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Sulla non responsabilità del DDL per manovre pericolose del lavoratore
Commento a cura di G. Porreca.
Bari, 4 Feb – Facendo riferimento ad un infortunio occorso ad un lavoratore il quale durante la sua attività presso una macchina ha subito un infortunio dopo aver manomesso dei dispositivi di protezione della macchina stessa, la Corte di Cassazione in questa sentenza ha avuto modo di precisare che la responsabilità del datore di lavoro va totalmente esclusa se l’infortunio accaduto ad un lavoratore normalmente esperto è causato da una sua manovra estremamente pericolosa e non necessaria per il compito assegnatogli. La suprema Corte ha messo in evidenza, altresì, che l’obbligo del datore di lavoro di vigilare affinché siano impediti atti e manovre rischiose da parte del lavoratore dipendente nello svolgimento della propria attività nonché di controllare l’osservanza da parte dello stesso delle norme di salute e sicurezza sul lavoro non comporta una continua vigilanza nell’esecuzione di ogni attività né il dovere di affiancare un preposto ad ogni lavoratore impegnato in mansioni richiedenti la prestazione di una sola persona o di organizzare il lavoro in modo da moltiplicare verticalmente i controlli fra i dipendenti ma richiede, invece, solo una diligenza rapportata in concreto al lavoro da svolgere e quindi all’esperienza ed alla specializzazione del lavoratore, alla sua autonomia, alla prevedibilità della sua condotta e alla normalità della tecnica della lavorazione.
L’evento infortunistico e l’esito delle sentenze di primo e secondo grado
La Corte di Appello in parziale accoglimento del ricorso proposto dall'Inail ed in riforma della sentenza emessa dal Tribunale, ha condannato un datore di lavoro al pagamento dell'importo di Euro 26.027,66 in favore dell'istituto stesso per le somme erogate in relazione all'infortunio sul lavoro subito da un lavoratore dipendente. L'infortunio si era verificato mentre il lavoratore effettuava con una macchina fresatrice un’operazione di "scorniciamento" di un pannello di legno massiccio ed allorquando, benché avesse provveduto a montare correttamente la macchina dotandola degli appositi dispositivi di sicurezza, ha provveduto ad un certo punto della lavorazione, al fine di fresare la parte sagomata del pannello di legno, a togliere una guida ed il relativo archetto di protezione consentendo quindi alla mano di venire in contatto con una parte pericolosa della macchina.
La stessa Corte d’Appello aveva rilevato che, pur se l'infortunato aveva posto in essere una manovra estremamente pericolosa, non si poteva ritenere che il suo comportamento avesse interrotto il nesso di causalità tra evento e la condotta colposa del datore di lavoro, avuto riguardo quantomeno al profilo dell'omessa vigilanza da parte dello stesso sul rispetto delle misure di sicurezza, ed aveva ritenuto altresì che nel caso considerato i comportamenti colposi del datore e del lavoratore avessero concorso al verificarsi dell'evento dannoso nella misura del 50% ciascuno.
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Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
Il datore di lavoro ha deciso di ricorrere alla Corte di Cassazione adducendo due motivi. Come primo motivo lo stesso ha fatto rilevare che erroneamente la Corte di Appello, pur ritenendo che non fosse addebitabile al datore di lavoro alcuna violazione degli obblighi di sicurezza imposti dagli articoli del D.P.R. n. 547/1955, essendo la macchina fresatrice dotata dei regolari dispositivi di sicurezza e dei congegni di protezione, aveva poi affermato che la manovra estremamente pericolosa e non necessaria per l'esecuzione del compito assegnato a lavoratore non avesse interrotto il nesso tra evento e condotta colposa del datore, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Come secondo motivo ha fatto presente, altresì, che, pur riconoscendo la stessa Corte l'assoluta pericolosità della manovra posta in essere dal lavoratore e pur avendo nella ricostruzione dei fatti precisato che la macchina fresatrice era dotata di dispositivi di sicurezza assolutamente efficienti, ha fatto poi richiamo all’obbligo di una costante vigilanza da parte del datore di lavoro, finalizzata a prevenire e far cessare ogni manomissione da parte dei dipendenti, ma non aveva però poi esplicitato quali ulteriori cautele egli avrebbe dovuto apprestare.
“In tema di responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio sul lavoro subito da un suo dipendente”, ha fatto presente la Corte di Cassazione nella sua sentenza, “l'obbligo del datore stesso di vigilare affinché siano impediti atti o manovre rischiose del dipendente nello svolgimento del suo lavoro e di controllare l'osservanza da parte dello stesso delle norme di sicurezza e dei mezzi di protezione non comporta una continua vigilanza nell'esecuzione di ogni attività né il dovere di affiancare un preposto ad ogni lavoratore impegnato in mansioni richiedenti la prestazione di una sola persona, o di organizzare il lavoro in modo da moltiplicare verticalmente i controlli fra i dipendenti, richiedendosi solo una diligenza rapportata in concreto al lavoro da svolgere, e cioè alla ubicazione del medesimo, all'esperienza e specializzazione del lavoratore, alla sua autonomia, alla prevedibilità della sua condotta, alla normalità della tecnica di lavorazione”. “La responsabilità del datore di lavoro”, ha quindi proseguito la Sezione Lavoro, “va totalmente esclusa se l'infortunio, accaduto a lavoratore normalmente esperto, trovi causa in una manovra dello stesso estremamente pericolosa e non necessaria per l'esecuzione del compito affidatogli, poiché l'elevata pericolosità di tale condotta ne comporta la imprevedibilità in un lavoratore di normale esperienza”.
La Corte di Cassazione ha quindi richiamato un principio fondamentale della giurisprudenza e cioè quello secondo il quale in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro le norme sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso ai lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive sia quando non accerti e vigili che di queste misure protettive venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l'imprenditore all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale dell’imprenditore stesso da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento.
Tuttavia, pur tenendo conto del sopraindicato principio consolidato, la suprema Corte di Cassazione ha accolto in questa circostanza il ricorso del datore di lavoro rinviando la causa alla Corte di Appello di provenienza per una nuova valutazione avendo ritenuto la sua pronunzia non del tutto chiara nel suo iter logico ed insufficientemente motivata nella parte in cui si era riferita ad un generico obbligo di vigilanza del datore, senza tuttavia specificare quali ulteriori cautele lo stesso avrebbe dovuto apprestare nel caso in esame.
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