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"Spie" nel computer
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Negli Usa è dibattito sulle misure per impedire l’utilizzo degli spyware, programmi che vengono installati sul computer all’insaputa dell’utente, nascosti ad esempio in altri software. La presenza di queste “spie” può mettere a rischio la privacy e la sicurezza informatica dell’utente.
Il tema è di interesse non solo per la realtà statunitense, ha trovato, quindi, spazio anche nelle pagine della newsletter del Garante italiano della privacy.
Problematica risulta già essere la definizione di spyware, anche alla luce della rapidità con la quale evolvono le tecnologie informatiche.
Una proposta di legge (cosiddetto Spy Block Act) all’esame del Congresso americano si sta preoccupando di impedire l’installazione di software “spia” all’insaputa degli utenti, prevedendo sanzioni amministrative e la possibilità di risarcimento.
Tale provvedimento contiene una definizione delle categorie di spyware in oggetto: programmi che raccolgono informazioni sugli utenti e le trasmettono a terzi via Internet (ad esempio, programmi che monitorano il numero e la tipologia delle battute sulla tastiera del computer); programmi (adware) che provocano la comparsa di banner e pop-up pubblicitari; programmi che trasmettono informazioni sul computer dell’utente via Internet per finalità diverse da quelle connesse al funzionamento del computer (ad esempio, per utilizzare quest’ultimo, all’insaputa dell’utente, come veicolo per l’invio di spam); programmi che modificano le impostazioni definite dall’utente (ad esempio, sostituendo la home page impostata dall’utente con un’altra).
Sulla proposta di legge è stato sentito anche il parere del Center for Democracy and Technology (CDT), una associazione non governativa, che pur accogliendo con favore l’iniziativa, ha sottolineato alcune perplessità proprio sulla difficoltà di definire con precisione che cosa si debba intendere per spyware (ad esempio, secondo alcuni commentatori anche i cookies sono una forma di spyware). Secondo il CDT vi è, quindi, il rischio di approvare norme imprecise che potrebbero avere conseguenze indesiderate sulle aziende che producono software “legittimo”.
Secondo l’associazione l’elenco delle forme di spyware contenuto nella proposta di legge rischia di divenire rapidamente obsoleto, e quindi di ridurre ulteriormente l’efficacia di misure in sé positive.
La newsletter del Garante italiano sottolinea come le osservazioni del Center for Democracy and Technology rivelino la “necessità di un approccio globale alla privacy su Internet attraverso la definizione di una serie di principi fondamentali applicabili alla raccolta di informazioni on line indipendentemente dalla tecnologia utilizzata”.
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Negli Usa è dibattito sulle misure per impedire l’utilizzo degli spyware, programmi che vengono installati sul computer all’insaputa dell’utente, nascosti ad esempio in altri software. La presenza di queste “spie” può mettere a rischio la privacy e la sicurezza informatica dell’utente.
Il tema è di interesse non solo per la realtà statunitense, ha trovato, quindi, spazio anche nelle pagine della newsletter del Garante italiano della privacy.
Problematica risulta già essere la definizione di spyware, anche alla luce della rapidità con la quale evolvono le tecnologie informatiche.
Una proposta di legge (cosiddetto Spy Block Act) all’esame del Congresso americano si sta preoccupando di impedire l’installazione di software “spia” all’insaputa degli utenti, prevedendo sanzioni amministrative e la possibilità di risarcimento.
Tale provvedimento contiene una definizione delle categorie di spyware in oggetto: programmi che raccolgono informazioni sugli utenti e le trasmettono a terzi via Internet (ad esempio, programmi che monitorano il numero e la tipologia delle battute sulla tastiera del computer); programmi (adware) che provocano la comparsa di banner e pop-up pubblicitari; programmi che trasmettono informazioni sul computer dell’utente via Internet per finalità diverse da quelle connesse al funzionamento del computer (ad esempio, per utilizzare quest’ultimo, all’insaputa dell’utente, come veicolo per l’invio di spam); programmi che modificano le impostazioni definite dall’utente (ad esempio, sostituendo la home page impostata dall’utente con un’altra).
Sulla proposta di legge è stato sentito anche il parere del Center for Democracy and Technology (CDT), una associazione non governativa, che pur accogliendo con favore l’iniziativa, ha sottolineato alcune perplessità proprio sulla difficoltà di definire con precisione che cosa si debba intendere per spyware (ad esempio, secondo alcuni commentatori anche i cookies sono una forma di spyware). Secondo il CDT vi è, quindi, il rischio di approvare norme imprecise che potrebbero avere conseguenze indesiderate sulle aziende che producono software “legittimo”.
Secondo l’associazione l’elenco delle forme di spyware contenuto nella proposta di legge rischia di divenire rapidamente obsoleto, e quindi di ridurre ulteriormente l’efficacia di misure in sé positive.
La newsletter del Garante italiano sottolinea come le osservazioni del Center for Democracy and Technology rivelino la “necessità di un approccio globale alla privacy su Internet attraverso la definizione di una serie di principi fondamentali applicabili alla raccolta di informazioni on line indipendentemente dalla tecnologia utilizzata”.
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