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L’utilità dei modelli organizzativi nella promozione del benessere
Urbino, 27 Nov – Nei contesti lavorativi parlare di benessere organizzativo e di benessere individuale vuol dire “evocare i due pilastri su cui edificare la tutela da assicurare alla persona che lavora, tanto in ambito pubblico che privato, ossia organizzazione e salute”. E in questi contesti la dimensione del benessere non può non arrivare a “intrecciarsi con il ruolo, rivestito nella protezione del singolo, dal substrato organizzativo nel cui ambito egli rende la prestazione”.
Riportando il ragionamento “a una prospettiva di carattere organizzativo”, si indica che è l’organizzazione “a farsi carico anche di quella forma di rischi particolarmente insidiosi noti come psicosociali, sulla cui intensificazione la crescente diffusione dei processi di digitalizzazione e automazione è destinata a incidere fortemente”. Ed infatti tali fattori di rischio, “riguardando la relazione che il lavoratore intrattiene con l’attività svolta, l’ambiente di lavoro e le regole attraverso cui il lavoro stesso è organizzato, richiedono per l’appunto d’intervenire sul versante organizzativo al fine d’identificare le scelte di politica aziendale valutabili come condizioni di rischio, così da correggere i processi decisionali ad esse sottesi”.
Ed infatti nei nuovi scenari produttivi e del lavoro, “segnati dal peso viepiù preponderante assunto dal ricorso a strutture matematiche e algoritmi, è la nozione di salute che appare destinata a divenire sempre più centrale, stante il rilievo acquisito da una dimensione organizzativa concepita non solo come ambiente materiale nel quale la prestazione è resa, ma altresì quale ‘azione-che-organizza’ il lavoro altrui”.
A soffermarsi, in questi termini, sul concetto di organizzazione e salute, affrontando poi il tema dei modelli di organizzazione e di gestione (MOG), è un contributo di Chiara Lazzari (Professoressa associata di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo) presente nella parte dedicata a “Note e dibattiti” del numero 1/2025 di “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino.
Il contributo riprende, “con l’aggiunta di integrazioni e riferimenti bibliografici”, un intervento svolto al convegno “La salute sul lavoro, oggi. Inclusione, benessere organizzativo, partecipazione” (Urbino, 7 marzo 2025)”
Nel presentare brevemente questo contributo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Modelli di organizzazione e di gestione: organizzazione e salute
- Modelli di organizzazione e di gestione: partecipazione e inclusione
Modelli di organizzazione e di gestione: organizzazione e salute
Il contributo/saggio di Chaira Lazzari - pubblicato sulla rivista “Diritto della sicurezza sul lavoro” e intitolato “Brevi note in tema di MOG e salute, fra partecipazione e inclusione”, presenta – come indicato nell’abstract - una riflessione sul “rapporto fra salute e organizzazione, valorizzando il contributo che i modelli di organizzazione e di gestione ex art. 30 d.lgs. n. 81/2008 possono fornire, anche quali strumenti di partecipazione e inclusione, alla creazione di un ambiente di lavoro volto a promuovere il benessere complessivo della persona”.
Infatti, riguardo alla promozione della salute della persona che lavora, si indica che il “punto d’approdo di un ragionamento volto a riflettere sugli strumenti più idonei ad assicurare la salute a tutto tondo della persona che lavora non può che essere, allora, la decisa valorizzazione dei modelli di organizzazione e di gestione (MOG) ex d.lgs. n. 231/2001, evocati dall’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008”. E questo “a prescindere dalla loro portata esimente rispetto alla responsabilità degli enti come definiti dalla normativa del 2001”.
Infatti si rileva l’utilità dei modelli di organizzazione “nella creazione di un contesto organizzativo teso alla promozione del benessere complessivo di chi presta un’attività lavorativa”: l’adozione ed efficace attuazione del MOG appare “in grado di favorire in ogni ambito, privato o pubblico che sia, la costruzione di un sistema aziendale di prevenzione più trasparente, in quanto tale idoneo a essere costantemente monitorato nel suo corretto funzionamento. Ciò che contribuisce indubbiamente a creare un clima ambientale propizio per la diffusione di quel benessere, organizzativo e individuale, che, al contrario, una struttura, aziendale e del lavoro, opaca e dai ruoli confusi può compromettere, agevolando condotte e pratiche, come le molestie sessuali o il mobbing, destinate a impattare negativamente sulla salute, in senso ampio, della persona”.
Tra l’altro il MOG si colloca “al centro di una densa trama normativa, che non si esaurisce nel d.lgs. n. 81/2008 e che conferma come la nozione di benessere organizzativo costituisca, in ultima analisi, “nozione multidimensionale e inclusiva, capace, cioè, di abbracciare una pluralità di profili, rispetto ai quali il metodo procedurale su cui il MOG è fondato si pone in chiave strumentale, delineando uno spazio comune d’azione per la tutela integrale della persona che lavora”. In questo senso , l’implementazione di modelli di valutazione e gestione del rischio - “idonei a innescare procedure tracciabili di monitoraggio, riesame ed eventuale modifica dei processi organizzativi” - rappresenta “il tramite attraverso cui agevolare lo stare bene del lavoratore sotto molteplici punti di vista, che concorrono tutti a definire i contorni di un’organizzazione, pubblica o privata, in senso lato virtuosa, perché ispirata a principi di legalità e di rispetto dei diritti fondamentali della persona, tra cui quello alla salute”.
Modelli di organizzazione e di gestione: partecipazione e inclusione
Il contributo si sofferma anche sui modelli di organizzazione quali strumenti di partecipazione e inclusione.
Infatti, prendendo le mosse dall’art. 30, del d.lgs. n. 81/2008, secondo cui il MOG, per avere efficacia esimente, deve garantire un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi relativi alle attività di natura organizzativa, quali ‘consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza’, la sfida che si prospetta “è quella d’implementare il controllo della rappresentanza specializzata – e, suo tramite, dei lavoratori – sui processi organizzativi, in chiave di promozione del benessere, entro il quadro dei MOG, anche al di là del mero dato letterale, che, a rigore, richiama soltanto le ‘consultazioni’”.
In definitiva – continua l’autrice – “salute, organizzazione, partecipazione e inclusione sembrano potersi ricomporre in un quadro unitario che trova nell’adozione ed efficace attuazione dei MOG il migliore compendio”. E tale strumento meriterebbe un “maggiore sostegno ad opera del legislatore tramite la previsione di ulteriori meccanismi premiali”, come “una più decisa valorizzazione, anche sul piano giudiziario, degli esiti dell’asseverazione”.
Riguardo poi alla pubblica amministrazione si ricorda che è stato recentemente osservato (il saggio riporta nel dettaglio tutte le fonti) come lo stare bene nell’ambiente di lavoro “rappresenti la precondizione per generare quel valore pubblico, da essa perseguito, costituito dal benessere dei cittadini”. E a questo riguardo – “ampliando lo sguardo oltre la natura giuridica, pubblica o privata, del datore di lavoro” – l’autrice rimarca come “l’espresso riferimento alla dimensione sociale del benessere, contenuto nella definizione di salute accolta dal d.lgs. n. 81/2008, induca l’interprete a soffermarsi sui profili relazionali che collegano la persona all’ambiente – non solo di lavoro, ma anche di vita – nel quale la stessa è inserita, sollecitandolo a valorizzare il rapporto osmotico tra salute occupazionale e salute della popolazione, così da superare – in una prospettiva autenticamente circolare – ogni rigida barriera fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’”.
In conclusione, il contributo sottolinea che, se fra i tanti ‘reati presupposto’ ( D.Lgs. 231/2001), compaiono anche i reati ambientali, il MOG “si candida a strumento idoneo a realizzare, anche sotto questo aspetto, una strategia di prevenzione integrata”.
E questo si rivela “del tutto in linea con la recente riforma dell’art. 41, comma 2, Cost., traducendo concretamente – per l’appunto sul piano dell’integrazione del metodo attraverso cui i rischi sono gestiti – l’idea, che pare emergere dal testo novellato della norma costituzionale, di un legame ormai inscindibile fra ambiente interno e ambiente esterno all’organizzazione”.
Tiziano Menduto
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