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Responsabilità amministrativa e modelli di organizzazione
Firenze, 15 Sett – Da quando il decreto legislativo 231/2001 sulla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti ha introdotto la previsione di una responsabilità personale e diretta delle società o di enti anche in presenza di reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime (conseguenti a violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro), PuntoSicuro si è soffermato più volte sul tema della responsabilità amministrativa e dei modelli di organizzazione.
Un intervento, al seminario “ Sistemi di Gestione della Sicurezza e Salute sui Luoghi di Lavoro (SGSL): testimonianze nella pubblica amministrazione e nel privato” promosso da Regione Toscana e dall’Inail Toscana (Firenze, 10 giugno 2014), ci permette non solo di riepilogare gli aspetti più importanti della disciplina in materia di responsabilità amministrativa, ma anche di portare alcuni esempi concreti.
In “La responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01 e il Modello di organizzazione, gestione e controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, a cura di Gabriella Cazzola (Direzione Legale e Contenzioso, Intesa Sanpaolo), si ricorda che la principale novità del Decreto 231/01 “è l’introduzione di un semplice principio: se il dipendente di una società commette uno dei reati previsti, ne risponde non solo lui, ma anche la società qualora questa ne abbia avuto un interesse o un vantaggio in relazione al fatto illecito. Si deve trattare di condotte illecite di:
– soggetti apicali (ossia persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione della società o ne esercitano anche di fatto la gestione e il controllo: si tratta di amministratori, direttori generali, preposti a sedi secondarie, direttori di divisione, fino agli amministratori di fatto);
– persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti apicali di cui al punto precedente (rientrano tra questi i lavoratori subordinati o equiparati e i collaboratori esterni, come agenti, distributori, consulenti)”.
E perché la società (o ente fornito di personalità giuridica o associazione anche priva di personalità giuridica) sia esonerata dalla responsabilità (“condizione esimente”), deve dimostrare che:
– “l’organo dirigente ha adottato e attuato un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire gli illeciti (ovvero: il Modello 231/01);
– il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e del suo aggiornamento è stato affidato a un organismo interno, in genere denominato Organismo di Vigilanza – OdV, con autonomi poteri d’iniziativa e controllo;
– le persone apicali che hanno commesso gli illeciti hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello 231/01;
– non c’è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV”.
Dopo aver ricordato che il modello organizzativo idoneo ad avere efficacia esimente deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di vari obblighi giuridici – riportati nel documento che vi invitiamo a visionare - si sottolinea che il modello organizzativo e gestionale deve prevedere:
- idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attivita di cui al co. 1 (comma 2);
- un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio”;
- “un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”;
- “un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate”.
E il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo “devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico (comma 4)”.
Questi sono alcuni articoli del D.Lgs. 81/2008 che fanno riferimento ai modelli organizzativi:
- art. 30, comma 5: indica che in sede di prima applicazione, ‘i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL o al British Standard OHSAS 18001: 2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'art. 6’;
- art. 51, comma 3 bis: l’asseverazione dell’adozione ed efficace attuazione dei Modelli da parte degli organismi paritetici;
- art. 16, comma 3: l’obbligo di vigilanza nel caso di delega di funzioni si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo.
Vengono poi riportate alcune sentenze che hanno riguardato in questi anni il tema dei modelli organizzativi (MOG) e viene presentato l’esempio del Modello 231 di Intesa Sanpaolo.
La struttura di questo MOG prevede:
- parte generale (A): “riporta le caratteristiche e gli elementi essenziali del Modello”;
- protocolli (B): “dettagliano principi di comportamento e di controllo sulle attività aziendali sensibili”;
- processi e normativa aziendali (C e D): “sono collegati ai protocolli e ne fanno parte integrante”.
Concludiamo questa breve presentazione dando qualche ulteriore informazioni delle 4 parti della struttura del MOG.
La parte A:
- “definisce le responsabilità nell’approvazione, nel recepimento, nell’integrazione e nell’implementazione dei modelli oltre che nella verifica del funzionamento dei medesimi e dei comportamenti aziendali con relativo aggiornamento periodico;
- Richiama il Codice Etico ed il Codice Interno di Comportamento di Gruppo;
- Identifica l’Organismo di Vigilanza e la sua collocazione all’interno della struttura organizzativa aziendale, nonché le funzioni ed i poteri attribuiti allo stesso;
- definisce le modalità di comunicazione ed i flussi informativi minimali nei confronti dell’Organismo di Vigilanza;
- definisce i principi generali del sistema disciplinare, nonché le misure applicabili in caso di violazione delle regole dei modelli organizzativi;
- definisce il piano di comunicazione e di formazione del personale”.
Inoltre:
- la parte B: “costituisce la parte ‘stabile’ dei protocolli e individua, per ogni attività ‘sensibile’, l’ambito di applicazione in relazione all’organizzazione aziendale, una descrizione sintetica dei processi impattati, i principi di controllo e di comportamento su cui si basa la normativa aziendale di dettaglio. Tali principi sono stati sottoposti all’esame dei principali Process owner che ne hanno attestato la sostanziale corrispondenza con le prassi in uso”;
- la parte C: “identifica, per ogni attività, gli attori e i processi responsabili di attuare nel concreto i principi e le regole codificate dal Modello”;
- la parte D: “è rappresentata dal corpo normativo aziendale che disciplina le singole attività sensibili. Alla normativa sensibile è attribuito un ‘flag 231’ che ne consente un’agevole estrazione ai fini di evidenza documentale”
“ La responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01 e il Modello di organizzazione, gestione e controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, a cura di Gabriella Cazzola (Direzione Legale e Contenzioso, Intesa Sanpaolo), intervento al seminario “Sistemi di Gestione della Sicurezza e Salute sui Luoghi di Lavoro (SGSL): testimonianze nella pubblica amministrazione e nel privato” (formato PDF, 286 kB).
Tiziano Menduto
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