Organizzazione di lavoro: obiettivi, distorsioni e cambiamenti
Roma, 30 Ago – Abbiamo ricordato più volte quanto sia rilevante il tema del benessere organizzativo e come l’organizzazione del lavoro sia alla base di molti rischi, anche in materia di sicurezza. È quindi necessario continuare ad approfondire l’analisi delle organizzazioni e cercare di comprenderne l’evoluzione, le criticità e le eventuali strategie per superarle.
Per conoscere meglio le “organizzazioni” possiamo tornare a presentare una pubblicazione della Contarp dell’ Inail - a cura di Paolo Clerici, Annalisa Guercio e Loredana Quaranta – dal titolo “ La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni per la salute e sicurezza sul lavoro”. Un documento che presenta una metodologia sistematica da impiegare come “strumento operativo nella implementazione e nella conduzione dei SGSL al fine di gestire al meglio l’ elemento umano e di migliorare le prestazioni dell’organizzazione”.
Dopo aver raccontato, in un precedente articolo, cosa sia e come si configuri un’organizzazione, ci soffermiamo oggi sul tema degli obiettivi, delle distorsioni e della gestione del cambiamento.
Si sottolinea, innanzitutto, che le attività svolte e le dinamiche interne di un’organizzazione ruotano attorno ad un unico fulcro: “l’obiettivo primario, che è al contempo l’origine dell’organizzazione, il motore che la tiene in vita ed il suo fine ultimo”.
E se gli obiettivi vanno distinti in obiettivi primari (“solitamente uno o comunque pochi in più”) ed obiettivi secondari (o sotto-obiettivi), bisogna premettere che l’obiettivo primario è “la ragion d’essere dell’organizzazione, il suo scopo globale (produrre auto, fornire servizi di consulenza legale, coordinare il tempo libero degli anziani del quartiere, ecc.)”.
Invece gli obiettivi secondari/ sotto-obiettivi sono “svolti dalle sotto-strutture nelle quali è suddivisa l’organizzazione e sono funzionali e complementari alla realizzazione del fine principale (ufficio progettazione, servizio mensa, reparto contabilità, settore approvvigionamento, ecc.)”. E se esiste “congruenza tra i diversi sotto-obiettivi perseguiti dalle sotto-strutture che costituiscono l’ organizzazione nel suo complesso, è possibile raggiungere l’obiettivo primario”.
Veniamo alle criticità.
Una delle tipiche criticità è “legata all’eccessiva importanza che la sotto-struttura dà all’obiettivo secondario che le è stato affidato, anche a causa di indicazioni operative confuse e di leadership non coordinate o addirittura conflittuali; accade che la sotto-struttura, nello sforzo di perseguire il proprio sotto-obiettivo, agisca a discapito dell’obiettivo primario”.
Generalmente i conflitti che tale genere di confusione, di incomprensioni può generare, “quasi sempre legate a situazioni di carente leadership”, sono “abbastanza comuni nella vita reale delle organizzazioni: conflitti tra Ufficio Acquisti e Produzione, tra Ufficio Vendite e Logistica, ecc”.
In questo caso si parla di distorsione dei fini organizzativi, una distorsione che “deriva dalla eccessiva importanza assegnata ad aspetti non primari dell’attività dell’organizzazione”.
Si indica che se le distorsioni dovute a sovrastima “sono relativamente lievi “ (“non incidono sul fine principale dell’organizzazione pur tendendo a svilupparne alcuni aspetti a detrimento di altri”), molto più grave e più dannoso è il “fenomeno conosciuto sotto il nome di sostituzione dei fini”.
Questo fenomeno si genera in particolare quando all’interno dell’organizzazione “si sostituiscono ai fini legittimi altri fini, diversi da quelli per cui essa era stata creata e per i quali non avrebbero dovuto essere impiegate risorse; la forma più lieve e più comune di sostituzione dei fini è costituita dal processo attraverso il quale un’organizzazione rovescia l’ordine di precedenza tra i fini e gli strumenti per realizzarli, trasformando i mezzi in fine ed il fine in un mezzo: tipicamente, si formano centri d’interesse che si preoccupano più del mantenimento e dell’accrescimento dell’organizzazione che del raggiungimento degli scopi originari, con conseguente degenerazione dell’organizzazione. Ciò avviene a causa di un interesse esclusivo all’autoprotezione”.
Il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente e che si sofferma ampiamente anche sulle performance, sull’efficacia ed efficienza di un’organizzazione, si sofferma anche sulla risoluzione dei conflitti.
Infatti abbiamo visto che le sotto-strutture e la leadership “possono entrare in conflitto tra di loro per differenti motivi”, ad esempio “mancanza di chiarezza nella divisione del lavoro e nei rapporti che intercorrono tra loro, mancanza di rispetto dei regolamenti da una parte o da entrambe, differenze di interessi, punti di vista o personalità non opportunamente conciliati”.
E si ricorda che, d’altra parte, “i conflitti possono rappresentare un momento di crescita e cambiamento per l’organizzazione”. E soprattutto non “debbono essere tenuti nascosti ai livelli organizzativi più elevati”.
Si sottolinea che i metodi e le tecniche di risoluzione dei conflitti e di negoziazione “rappresentano uno dei bagagli fondamentali di cui deve essere in possesso una leadership efficace ed efficiente: essi sono direttamente proporzionali alle abilità gestionali ed organizzative, oltre che a capacità di comunicazione e coinvolgimento”. In particolare per quel che riguarda il fenomeno della distorsione o sostituzione dei fini da parte di una o più sotto-strutture, “è possibile assegnare lo svolgimento delle varie attività alle sotto-unità che sono addette a compiti direttamente connessi col fine: in tal modo i capi che controllano le attività dirette alla realizzazione del fine sono anche in grado di controllare i mezzi per tale realizzazione”.
Riguardo al mantenimento di un’organizzazione si segnala in definitiva che un’organizzazione è sana “se è:
- armoniosa rispetto agli obiettivi che si prefigge di conseguire;
- consapevole di essere una parte di un contesto più ampio;
- capace di riconoscere, selezionare, misurare le informazioni e rielaborarle in modo coerente alle proprie caratteristiche ed alla propria storia”.
Concludiamo questa disamina, svolta attraverso il contenuto della pubblicazione Inail, parlando dell’importanza della gestione del cambiamento nelle organizzazioni.
In particolare il cambiamento potrebbe essere definito come “qualsiasi evento richieda all’organizzazione un adeguamento dei propri obiettivi o delle modalità per raggiungerli, agendo coerentemente su tutti i livelli: ogni organizzazione deve cambiare e innovarsi per sopravvivere”. Ed è evidente che il cambiamento riveste “un ruolo strategico - ma anche culturale - nel ciclo di vita dell’organizzazione, per restare al passo delle modifiche esterne”.
Vengono presentate, ad esempio, alcune tipologie di cambiamenti a livello strategico (decisi per conseguire un vantaggio strategico):
- “cambiamenti tecnologici: riguardano le tecniche utilizzate per realizzare prodotti o servizi e comprendono metodi di lavoro, macchinari e flusso del lavoro;
- cambiamenti di prodotto/servizio: riguardano gli output dell’organizzazione in termini di prodotto o servizio. I nuovi prodotti e/o servizi vengono generalmente ideati per aumentare la quota di mercato o per raggiungere nuovi mercati, consumatori o clienti;
- cambiamenti di strategia e struttura: tali cambiamenti riguardano la struttura organizzativa, la gestione strategica, le politiche, i sistemi di ricompensa;
- cambiamenti culturali: cambiamenti nei valori, nelle attitudini, nelle aspettative, nelle opinioni, nelle capacità e nel comportamento dei componenti dell’organizzazione”.
I processi di cambiamento provocano tuttavia una serie di “reazioni tra i componenti all’interno dell’organizzazione la cui successione caratteristica definisce la cosiddetta ‘curva di accettazione individuale del cambiamento’” (Fumagalli L., Il cambiamento nelle organizzazioni, 2010 - Facoltà Scienze della comunicazione, Università Sapienza Roma) che riprendiamo dal volume Inail:
Si segnala poi che è importante che il processo di cambiamento “sia adeguatamente pianificato ed implementato, al fine di gestire correttamente le reazioni e diminuire l’impatto che queste possono avere sulle performance sia in termini di ampiezza (durata di eventuali cali di performance) che di profondità (entità dei cali)”.
Riportiamo infine alcuni strumenti a disposizione del management per gestire e governare efficacemente il cambiamento (cosiddette “4 leve del cambiamento”):
- Navigation: “ovvero il controllo della direzione del cambiamento;
- Leadership: l’azione di guida del cambiamento nel corso del processo;
- Ownership: la creazione del consenso, della motivazione e del coinvolgimento;
- Enablement: l’identificazione, l’acquisizione e l’utilizzo di strumenti e risorse necessari al cambiamento”.
Inail, “ La gestione dell’elemento umano nelle organizzazioni per la salute e sicurezza sul lavoro”, pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (CONTARP) e a cura di Paolo Clerici, Annalisa Guercio e Loredana Quaranta, edizione 2016, pubblicazione maggio 2016 (formato PDF, 3.13 MB).
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Tiziano Menduto
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