soltanto qualora sia ‘abnorme’, ‘del tutto anomalo’, ‘esorbitante dalle normali operazioni di lavoro’ ovvero ‘incompatibile con il sistema di lavorazione’ cui il medesimo sia addetto” e che per interrompere il nesso causale fra la condotta colposa del datore del lavoro e l’evento lesivo, così interpretando l’art. 41 secondo comma c.p., nonché per poter escludere, in definitiva, la responsabilità del datore di lavoro, o di chi per esso, la condotta del lavoratore “deve configurarsi come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità”, cosa che nel caso in esame non è stato riscontrato.
 
In ogni caso si ricordi – conclude la Sez. IV - che le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche in ordine agli infortuni derivati da sua colpa. Hanno, in altre parole, la funzione di evitare che si verifichino eventi lesivi dell'incolumità fisica, intrinsecamente connaturali all'esercizio dell'attività svolta dal lavoratore, anche nell'ipotesi in cui essi siano conseguenti ad eventuale imprudenza e disattenzione del lavoratore stesso, la cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele”.

 

CORTE DI CASSAZIONE - Sezione IV Penale - Sentenza n. 38819 del 14 ottobre 2008 -  Pres. Morgigni – Est. Bricchetti – P.M.  Bua - Ric. T. M. - La Cassazione: “il lavoratore risponde del suo infortunio solo per un comportamento abnorme, del tutto anomalo, esorbitante dalle normali operazioni ovvero incompatibili con il sistema di lavorazione”. Una posizione forse da rivedere alla luce del nuovo testo unico?

 
Pubblicità
google_ad_client<\/div

Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!