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L’impatto dell’inquinamento urbano sulla salute
L’Istituto superiore di Sanità (ISS) ha recentemente reso disponibile on line la sintesi dello studio riguardante l’impatto dell’inquinamento atmosferico urbano sulla salute, pubblicata sul notiziario dell’istituto nel mese di gennaio.
L'inquinamento atmosferico rappresenta in Europa uno dei principali fattori di rischio per la salute nelle aree urbane e l’ottava causa di morte più importante.
Infatti secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’inquinamento da polveri fini nell’ambiente urbano è responsabile ogni anno in Europa di circa 100 000 morti (e 725 000 anni di vita persi).
Analoghi risultati emergono dal progetto “Air Pollution and Health: European Information System” (APHEIS), realizzato a livello europeo, sull’impatto dell’inquinamento atmosferico in 26 città europee.
La ricerca ha infatti evidenziato che una riduzione dell’inquinamento da PM10 (materiale particellare di granulometria inferiore ai 10 micrometri) di soli 5 mg/m3 potrebbe evitare circa 5.000 morti per anno nella popolazione interessata dall’indagine (complessivamente 32 milioni di cittadini).
Questo il contesto nel quale si inserisce il programma di ricerca “Aspetti igienico-sanitari dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane (PR22-IS, 1998-2002)” la cui realizzazione è stata affidata all’ISS dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio.
Il programma si articola in tre sottoprogetti, uno dei quali riguarda appunto l’impatto dell’inquinamento urbano sulla salute dei cittadini.
Tale sottoprogetto vuole investigare il rischio cancerogeno, gli effetti mutageni, gli effetti cardiovascolari e respiratori acuti e gli effetti immunologici e allergici su gruppi di popolazione con alti livelli di esposizione.
Nell’ambito del sottoprogetto sono state condotte tre distinte ricerche:
-uno studio epidemiologico su pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), patologia ischemica del miocardio (IMA) e asma bronchiale;
-uno studio sul rischio di tumori e di malattie neurologiche ed esposizione a carburanti, che ha avuto come campione circa 6000 gestori di impianti di rifornimento;
-l’analisi di biomarcatori di danni genetici nei vigili urbani addetti al controllo del traffico veicolare a Roma.
Riguardo al primo studio, è stata evidenziata tra i bronchitici cronici una netta influenza negativa delle concentrazioni giornaliere di materiale particellare (in particolare del PM2,5) e di alcuni inquinanti gassosi (NO2 e CO) sui parametri di funzionalità respiratoria. Inoltre anche la concentrazione di alcuni metalli (Cr, Fe, Pb e Zn) nella frazione fine del particolato atmosferico è risultata associata a significativi decrementi degli indici di funzionalità respiratoria.
Per quanto riguarda i pazienti con IMA la funzionalità respiratoria non è risultata influenzata dalle concentrazioni ambientali degli inquinanti atmosferici in studio, mentre si è osservata un’associazione tra variabilità del battito cardiaco e concentrazioni atmosferiche di PM2,5e PM10. Per quanto concerne gli asmatici, i risultati dello studio suggeriscono un ruolo del PM10-2,5 e di NO2 nell’indurre un peggioramento dei parametri di funzionalità respiratoria.
Lo studio sui benzinai non ha registrato incrementi significativi della mortalità per leucemie, una neoplasia d’interesse a priori per la sua associazione con l’esposizione a benzene e a benzina. Dall’indagine è invece emerso un incremento statisticamente significativo di malattie del neurone motore (sclerosi laterale amiotrofica, in particolare), basato però su pochi decessi osservati e che necessita di ulteriore approfondimento.”
I ricercatori dell’ISS sono giunti pertanto alla conclusione che “Nonostante la mancanza di informazioni sulla esposizione cumulativa a vapori di carburante limiti l’accuratezza dello studio, si può concludere che non emergono eccessi di rischio statisticamente significativi per la mortalità generale o per singole cause di morte tra gli addetti all’erogazione di carburanti autoveicolari. Allo stato attuale non è quindi possibile stimare direttamente gli effetti a lungo termine dell’esposizione occupazionale a benzina e a bassi livelli di benzene in questi lavoratori.”
L’analisi di biomarcatori di danni genetici nei vigili urbani addetti al controllo del traffico veicolare a Roma non ha mostrato effetti avversi associati all’esposizione a inquinanti, ma un’elevata incidenza di sensibilizzazione allergica è stata osservata nei vigili urbani con presente o pregressa esposizione a inquinanti atmosferici.
Il risultato dello studio sono disponibili qui.
L'inquinamento atmosferico rappresenta in Europa uno dei principali fattori di rischio per la salute nelle aree urbane e l’ottava causa di morte più importante.
Infatti secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’inquinamento da polveri fini nell’ambiente urbano è responsabile ogni anno in Europa di circa 100 000 morti (e 725 000 anni di vita persi).
Analoghi risultati emergono dal progetto “Air Pollution and Health: European Information System” (APHEIS), realizzato a livello europeo, sull’impatto dell’inquinamento atmosferico in 26 città europee.
La ricerca ha infatti evidenziato che una riduzione dell’inquinamento da PM10 (materiale particellare di granulometria inferiore ai 10 micrometri) di soli 5 mg/m3 potrebbe evitare circa 5.000 morti per anno nella popolazione interessata dall’indagine (complessivamente 32 milioni di cittadini).
Questo il contesto nel quale si inserisce il programma di ricerca “Aspetti igienico-sanitari dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane (PR22-IS, 1998-2002)” la cui realizzazione è stata affidata all’ISS dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio.
Il programma si articola in tre sottoprogetti, uno dei quali riguarda appunto l’impatto dell’inquinamento urbano sulla salute dei cittadini.
Tale sottoprogetto vuole investigare il rischio cancerogeno, gli effetti mutageni, gli effetti cardiovascolari e respiratori acuti e gli effetti immunologici e allergici su gruppi di popolazione con alti livelli di esposizione.
Nell’ambito del sottoprogetto sono state condotte tre distinte ricerche:
-uno studio epidemiologico su pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), patologia ischemica del miocardio (IMA) e asma bronchiale;
-uno studio sul rischio di tumori e di malattie neurologiche ed esposizione a carburanti, che ha avuto come campione circa 6000 gestori di impianti di rifornimento;
-l’analisi di biomarcatori di danni genetici nei vigili urbani addetti al controllo del traffico veicolare a Roma.
Riguardo al primo studio, è stata evidenziata tra i bronchitici cronici una netta influenza negativa delle concentrazioni giornaliere di materiale particellare (in particolare del PM2,5) e di alcuni inquinanti gassosi (NO2 e CO) sui parametri di funzionalità respiratoria. Inoltre anche la concentrazione di alcuni metalli (Cr, Fe, Pb e Zn) nella frazione fine del particolato atmosferico è risultata associata a significativi decrementi degli indici di funzionalità respiratoria.
Per quanto riguarda i pazienti con IMA la funzionalità respiratoria non è risultata influenzata dalle concentrazioni ambientali degli inquinanti atmosferici in studio, mentre si è osservata un’associazione tra variabilità del battito cardiaco e concentrazioni atmosferiche di PM2,5e PM10. Per quanto concerne gli asmatici, i risultati dello studio suggeriscono un ruolo del PM10-2,5 e di NO2 nell’indurre un peggioramento dei parametri di funzionalità respiratoria.
Lo studio sui benzinai non ha registrato incrementi significativi della mortalità per leucemie, una neoplasia d’interesse a priori per la sua associazione con l’esposizione a benzene e a benzina. Dall’indagine è invece emerso un incremento statisticamente significativo di malattie del neurone motore (sclerosi laterale amiotrofica, in particolare), basato però su pochi decessi osservati e che necessita di ulteriore approfondimento.”
I ricercatori dell’ISS sono giunti pertanto alla conclusione che “Nonostante la mancanza di informazioni sulla esposizione cumulativa a vapori di carburante limiti l’accuratezza dello studio, si può concludere che non emergono eccessi di rischio statisticamente significativi per la mortalità generale o per singole cause di morte tra gli addetti all’erogazione di carburanti autoveicolari. Allo stato attuale non è quindi possibile stimare direttamente gli effetti a lungo termine dell’esposizione occupazionale a benzina e a bassi livelli di benzene in questi lavoratori.”
L’analisi di biomarcatori di danni genetici nei vigili urbani addetti al controllo del traffico veicolare a Roma non ha mostrato effetti avversi associati all’esposizione a inquinanti, ma un’elevata incidenza di sensibilizzazione allergica è stata osservata nei vigili urbani con presente o pregressa esposizione a inquinanti atmosferici.
Il risultato dello studio sono disponibili qui.
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