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Lavoratore adibito al muletto senza formazione: condannata l’Azienda

Lavoratore adibito al muletto senza formazione: condannata l’Azienda
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

17/06/2020

Responsabilità del DL-RSPP, del preposto e della Società utilizzatrice di un lavoratore somministrato assunto dall’Agenzia per fare tutt’altro: la mansione di fatto, il risparmio dell’Ente e il MOG in una sentenza di Cassazione.

Una sentenza di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.IV, 29 gennaio 2020 n.3731) si è pronunciata sulle responsabilità penali delle persone fisiche e sulla responsabilità amministrativa dell’Ente ai sensi del D.Lgs. 231/01 a seguito di un infortunio (perdita della gamba sinistra) occorso ad un lavoratore operante in regime di somministrazione di lavoro che era stato inviato, da parte dell’azienda utilizzatrice C.T., presso una centrale elettrica dell’E. a Brindisi.

 

Come vedremo, in quell’occasione il lavoratore A.P. era stato adibito ad una mansione (conducente di carrello elevatore) per la quale non aveva né la formazione né l’abilitazione prescritte dalla legge in quanto era stato assunto dall’Agenzia per il lavoro con tutt’altra mansione (operaio addetto all’assemblaggio).

 

 

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L’adibizione a mansioni improprie e le conseguenti responsabilità

La Cassazione ha confermato la responsabilità per il reato di lesioni personali colpose gravissime di A.C., quale datore di lavoro ed RSPP dell’azienda utilizzatrice C.T. S.r.l., oltre che di F.S. (il cui reato è estinto per prescrizione) quale preposto della medesima Società, nonché della persona giuridica C.T. stessa (di cui A.C. era datore di lavoro) ai sensi dell’art.25-septies del D.Lgs.231/01.

 

In termini di ricostruzione fattuale era emerso che la sera in cui si erano verificati i fatti, “dopo le ore 22.00, all’interno della centrale elettrica di Brindisi dell’E. stava lavorando, tra gli altri, A.P., dipendente a tempo determinato della agenzia di lavoro “O.L.” con mansioni di operaio addetto all’assemblaggio (“imbracatore”) montatore manuale concesso per un mese (in virtù di contratto di somministrazione di prestatori di lavoro a tempo determinato del 17 aprile 2009) alla s.r.l. A.C., ditta che aveva avuto in appalto dall’E. il nolo “a caldo” dei mezzi di sollevamento in relazione all’attività di sollevamento di sacchi di sale e di trasporto degli stessi in appositi siti”.

 

In tale occasione il lavoratore, che “era quasi al termine dell’orario di lavoro, avendo iniziato alle 15.00, stava conducendo un carrello elevatore (detto “muletto”) con il quale sollevava i pesanti sacchi pieni di sale.”

 

A questo punto, “a causa del ribaltamento del muletto sul fianco sinistro, mentre conduceva il mezzo su un percorso diverso da quello previsto per la fase di lavoro, A.P. è rimasto schiacciato e, per il peso del mezzo sulla gamba, ha perso l’arto sinistro. 

La causa del ribaltamento è stata individuata in una improvvisa manovra di svolta a destra del conducente, che stava guidando il mezzo a velocità eccessiva.”

 

Il lavoratore al momento dell’infortunio non indossava la cintura di sicurezza che pure era presente sul mezzo.

La Corte ha però escluso l’abnormità della condotta del lavoratore infortunato, “che era stato destinato dal preposto F.S., in più occasioni, e non solo in quella in cui si è verificato l’incidente, a mansioni pericolose per le quali non aveva titolo abilitativo né era stato formato, cioè alla conduzione del “muletto”, mentre era stato assunto per fissare da terra i sacchi al veicolo, peraltro senza assistenza di un collega, ciò nella consapevolezza di A.C.”

 

Come anticipato, la Suprema Corte ha confermato la responsabilità del preposto che aveva destinato il lavoratore all’improprio utilizzo del muletto, della Società C.T. quale persona giuridica e, a monte, di A.C., il quale “era datore di lavoro di una ditta di piccole dimensioni […] e, nel contempo, responsabile del servizio di prevenzione e protezione (acronimo: R.S.P.P.) della ditta utilizzatrice della manodopera inviata dall’agenzia “O.L.”, con l’obbligo contrattuale di adempiere agli oneri di formazione, di addestramento e di sicurezza del lavoratore; e non è risultato che A.C., in qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, abbia predisposto l’organizzazione dell’impresa in modo tale che vi fossero sempre due addetti ai sacchi di sale”. 

 

Di conseguenza il datore di lavoro A.C. e il preposto F.S. “sono stati ritenuti responsabili per avere impropriamente adibito quel giorno, come […] già avvenuto in precedenza in altre occasioni, A.P., che era stato formato ed informato quale “imbracatore”, alle differenti mansioni di conducente di carrello elevatore ovvero per avere tollerato che A.P. vi fosse adibito, pur essendo privo di qualsiasi abilitazione in tal senso e non essendo stato formato alla guida del mezzo né informato circa i rischi specifici, e senza l’ausilio di un altro lavoratore a terra.”

 

L’applicazione del principio di effettività al concetto di “mansione”

Occorre qui ricordare che al concetto di “mansione” - cui è collegata, secondo la logica della normativa prevenzionistica, la valutazione dei rischi e di conseguenza l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione, tra cui anche la formazione, l’informazione, la sorveglianza sanitaria, i DPI etc. - la giurisprudenza applica da sempre il “ principio di effettività”.

 

Da decenni, infatti, la Suprema Corte - con un orientamento consolidato e tuttora attuale - ha sancito che “in tema di infortuni sul lavoro, l’individuazione dei soggetti destinatari della relativa normativa deve essere operata sulla base dell’effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti” (Cass. Pen., Sez. IV, 20 aprile 1989 n.6025).

 

Ancora, “la individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale)” (Cass. Pen., Sez. Un., 14 ottobre 1992 n. 9874).

 

Inoltre “lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note” (Cass. Pen., Sez. IV, 3 marzo 1995 n.6486).

 

La responsabilità della persona giuridica (D.Lgs.231/01) a seguito del ribaltamento del muletto

 

1) L’interesse della persona giuridica sussiste anche in caso di limitati ed esigui risparmi di spesa

 

Tornando al caso di specie, la Società A.T., condannata ai sensi del D.Lgs.231/01, aveva tentato di dimostrare nel ricorso - senza successo - di aver adottato ed attuato un modello organizzativo.

 

La Cassazione ha verificato anzitutto la sussistenza di un interesse o vantaggio dell’ente, richiamando “l’ordine reiteratamente impartito per un certo periodo dal capocantiere dipendente della società ad A.P. di svolgere un’attività pericolosa per la quale non era formato né abilitato” e derivandone di conseguenza “il risparmio di spesa per la società derivante dall’impiegare un solo lavoratore, peraltro non formato, in luogo di due, di cui uno con una qualifica specializzata.”

 

E’ interessante il passaggio della pronuncia in cui la Corte chiarisce che, più in generale, “in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività (In motivazione, la Corte ha affermato che la responsabilità dell’ente, non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi) […]”.

 

La Cassazione ricorda inoltre che, nel caso dei reati di salute e sicurezza quali reati-presupposto della responsabilità prevista dal D.Lgs.231/01, “il “risparmio” in favore dell’impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’ente in un caso in cui, sebbene i lavoratori fossero stati correttamente formati e i presidi collettivi ed individuali fossero presenti e conformi alla normativa di riferimento, le lavorazioni in concreto si svolgevano senza prevedere l’applicazione ed il controllo dell’utilizzo degli strumenti in dotazione, al fine di ottenere una riduzione dei tempi di lavoro)» ( Sez.4, n.16598 del 24/01/2019, Tecchio, Rv.27557001).”

 

Più nel dettaglio, la Suprema Corte specifica che “fonti di risparmio di spesa che possono costituire il presupposto per l’applicazione dell’art.5 del d.lgs.n.231 del 2001, per esemplificare ulteriormente, sono anche il risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e di informazione del personale (come ritenuto da Sez.4, n.18073 del 19/02/2015, […]) ovvero la velocizzazione degli interventi di manutenzione ed il risparmio sul materiale di scarto (come ritenuto da Sez.4, n.29538 del 28/05/2019, Calcinoni ed altri […])”.

 

Di conseguenza, nel caso di specie, secondo la Cassazione “deve ritenersi che il vantaggio di spesa per l’ente, nel senso di mancato decremento patrimoniale per l’utilizzo in più occasioni di un solo lavoratore non formato, anziché di una coppia di lavoratori, di cui uno formato, è stato sufficientemente delineato dai giudici di merito”.

 

2) L’accertamento dell’esistenza del Modello Organizzativo e la differenza in concreto tra DVR e MOG

 

Nel rigettare il ricorso della Società quale persona giuridica, la Cassazione chiarisce che “in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica il giudice di merito, ove investito da specifica deduzione, deve procedere secondo le seguenti scansioni logiche e cronologiche:

prima, accertare l’esistenza o meno di un modello organizzativo e di gestione ex art.6 del d.lgs.n.231 del 2001;

poi, ove il modello esista, verificare che lo stesso sia conforme alle norme;

infine, accertare che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto.”

 

A questo punto la Cassazione precisa che “nel caso di specie, anche alla stregua del contenuto concreto dei primi tre motivi di appello, non vi è stata, in realtà, specifica deduzione difensiva relativa al modello organizzativo e di gestione ex artt. 6 del d.lgs.n.231 del 2001 e 30 del  d.lgs.n.81 del 2008, avendo, a ben vedere, la difesa incentrato tutte le proprie argomentazioni sulla efficacia nel caso di specie del documento di valutazione del rischio (DVR), che è cosa diversa dal richiamato modello organizzativo. E, anzi, alle pp. 1-4 e 10 dell’atto di appello la difesa ha insistito nella adozione e nella conformità a legge del DVR […]”.

 

Pertanto la Suprema Corte perviene “alla - ovvia - conclusione che non può attribuirsi efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ad un documento che non esiste.”

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 - Sentenza n. 3731 del 29 gennaio 2020 - Ribaltamento del muletto all'interno della centrale elettrica. Responsabilità dell'ente

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 16598 del 17 aprile 2019 (u.p. 24 gennaio 2019) - Pres. Fumu – Est. Nardin - P.M. Perelli - Ric. T.T. e T.T. s.r.l.. - Le carenze di misure di prevenzione che hanno portato a delle lesioni gravi di un lavoratore, se derivanti da precise scelte societarie per risparmiare sui costi della sicurezza, costituiscono un illecito amministrativo ai sensi del d. lgs. n. 231/2001.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 29538 del 08 luglio 2019 - Infortunio mortale con un impianto di verniciatura. Inefficace attuazione del modello organizzativo




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Rispondi Autore: AC - likes: 0
17/06/2020 (08:57:12)
" [...], di addestramento e di sicurezza del lavoratore; e non è risultato che A.C., in qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, abbia predisposto l’organizzazione dell’impresa in modo tale che vi fossero sempre due addetti ai sacchi di sale”.[...]

Quindi è il RSPP che deve predisporre l'organizzazione dell'impresa ed assicurare che vi fossero sempre due addetti? Quindi il RSPP coincide, in linea generale - e non nel caso specifico ove era effettivamente DL-RSPP - con un Dirigente o con il Datore di Lavoro?

E questa sarebbe la posizione della Cassazione? Andiamo bene...non hanno ancora capito nulla, tutto probabilmente frutto del meraviglioso lavoro eseguito dal dott. Guariniello

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