La difficile applicazione del decreto 231 ai gruppi societari
Urbino, 10 Gen – Il tema dell’applicazione della disciplina normativa in materia di sicurezza e salute sul lavoro all’interno delle società di capitali, con particolare riferimento al ruolo svolto dall’ organismo di vigilanza ex D.Lgs. 231/2001, “può essere sintetizzato come perfetta esemplificazione del concetto stesso di ‘complessità’. Tale complessità risulta dalla circostanza che il regime della vigilanza, da attuarsi in base alle prescrizioni del citato decreto legislativo, si inserisce all’interno del complessivo sistema dei controlli interni nelle società di capitali”.
Ad affrontare il tema della “complessità” e dell’applicazione del D.Lgs. 231/2001 nei gruppi societari è un articolato contributo al convegno di studi su «La sicurezza sul lavoro nella galassia delle società di capitali» (Università di Urbino, 14 novembre 2014). Un contributo raccolto, insieme agli altri atti del convegno, nel Working Paper, pubblicato da Olympus nel mese di dicembre 2015, dal titolo “ La sicurezza sul lavoro nella galassia delle società di capitali - Atti del Convegno di Studi - Urbino - 14 novembre 2014” e a cura di Piera Campanella e Paolo Pascucci (professori ordinari di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo).
In “L’applicazione del d.lgs. n. 231/2001 nei gruppi societari e nelle società quotate”, a cura di Elisabetta Righini (Professore associato di Diritto commerciale nell’Università di Urbino Carlo Bo), si indica che questo “regime della vigilanza”, anche “per effetto della sovrapposizione di numerose fonti normative, a causa dei ripetuti e stratificati interventi legislativi, regolamentari e di autodisciplina succedutisi negli ultimi anni”, ha portato all’esistenza “di una pluralità di organi ed organismi all’interno della struttura organizzativa delle società di capitali, soprattutto di quelle quotate, facenti ricorso al mercato del capitale di rischio od operanti nel settore dei mercati finanziari. Si è pertanto venuto in tal modo a creare un complesso sistema di organi e funzioni dotati di un coacervo di competenze spesso concorrenti fra loro e di difficile coordinamento reciproco”.
E all’assenza di una “ponderata opera di revisione e coordinamento della normativa esistente, e di una adeguata riflessione sul ruolo che ciascuno dei diversi organi ed organismi coinvolti sia chiamato a svolgere”, consegue una “sovrapposizione di competenze e di adempimenti che, oltre ad appesantire il funzionamento delle società, con una conseguente perdita di efficienza operativa ed un aggravamento dei costi di gestione, rischia di rendere scarsamente efficace (o comunque non pienamente efficace) il sistema stesso dei controlli, imponendo l’esigenza di una revisione, da più parti invocata, ma ancora oggetto di studio e di approfondimento”.
Nel corposo contributo, che vi invitiamo a leggere integralmente, si tenta di “ricostruire innanzitutto il sistema dei controlli endosocietari, così come si presenta nel nostro ordinamento giuridico vigente, individuando in particolar modo i compiti e le responsabilità afferenti all’ organismo di vigilanza di cui al d.lgs. n. 231/2001, per poi specificarne il ruolo e le competenze per ciò che si riferisce specificamente al tema della sicurezza sul lavoro”.
E per fare ciò l’autrice prende le mosse dal concetto stesso di “controlli interni” in generale e dalla “filosofia che sta alla base di questa impostazione”.
Riguardo alla complessa struttura di organi e di funzioni, analizzate nel contributo, l’elevato rischio di sovrapposizione di compiti, adempimenti e responsabilità, viene a creare un sistema che, “proprio perché eccessivamente strutturato e complesso, può risultare scarsamente efficiente”. Rischio di sovrapposizione “aggravato dal mancato coordinamento delle varie fonti normative, regolamentari e contenute nei vari codici di autodisciplina, che in tempi e contesti diversi hanno affrontato lo specifico argomento dei controlli interni nelle società per azioni”.
Il contributo ricorda che l’ Organismo di Vigilanza (OdV) rappresenta una “creazione propria del sistema normativo introdotto con il d.lgs. n. 231/2001, il quale è stato emanato in base alla delega di cui all’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, per adeguare la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali”. In particolare il decreto ha inserito – “introducendo un regime per cui l’ente o la società possono essere soggetti a sanzioni amministrative pecuniarie, interdittive, a confisca, e alla pubblicazione della sentenza, in caso di reati commessi nel loro interesse”, un “concetto del tutto nuovo per il nostro ordinamento, cioè quello di ‘colpevolezza dell’organizzazione’ in base alla quale una società o un ente possono essere chiamati a rispondere per reati commessi nell’interesse dell’ente stesso da parte di soggetti legati ad esso da particolari rapporti, qualora non riesca a dimostrare che la struttura aziendale fosse organizzata in maniera tale da prevenire in modo efficace tale eventualità”. In questo senso tale concetto di “colpevolezza” “assume un significato più ampio di quello di ‘colpa’, in quanto comprende non solo la negligenza derivante da un mancato adeguato controllo, ma anche la responsabilità derivante da politiche aziendali che incentivino la commissione di reati nell’interesse dell’ente, con ciò assumendo contorni affini al dolo”.
Si ricorda inoltre che per evitare la responsabilità dell’ente è necessaria la predisposizione di un idoneo “modello di organizzazione, gestione e controllo” (MOG), “per la prevenzione dei reati rilevanti ai sensi della normativa 231, affidando l’efficace attuazione di tale modello alla vigilanza di un apposito organismo di controllo o OdV”. E dunque il mancato rispetto del modello organizzativo espone la società o l’ente ad una responsabilità che viene definita come “ responsabilità amministrativa”.
Rimandando alla lettura del contributo, che riporta varie utili riflessioni sulla normativa, sul ruolo dell’Odv e sul tema delle responsabilità, riprendiamo alcune battute conclusive del contributo.
Si sottolinea ancora che il sistema introdotto dal D.Lgs. 231/2001 “impone alle imprese di adottare un modello organizzativo diverso e ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica, che andrà pertanto ad esso a sovrapporsi, onde evitare in tal modo la responsabilità amministrativa, aumentando quindi la complessità del sistema e i relativi problemi di coordinamento, dato che, sia per quanto riguarda i soggetti competenti, sia per ciò che si riferisce ai relativi adempimenti, deve ritenersi sussistente piena autonomia fra il sistema di controllo 231 e quello in tema di sicurezza sul lavoro”. Ed è da “escludere la conferibilità del ruolo di Organismo di controllo al ‘responsabile del servizio di prevenzione e protezione’ di cui al decreto n. 81/2008, anche se tale figura è dotata di autonomi poteri di iniziativa e controllo che esplica con continuità di azione, essendo evidente come lo stesso soggetto svolga un ruolo operativo che ne andrà a minare il requisito dell’indipendenza”.
In definitiva ne consegue che, nell’ambito delle tematiche della prevenzione e sicurezza sul lavoro, “nelle società di capitali e in particolar modo in quelle quotate o di grandi dimensioni e nei gruppi di società, l’organismo di vigilanza 231 costituirà un attore importante, che si andrà ad aggiungere a quelli previsti dalla normativa prevenzionistica, e la cui attività dovrà coerentemente integrarsi con quella di tali soggetti”. E se ciò “andrà necessariamente ad aumentare il grado di complessità, già particolarmente elevato”, tale complessità rischia, “da un lato, di vanificare gli sforzi per diffondere efficacemente all’interno della struttura aziendale una proficua cultura del controllo; dall’altro incide negativamente sulla tutela degli investitori e sul regolare funzionamento dei mercati, finendo per ridurre la competitività e l’attrattività del mercato azionario italiano, dato il ruolo cruciale svolto da un idoneo ed efficiente sistema di controlli interni”.
E fra le varie “proposte per realizzare una semplificazione e razionalizzazione del sistema dei controlli endosocietari” di recente avanzate, si è pertanto ipotizzata, “ai fini del contenimento del numero dei soggetti coinvolti nella funzione di controllo interno, una riflessione sulla possibilità di sopprimere l’organismo di vigilanza deputato al controllo e alla prevenzione dei reati (OdV), affidandone poteri e competenze al responsabile della funzione di internal audit o allo stesso collegio sindacale (quale organo di controllo interno)”.
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ La sicurezza sul lavoro nella galassia delle società di capitali - Atti del Convegno di Studi - Urbino - 14 novembre 2014”, a cura di Piera Campanella e Paolo Pascucci - professori ordinari di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo - Working Paper di Olympus 44/2015 inserito nel sito di Olympus il 31 dicembre 2015 (formato PDF, 2.56 MB).
Tiziano Menduto
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