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Il dirigente e la sicurezza del lavoro: individuazione e compiti

Il dirigente e la sicurezza del lavoro: individuazione e compiti
Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Dirigenti

29/06/2012

Individuazione del dirigente per la sicurezza del lavoro: l’effettività delle mansioni esercitate, il principio di supremazia, l’individuazione a prescindere da incarichi formali e poteri spesa, il consulente esterno dirigente.


 
 

3. Nozione di dirigente

Premesso che "l’individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferimento alla organizzazione dell’impresa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli" (Cassazione sez. IV, n. 927 del 29.12.82), possiamo affermare che la nozione di dirigente, ai fini della corretta applicazione della legislazione prevenzionistica, è definibile grazie al Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, sulla base di quanto desumibile dall'art. 55 del Decreto medesimo, che elenca gli obblighi penalmente sanzionati a carico del dirigente stesso, in rapporto al ruolo effettivamente ricoperto nell'ambito dell'organigramma aziendale, e alle mansioni effettivamente esercitate (principio di effettività).
 
La sentenza della Cassazione penale sez. III - Sentenza 20 maggio 2003, n. 22036 - [Pres. Vitalone - Est. Franco - P.M. (Parz.diff.) Geraci - Ric. Lazzareschi] fornisce utili precisazioni a proposito della figura del dirigente nel contesto della legislazione di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. La fattispecie riguarda la condanna di un direttore dei lavori di una cava, il quale - condannato per il reato di cui all'art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994 [ora art. 71 c. 3del D.Lgs. n. 81/2008], per non aver adottato le misure di sicurezza relative al taglio di una bancata di marmo - deduce a propria discolpa che "le norme antinfortunistiche in questione si rivolgono solo al datore di lavoro, mentre egli non aveva tale qualità, né era stato specificamente delegato dal datore di lavoro".
La Sez. III ribatte che "l'art. 89, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994 [ora art.55 D.Lgs. n.81/2008] espressamente prevede che le sanzioni per le violazioni delle norme antinfortunistiche si applicano non solo al datore di lavoro, ma anche ai dirigenti, e nella specie l'imputato è stato ritenuto colpevole proprio nella sua qualità di direttore dei lavori, e cioè di dirigente". (sulla responsabilità del dirigente v., Cass. 30 gennaio 2001, Colizzi e altri, in ISL, 2001, 3, 158; Cass. 24 giugno 2000, Rodano, ibid., 2000, 10, 548; Cass. 30 maggio 2000, Borroni, ibid., 2000, 9, 491).
 
Questa nozione penalistica sostanziale di dirigente ai fini della sicurezza implica anche una circostanza della massima importanza: il dirigente dal punto di vista del diritto penale del lavoro, non è necessariamente colui che opera in base ad un contratto di lavoro subordinato con la qualifica di dirigente, ma è colui che, anche di fatto, svolge compiti prevenzionistici del tutto assimilabili a quelli spettanti, in senso proprio, ad un soggetto che ha il contratto di dirigente.
Viceversa, colui che ha il contratto di dirigente, ma non gestisce lavoratori, e non esercita effettivamente un potere dirigenziale, organizzativo in senso proprio, non è, ai fini del diritto penale del lavoro, un dirigente.
La nozione di dirigente, già presente nell’articolo 4 del D.P.R. 27 aprile 1955 n, 547 (ma anche nei D.P.R. n. 303/56 e 164/56), veniva continuamente ripresa e riproposta in tutto il D. Lgs. n. 626/94, così come modificato ed integrato dal D. Lgs. n. 242, e ora dal D.Lgs. n. 81/2008 come soggetto obbligato, pro parte, a precisi obblighi originari di sicurezza, a prescindere da incarichi formali (che al più possono estendere l'ambito di responsabilità, in correlazione all'estensione dei compiti di prevenzione e protezione pattiziamente individuati).
 
Come già anticipato nella prima parte di questo articolo, l’art. 2 comma 1 lett. d. ) del D. Lgs. n. 81/2008 individua il dirigente come il garante organizzativo della sicurezza del lavoro: ovvero colui che, nell'ambito dell'obbligazione di sicurezza ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti, preposti, è, anche di fatto (art. 299 D.Lgs. n. 81/2008) la "persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa". Per incarico non si intende in alcun modo ne uno specifico incarico in materia di sicurezza del lavoro,ne tanto meno una delega specifica di funzioni antinfortunistiche ne tanto meno un potere di spesa. La definizione legale “fotografa” (Anna Guardavilla) gli organigrammi aziendali consegnando automaticamente “iure proprio” alle figure gerarchiche aziendali compiti prevenzionistici inerenti il normale incarico aziendale, cui potranno, eventualmente, aggiungersi anche deleghe specifiche e attribuzione di peculiari poteri di gestione e spesa.
Dunque il dirigente è, tautologicamente, colui che dirige, che organizza, che esercita una supremazia che si estrinseca in un effettivo potere organizzativo dell'attività lavorativa, nel potere di decidere le procedure di lavoro, e di organizzare opportunamente i fattori della produzione, sempre nell'ambito dei compiti e mansioni effettivamente devolutegli dall'organizzazione aziendale, e dal datore di lavoro, in primis..
 

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Il fondamentale principio di supremazia

Il principio della supremazia è un criterio comunemente utilizzato per individuare il dirigente (ma anche il preposto) in "chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve considerarsi automaticamente tenuto, ai sensi dell' art. 4 del DPR 547/55, DPR 303/56 e D. Lgs. 626/94 [oggi D.Lgs.n. 81/2008 artt. 2 comma 1 lett. d) e 18], ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo" (Cass. Pen., sez. IV, 20/1/98 e 19/2/98).
 
La legislazione prevenzionistica, “pur comprendendo tra i destinatari delle norme, dettate in materia antinfortunistica, anche i dirigenti, questi non si sostituiscono di regola alle mansioni dell'imprenditore del quale condividono, secondo le loro reali incombenze, oneri e responsabilità in materia di sicurezza” (Cass. Pen. Sez. IV 12/5/1988, Fadda in Cass. Pen. 1990, pag. 391 n. 790): vale a dire che i loro compiti derivano direttamente dal normale incarico dirigenziale conferito dal datore di lavoro.
Le responsabilità prevenzionistiche sono dunque concorrenti, e non reciprocamente esclusive.
Una sentenza posteriore (Cass. Pen. Sez. IV 1/7/1992, Boano in Cass. Pen. 1994, pag. 388 n. 285) ha evidenziato nel modo più chiaro possibile che i dirigenti [e i preposti], in senso lato, sono da identificarsi nei soggetti preposti alla direzione tecnico-amministrativa dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell’andamento dei servizi, come i dirigenti tecnici o amministrativi, i capi ufficio o i capi reparto, e che devono predisporre tutte le misure di sicurezza fornite dal capo dell’impresa e previste dalle norme, controllare le modalità del processo di lavorazione ed attuare nuove misure, anche non previste dalla normativa, necessarie per tutelare la sicurezza in relazione a particolari lavorazioni che si svolgono in condizioni non previste o non prevedibili dal legislatore.
Dunque un caporeparto può essere ritenuto un dirigente, ad esempio, ai fini della prevenzione, solo qualora la sua supremazia sul lavoratore non si estrinsechi unicamente in un'opera di sorveglianza con un limitato potere esecutivo, ma anche quando ad essa si aggiunga un potere organizzativo, dispositivo, di decisione di procedure di lavoro e di organizzazione dell'attività, dal punto di vista prevenzionistico, tale da porlo in una posizione quale quella definita dalle norme prevenzionistiche citate.
 
I dirigenti devono, per quanto di competenza (e dunque anche a prescindere da incarichi formali antinfortunistici, e dal possedere poteri di spesa) e nell'ambito dell'organizzazione e del mansionario aziendale, avvalendosi delle conoscenze tecniche per le quali ricoprono l’incarico, vigilare sulla regolarità antinfortunistica e igienica delle lavorazioni, dare istruzioni affinché le lavorazioni possano svolgersi nel migliore dei modi, dunque in modo sano, sicuro e igienico, organizzare la produzione con un ulteriore distribuzione di compiti fra i dipendenti in modo tale da impedire la violazione della normativa e garantire un numero adeguato di preposti in grado di vigilare sull'effettiva osservanza dei compiti prevenzionistici da parte di tutti coloro che sono presenti sul luogo di lavoro, a qualunque titolo
 

4. La posizione antinfortunistica del dirigente prescinde da incarichi formali e poteri spesa

Anche prescindendo da una formale investitura da parte del datore di lavoro nella posizione dirigenziale con attribuzione dei compiti connessi e delle conseguenti responsabilità, il dirigente (anche di fatto, o anche un preposto che abbia compiti organizzativi e possa disporre l'adozione di procedure di lavoro sicuro) sarà comunque obbligato a rispettare la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato tra i soggetti contitolari dell'obbligazione di sicurezza dallalegislazione prevenzionistica.
La Cassazione [Cassazione penale, Sez. IV- Sentenza n. 11351 del 31 marzo 2006 (u.p. 20 aprile 2005) - Pres. D'Urso - Est. Battisti – P.M. (Conf.) Salzano - Ric. Stasi e altro ] è esplicita: «la stessa formulazione della norma (...) consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche iure proprio, prescindendo dalla eventuale delega [o da altri tipi di esplicito incarico antinfortunistico]» e «può far ritenere che per questi due ultimi soggetti sia stata prevista una investitura originaria e non derivata dei doveri di sicurezza».
Inoltre, commenta Raffaele Guariniello (Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino), "è il caso di aggiungere che... «il datore di lavoro (...) e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto»": "chiara è la finalità di questa norma: precisare una volta per tutte che gli obblighi (...) fanno generalmente capo ai datori di lavoro e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, ai dirigenti e ai preposti" (sulle figure dei dirigenti e dei preposti si vedano Cass, 21 aprile 2006, Bruni, in ISL, 2006,6,378, Cass. 30 dicembre 2005, Oberrauch e altro, W., 2006.5,304; Cass. 7 dicembre 2005, P.C. in e, Pedemonte, M. 2006, 4,251).
La Cassazione ha altresì sottolineato che “sussiste la responsabilità del dirigente regolarmente delegato dal datore di lavoro all’adempimento degli obblighi in materia di sicurezza del lavoro (nella specie il direttore tecnico) con riferimento alle violazioni puramente formali o documentali, per evitare le quali non sono necessari né la collaborazione del datore di lavoro né alcun impegno di spesa; in ipotesi siffatte la delega è efficace anche se non comporti l’autonomia finanziaria del delegato (il principio è stato espresso con riguardo ad una fattispecie in cui al direttore tecnico veniva imputata l’omessa esibizione, in sede di ispezione, del libretto concernente un recipiente a pressione e l’omessa verifica periodica annuale -in effetti gratuita- di altri quattro recipienti)” [Cass. sez. III pen. 5.7.99 (ud. 30.3.99) n. 8489, ric. Volterrani ed altri]
Per inciso, si noti anche che "anche in relazione allo svolgimento di attività di organizzazioni complesse ed ampie, il dirigente non può spogliarsi dei connessi doveri di carattere eminentemente pubblico, e quindi inderogabili, se non a seguito del conferimento di una delega espressa, con l’indicazione dei doveri relativi allo svolgimento dell’attività di controllo e con il conferimento dei poteri e dei mezzi necessari ad adempierli (omissis) ché, anzi, anche in siffatta ipotesi di valida delega, non vengono meno tutti i doveri del dirigente, ma mutano di contenuto, permanendo a suo carico l’obbligo di una attività di coordinamento organizzativo, di direzione e di controllo dell’attività del delegato" (Corte di Cassazione Penale - sezione III, n. 6032 del 22/05/1988: Pedicini ).
In tale senso, «l’ordinamento individua un livello di responsabilità intermedio incarnato dalla figura del dirigente, che dirige, appunto, ad un qualche livello, l’attività lavorativa, un suo settore o una sua articolazione. Tale soggetto non porta le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali ma ha poteri posti ad un livello inferiore, solitamente rapportati anche all’effettivo potere di spesa» (Cassazione Penale, sez. IV, 8.11.2007, n. 47173)
 
I Dirigenti hanno il compito essenziale e ineludibile di adottare e attivare (dandovi la dovuta attuazione a seconda dei casi) le misure di prevenzione e protezione che il Documento di Valutazione dei Rischi avrà identificato come necessarie per contenere o eliminare i rischi esistenti nello svolgimento delle mansioni specifiche, e tutte le altre misure, disposizioni, regolamenti, procedure e istruzioni aziendali di sicurezza e igiene del lavoro.
 
I dirigenti "sono coloro che sono preposti alla direzione tecnico-amministrativa dell'azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell'andamento dei servizi, e che partecipano solo eccezionalmente al lavoro normale, avendo il compito di predisporre anche tutte le misure di sicurezza, controllare le modalità del processo di lavorazione, e vigilare, secondo le loro attribuzioni e competenze, sulla regolarità dell'antinfortunistica delle lavorazioni" (Cass. pen., sez. IV, 1/7/93); occorre comunque sottolineare che (Cass. Pen. Sez. IV 8/6/1987, Dechici) "la ripartizione interna ed istituzionale delle specifiche competenze, sempre necessaria nell’ambito di aziende ad organizzazione complessa, non esonera di per se stessa il dirigente dall’osservanza degli obblighi derivanti dall’art. 4 d.P.R. 547/1955, a meno che con tale ripartizione il dirigente non abbia anche specificamente delegato l’adempimento di tali obblighi ai preposti ai singoli reparti, investendoli di ogni suo potere al riguardo; la delega, in tale ipotesi, dovrà comunque essere provata, non potendo essere semplicemente presunta in relazione alle dimensioni dell’impresa ed alla ripartizione interna dei compiti".
Inoltre, com'è loro obbligo, contribuiscono alla valutazione dei rischi, segnalando tutte le situazioni pericolose e di carenza prevenzionistica riscontrate direttamente o indirettamente nei luoghi di lavoro.
 
Tra i compiti della funzione dirigenziale, particolare rilievo assumono i seguenti:
- adozione delle misure di sicurezza (tecniche, organizzative e procedurali per quanto di competenza) imposte dalla legislazione speciale antinfortunistica e di igiene del lavoro ed individuate dal datore di lavoro, e in modo particolare per coloro che siano titolari anche di poteri decisionali e di spesa, quali dirigenti ai sensi dell'art. 2095 del c.c. o in base al principio di effettività;
- valutazione delle capacità professionali dei lavoratori e assegnazione degli stessi a mansioni adeguate, conformemente alle loro capacità e condizioni anche dal punto di vista della salute e igiene del lavoro (art. 4 c. 5 lett. c D. Lgs. n. 626/94: il dirigente “tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”);
- istruzione, informazione, formazione e, qualora necessario per legge o in base alla valutazione dei rischi, addestramento dei lavoratori [art. 36 e 37 D. Lgs. n. 81/2008, e molti altri articoli dello stesso Decreto, che le attività di formazione e informazione devono essere non formali e burocratiche, e le informazioni e istruzioni devono essere effettivamente assimilate dai lavoratori che devono dunque comportarsi sempre in modo sicuro e vigilati affinché attuino quel che è stato loro comunicato al riguardo (chi ha obblighi di sicurezza verso i lavoratori deve “attivarsi e controllare fino alla pedanteria che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro – Cass. 6 febbraio 2004 Bixio, e Cass. Sez. IV pen. n. 18638 del 22 aprile 2004 Policarpo];
- adozione di un sistema di controllo e vigilanza, anche tramite un numero di preposti adeguato quantitativamente e qualitativamente (dunque anche dal punto di vista della competenza e della capacità), sull'effettivo rispetto delle misure aziendali di sicurezza tecniche, organizzative e procedurali, da parte dei lavoratori.
 

Identificazione del dirigente

Tra i criteri tradizionalmente utilizzati per identificare la figura di dirigente possono citarsi sono i seguenti:
  • il suo essere l'alter ego dell'imprenditore e/o direzione politica;
  • il possesso di una certa autonomia (ma, si basi bene, non indipendenza, altrimenti ci si troverebbe di fronte ad una differente figura aziendale, quella del datore di lavoro) decisionale;
  • ampio margine di discrezionalità;
  • esercizio delle sue funzioni svincolato da istruzioni;
  • possibilità di influenzare la vita dell'azienda e/o dell'ufficio e/o del reparto o del servizio.
 

5. La figura del dirigente nella sentenza c.d. Thyssen della Corte d'Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011

La nota sentenza c.d. Thyssen della Corte d'Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011 n. 31095/07 N.R. n. 2/2009 RGA sviluppa il ragionamento in relazione ad un imputato: Il ruolo dell'imputato MORONI ing. Daniele, come indicato nel capo di imputazione: "dirigente con funzioni di Direttore dell'area tecnica e servizi della THYSSEN KRUPP AST s.p.a." non è oggetto di contestazione e risulta documentalmente provato (v. organigramma.ppt, estratto dagli archivi informatici in sequestro). Quale dirigente, egli è direttamente investito degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come da art. 1 comma 4 bis D.Lgs 626/94 "nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze". In data 19/4/2007 l'A.D. ESPENHANH aveva confermato all'ing. MORONI la delega quale "responsabile dell'area tecnica e servizi"; il contenuto della delega consisteva nei "punti" 5.8, 5.9 e 5.10, già indicati (...)”. [Cassazione penale] Sentenza n. 13953/08, che premette di riportare la "consolidata giurisprudenza sul tema": "Per quanto concerne le caratteristiche della delega, va rilevato che per la sua efficacia ed operatività, è necessario che:
a) l'atto di delega abbia forma espressa (non tacita) e contenuto chiaro, in modo che il delegato sia messo in grado di conoscere le responsabilità che gli sono attribuite;
b) il delegato abbia espressamente accettato gli incombenti connessi alla sua funzione,
c) il delegato sia dotato di autonomia gestionale e di capacità di spesa nella materia delegata, in modo che sia messo in grado di esercitare effettivamente la responsabilità assunta;
d) il delegato sia dotato di idoneità tecnica, in modo che possa esercitare la responsabilità con la dovuta professionalità...
La delega da ESPENHANH a MORONI soddisfa i requisiti indicati … alle lettere a), b), d) (sulla competenza tecnica di MORONI, v. infra); per quanto invece riguarda il punto di cui alla lettera c): "capacità di spesa" ovvero, come ricordato nella seconda sentenza citata: "autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate", la delega da ESPENHANH a MORONI risulta priva della disponibilità economica autonoma, in capo a MORONI, indispensabile perché sia sufficiente a "liberare" (ma giammai dell'obbligo di vigilare e controllare l'attività del delegato) ESPENHANH dalla sua responsabilità quale datore di lavoro: si legge infatti nella citata delega: "Utilizzerà (il delegato n.d.e.), in piena autonomia, il budget a Lei assegnato e qualora questo fosse insufficiente vorrà immediatamente informarmi per gli opportuni provvedimenti"- Ne consegue che l'imputato MORONI è, quale dirigente e con il ruolo sopra indicato, direttamente destinatario degli obblighi di cui al D.Lgs 626/94 [ora D.Lgs. n. 81/2008], mentre la delega a lui conferita da ESPENHANH sulla materia della sicurezza sul lavoro non è efficace, cioè non "libera" ESPENHANH : quest'ultimo continua ad essere personalmente obbligato e non solo per il residuo obbligo di vigilare e controllare l'esercizio della delega.
 
In una aurea sentenza, la Suprema Corte ha sottolineato con particolare vigore che in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito “del dirigente cui spetta la "sicurezza del lavoro", è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi ad assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note” [Cassazione penale sez. IV, 3 marzo 1995, n. 6486, in Grassi, Cass. pen. 1996,1957 (s.m.)].
 

6 Principio di effettività e individuazione dei dirigenti

Il già ricordato principio di effettività prevede che nelle imprese od enti ad organizzazione complessa e differenziata, “l'individuazione dei destinatari delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro deve essere effettuata non già tenendo presenti le diverse astratte qualifiche spettanti coloro che fanno parte dell'ente o dell'impresa (legale rappresentante, dirigente, preposto, ecc.), bensì invece facendo riferimento alla ripartizione interna delle specifiche competenze, così come regolate dalle norme, dai regolamenti o dagli statuti che governano i singoli enti o le singole imprese” [Cassazione penale, sez. III, 14 novembre 1984, Felicioli e altro, Riv. it. dir. lav. 1986, II,349 (nota)].
 
Secondo la Cassazione “in relazione alla diversità tra i compiti propri della qualifica di dirigente e quelli dell’impiegato con funzioni direttive, sussiste incompatibilità tra la predetta qualifica e l’esercizio di mansioni con vincolo di dipendenza gerarchica, anche nei casi di aziende ad organizzazione complessa con pluralità di dirigenti (a diversi livelli e con graduazione di compiti) i quali sono tra loro coordinati da vincoli di gerarchia, restando però salva, anche nel dirigente di grado inferiore, una vasta autonomia decisionale circoscritta dal potere direttivo generale di massima del dirigente di livello superiore” [Corte di Cassazione sez. lavoro, 4 febbraio 1998 Numero 1151].
 
In tal senso il riferimento al principio dell’effettività ha portato la Cassazione (Cass. sez. IV 5/4/1994 n. 3484, Pozzati ed altro) a considerare dirigente anche il soggetto che, pur non ricoprendo nell’organigramma aziendale tale posizione, aveva di fatto impartito l’ordine di effettuare un lavoro. In particolare si è ritenuto che "chi dà in concreto l’ordine di effettuare un lavoro, anche se non impartisce direttive circa le modalità di esecuzione, assume di fatto la mansione di dirigente, sicchè ha il dovere di accertarsi che il lavoro venga svolto nel rispetto delle norme antinfortunistiche, non potendo essere lasciato agli operai la scelta dello strumento da utilizzare".
 

7. Il caso del consulente esterno

Il ruolo rivestito dal consulente esterno è assimilabile a quello del dirigente di fatto quando l’autonomia gestionale di tutte le attività demandate allo stesso contribuisce a legittimare la sua posizione di supremazia nei confronti del personale dipendente. L’ingerenza nell’organizzazione del lavoro della società rappresenta nel caso specifico un’estrinsecazione del principio di sostanzialità. (cfr. Cassazione Penale, sez. IV, 14.3.2007 n. 21585).
 

8. La necessaria qualificazione professionale

Cass. Pen. sez. IV, 6/10/1995, n. 12297: la responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme antinfortunistiche , viene meno qualora si faccia coadiuvare da un dirigente all’uopo preposto, persona che deve essere tecnicamente affidabile”.
 

9. L'obbligo di vigilanza dei dirigenti

L'obbligo dei dirigenti di vigilare, al fine di esigere, come previsto dall’art. 4 d.P.R. 547/1955 prima e ora dall'art. 18 comma 1 lettera f del D.Lgs.n. 81/2008, che i lavoratori dipendenti osservino le norme di sicurezza “non può essere addebitato fino al punto di imporre una presenza continua sul luogo di lavoro, né può essere esteso fino a dovere impedire eventi dipendenti da comportamenti anomali, imprevedibili e commessi in violazione degli ordini ricevuti” (Cass. sez. IV 8/4/1993 n. 3495 P.G. in proc. Di Pergola). L'obbligo è di carattere generale, organizzativo, con la predisposizione di idonee istruzioni e procedure, organizzando un adeguato sistema di sorveglianza tramite preposti idonei. Una volta che il dirigente abbia adeguatamente adempiuto alle proprie citate obbligazioni, sorge in lui, legittimamente, la ragionevole aspettativa che il lavoratore si comporti conformemente agli ordini ricevuti, e in ogni caso senza mai porre in atto comportamenti assolutamente anomali e imprevedibili, estranei alla sua mansione lavorativa.
 

10. Colpa nella scelta del preposto

Quanto al tema della culpa in eligendo, nella scelta di un preposto che sia tecnicamente idoneo e culturalmente preparato allo svolgimento del compito di vigilare sullo svolgimento sicuro del lavoro da parte dei dipendenti, è principio consolidato che “il titolare dell'impresa [o il dirigente] risponde, per "culpa in eligendo", del comportamento del preposto, inesperto alla direzione dei lavori, che lo stesso titolare abbia mantenuto in servizio, malgrado la sua manifesta incompetenza e l'altrettanto palese inadeguatezza del suo metodo di lavoro [Cassazione penale sez. IV, 23 giugno 1995, n. 7569, Leoni, in Riv. trim. dir. pen. economia 1996, 679 (s.m.)].
Nel caso in cui un operaio specializzato, erroneamente ritenuto preposto dal datore di lavoro, "non si adegui alle norme antinfortunistiche e dal mancato rispetto conseguano determinati eventi, il datore di lavoro - oltre che il preposto e i dirigenti, se nominati - risponde di questi eventi ove risulti che, allorché si è verificata quella inosservanza, non si trovava, per impedirla, là dove è stata posta in essere, a meno che non emerga che abbia conferito apposita delega a persona tecnicamente all'altezza, persona, però, che non può essere lo stesso operaio che la norma mira a salvaguardare" (Cassazione penale sez. IV - Sentenza 23 luglio 1997, n. 7245 - Pres. Satta Flores - Est. Battisti - P.M. conf. Calderone - Ric. Sagretti , in Dir. pratica lavoro, 1997, 37).
Contro tale precisazione non vale l'obiezione che "il datore di lavoro o imprenditore non può essere dovunque", perché "é agevole, infatti, replicare che il datore di lavoro ha il precipuo dovere di curare, in modo preminente, quel fattore della produzione che è rappresentato dal lavoro e, quindi, dall'uomo che lavora, uomo la cui integrità psico-fisica è, tra i beni o valori costituzionalmente garantiti che vengono in questione nell'esercizio dell'attività economica, quello di innegabile, maggiore spessore"; ne deriva, che "il datore di lavoro o imprenditore, pertanto, deve essere là dove i suoi dipendenti lavorano e se non può esservi per ragioni collegate alla complessità dell'azienda o per altre plausibili ragioni, deve farsi sostituire attribuendo, appunto, apposita delega a persona che ne sia all'altezza" (Cassazione penale sez. IV - Sentenza 23 luglio 1997, n. 7245 - Pres. Satta Flores - Est. Battisti - P.M. conf. Calderone - Ric. Sagretti, in Dir. pratica lavoro, 1997, 37).
 

11. Le direttive del datore di lavoro non liberano il responsabile della sicurezza

La Suprema corte ha statuito che "il responsabile della sicurezza sul lavoro non può addurre a propria valida scusa quella di aver dovuto uniformarsi alle direttive del datore di lavoro» (Cassazione Penale, sez. IV, 6.10.2006, n. 33594).
 
 
Rolando Dubini, avvocato in Milano
 
 
 
 
 
 


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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Franco Pavone - likes: 0
29/01/2015 (11:46:42)
Egr. Dott Dubini, le volevo porre un quesito: il Dirigente per la Sicurezza può anche ricoprire il ruolo di Preposto per la Sicurezza?
Quindi avere il doppio incarico?
Attendo un suo cortese riscontro.
Cordiali saluti.
Franco Pavone.
Rispondi Autore: GIUDITTA DI CESARE - likes: 0
04/05/2015 (10:09:21)
Egr. Avvocato,
in che modo il Dirigente per la sicurezza potrebbe tutelarsi per eventuali vertenze a suo carico ( spese legali)?
In attesa di Suo riscontro, La saluto cordialmente.
Maria Di Cesare
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
24/02/2016 (13:09:30)
Il Dirigente è figura di rango superiore e in mancanza di preposto svolge anche i compiti dello stesso in quanto comunque obbligato a vigilare sui lavoratori, art. 18 comma 3 bis dlgs 81/2008. Serve poi una polizza assicurativa di tutela legale.
Rispondi Autore: Massimo Tirincanti - likes: 0
26/06/2017 (13:57:32)
Egr.Avvocato

A proposito della tutela legale , per un Preposto , un Dirigente , ma anche un RSPP , è l'azienda per cui queste figure lavorano che devono garantirla ? se si , in che maniera può essere formalizzata ? come addendum al contratto per esempio ?
Rispondi Autore: Giuliano Magalini - likes: 0
21/08/2019 (15:38:51)
Egr.Avvocato

Chi riceve e sottoscrive la delega a Dirigente sulla Sicurezza può avere un inquadramento inferiore al Quadro. Nel settore metalmeccanico è possibile che un impiegato direttivo di 7° livello sia appunto dirigente sulla sicurezza?
In attesa di un Suo cortese riscontro, ringrazio.
Saluti

Magalini Giuliano

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