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Esposizione a silice: il problema e la riduzione del rischio

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

21/01/2009

Dal convegno sull’esposizione professionale a silice libera cristallina, due interventi riguardo a silicosi e pneumoconiosi nel settore costruzioni: le dimensioni del problema, i livelli di esposizione nei principali comparti, indicazioni di prevenzione.

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Riguardo a silicosi e pneumoconiosi nel settore costruzioni è evidente una discrepanza tra casi riconosciuti e casi attesi. Alcuni spunti tratti dagli atti di recente convegno sull’esposizione professionale a silice libera cristallina.
 

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Il convegno voleva fare il punto degli attuali livelli di esposizione, dello stato dell’arte sia della normativa vigente che degli esiti degli accordi (in particolare, a livello europeo quello che va sotto il nome di NEPSI) e delle esperienze di gruppi di lavoro principalmente confluiti all’interno del Network Italiano Silice (NIS).
 
Sfogliando gli atti del convegno, pubblicati sul sito dell’AUSL di Modena, abbiamo scelto di approfondire due interventi in particolare: nel primo caso per la presenza di validi spunti di riflessione sull’esposizione a silice libera cristallina, nel secondo per la presenza di esempi pratici di misure di prevenzione.
 
Il primo intervento di cui ci occupiamo, dal titolo “L' esposizione professionale a silice: le dimensioni del problema”, è quello di Fulvio Ferri dell’Ausl Reggio Emilia, Dipartimento di Sanità Pubblica - SPSAL  Scandiano.
 
Dopo aver presentato un gran numero di dati relativi all’esposizione in Emilia Romagna, relativi ad esempio al numero di addetti esposti e di casi di silicosi e pneumoconiosi da silicati denunciati, viene proposta una considerazione: è fondata l’impressione che esista una sensibile discrepanza tra casi riconosciuti (positivi) e i casi attesi?
Per poter rispondere sarebbe necessario:
- “conoscere, per ogni voce di tariffa, il numero di esposti, le condizioni di esposizione e le loro anzianità a rischio;
- calcolare le proiezioni di pneumoconiosi e confrontarle con i dati dei casi riconosciuti”. 
Tuttavia secondo il loro modello previsionale di Hnizdo e Cluis Cremer ci si può “attendere un 5% di pneumoconiosi di Livello ILO BIT 1/1 nelle popolazioni esposte ad almeno 0.05 mg/m3 di silice per 30 anni”, il che “equivale ad una esposizione cumulata di 1,5 mg/m3 per anno”.  Usando questo modello e utilizzando insieme i dati INAIL disponibili e le proiezioni di Hnizdo e coll. è stata stimata “la percentuale di lavoratori che, esposti a 1,5 mg/m3 – anno, arrivano a generare un numero di casi di silicosi analogo a quello rilevato in base ai dati INAIL tra il 2000 e il 2006”.
Secondo queste stime:
- nel comparto costruzioni (101.567 addetti) “sarebbe equivalente all’ 1,5% la frazione dei lavoratori attuali (pari a 1.524) che, maturando livelli di esposizione di 0,05 mg/m3 per 30 anni (o equivalenti), indurrebbe la stessa incidenza di silicosi desunta dai dati INAIL”;
- per l’insieme degli altri comparti considerati (84.087 addetti) “la percentuale degli addetti esposti a rischio, allo stesso modo, sale al 3,4% (2.859)”.
È dunque “accettabile/ragionevole” – continua l’intervento - affermare che, attualmente, tra le persone occupate nei comparti considerati, soltanto l’ 1,5% (in edilizia), o il 3,4 % (in altri comparti) costituiscano i clusters di addetti “ad alto rischio”?
Se per l’insieme dei comparti la risposta non è possibile per la varietà delle situazioni considerate, per i comparti relativi alle costruzioni la risposta non può che essere negativa: “le esperienze recenti ci indicano tuttora presenti, in molti di essi, livelli di esposizione anche notevolmente superiori ai 50 μg / m3 interessanti ampie fasce di lavoratori”.
 
Dall’intervento “I livelli attuali di esposizione nei principali comparti. Indicazioni di prevenzione”, di Claudio Arcari dell’Ausl Piacenza, prendiamo invece alcuni spunti relativi alle misure di prevenzione.
 
Per il contenimento delle polveri è possibile:
- “nebulizzare l’ambiente e/o bagnare con acqua i materiali;
- scegliere attrezzature con dispositivo aspirante;
- prevedere l’utilizzo di aspiratori per la pulizia di superficie e ambienti;
- prevedere procedure di lavoro specifiche;
- organizzare l’uso di adeguati DPI;
- organizzare le fasi di lavoro anche in modo da evitare la contemporaneità e le esposizioni di ‘altri’ addetti;
- prevedere la formazione e l’addestramento sull’uso delle attrezzature e dei DPI”. 
 
L’intervento ricorda inoltre che il D.Lgs. 81/2008 all’art. 15 “esprime una ‘gerarchia’ e una ‘logica’ per l’identificazione e l’adozione delle misure di prevenzione.
Prima si cerca di sostituire l’agente pericoloso, se non è possibile si riduce il rischio alla fonte.
E sempre seguendo questo sistema gerarchico:
- si adottano sistemi di controllo impiantistico;
- si adottano sistemi organizzativi e si istituiscono buone pratiche di lavoro;
- si usano dei Dispositivi di Protezione Individuale.
 
 
L' esposizione professionale a silice: le dimensioni del problema”, Fulvio Ferri, Ausl Reggio Emilia - Dipartimento di Sanità Pubblica - SPSAL  Scandiano (formato PDF, 45 kB).
 
I livelli attuali di esposizione nei principali comparti. Indicazioni di prevenzione”, Claudio Arcari, Ausl Piacenza (formato PDF, 442 kB).



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