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Sulla figura del datore di lavoro “formale” e di fatto
Si esprime la Corte di Cassazione in questa sentenza sulla figura del datore di lavoro di fatto e su quello che risulta essere tale formalmente dalla documentazione di contratto. La stessa nell’individuare la responsabilità per un infortunio occorso ad un lavoratore caduto da una scala durante lo svolgimento di alcuni lavori agricoli, ha infatti sostenuto che l’individuazione di un datore di lavoro “formale”, risultato tale dalla documentazione di contratto non si pone comunque in contrapposizione con la eventuale esistenza anche di un datore di lavoro di fatto sicché affermare l'esistenza di un datore di lavoro sulla scorta di quanto emerge da documenti non può valere ad escludere che tale ruolo fosse stato in concreto assunto anche da altri.
Il caso, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
La Corte di Appello ha riformato la pronuncia emessa dal Tribunale con la quale un datore di lavoro era stato ritenuto responsabile del reato di lesioni personali colpose commesse in danno di un lavoratore e condannato alla pena ritenuta equa. Secondo il giudice di primo grado dalle dichiarazioni della persona offesa era emerso che l’infortunato era stato assunto 'in nero' dall’imputato ed avviato ai lavori di raccolta degli agrumi e che questi nello svolgimento di tali compiti è caduto da una scala riportando lesioni personali da ricondurre all’imputato quale datore di lavoro di fatto.
La Corte territoriale, da parte sua, ha mandato assolto l’imputato sostenendo che l'accertamento processuale non aveva consentito di ritenere che l'imputato fosse stato datore di lavoro dell’infortunato e quindi titolare degli obblighi prevenzionistici la cui violazione aveva determinato l'infortunio allo stesso occorso. Tanto in ragione della ritenuta inattendibilità della dichiarazione dell’infortunato e della circostanza che la proprietaria del terreno ove si svolgeva la raccolta degli agrumi aveva effettuato una comunicazione di assunzione di quel lavoratore, anche se tardiva tanto da essere sanzionata dall'Ispettorato del lavoro, e che l’Inail aveva riconosciuto che l’infortunio fosse occorso mentre svolgeva attività lavorativa alle dipendenze della proprietaria del terreno.
Avverso tale decisione ha ricorso per cassazione il lavoratore infortunato, costituitosi parte civile a mezzo del difensore di fiducia, sostenendo che la denuncia infortuni si riferisse ad altro lavoratore e non a lui, lamentandosi inoltre che la Corte di Appello non aveva tenuto conto delle dichiarazioni rese da alcuni testimoni. L’imputato da parte sua, con propria memoria difensiva, ha chiesto il rigetto del ricorso avanzato dall’infortunato non ritenendo sussistente i vizi motivazionali dallo stesso indicati nel suo ricorso e sostenendo che l'obbligo prevenzionistico la cui violazione ebbe a determinare l'infortunio era da attribuire alla proprietaria del terreno.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che ha perciò annullata la sentenza impugnata. Secondo la suprema Corte il giudice di primo grado aveva affermato che l’imputato era stato il datore di lavoro di fatto dell’infortunato a ciò pervenendo sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, che aveva riferito di essere stato ingaggiato telefonicamente dallo stesso e di aver ricevuto da questi il salario. A fronte di ciò la Corte di appello ha valorizzato dati meramente formali, quali il fatto che la documentazione, tutta formata dopo l'incidente, era stata sottoscritta dalla proprietaria del terreno e indicava in essa la datrice di lavoro. La Corte di Appello, secondo la Sez. IV, ha quindi svolta una argomentazione manifestamente illogica, avendo contrapposto ad un accertamento di una situazione di fatto un'analisi della situazione 'apparente'.
“Orbene, è noto che in materia prevenzionistica”, ha così concluso la suprema Corte, “il datore di lavoro, titolare degli obblighi prevenzionistici, va individuato sia in colui che risulta parte in senso formale del contratto di lavoro sia nel soggetto che di fatto assume i poteri tipici della figura datoriale” per cui “ne consegue che l'individuazione di un datore di lavoro 'formale' non si pone in contrapposizione con l'eventualità dell'esistenza anche di un datore di lavoro di fatto; sicché affermare l'esistenza di un datore di lavoro sulla scorta di quanto emerge da documenti non può valere ad escludere che tale ruolo fosse stato in concreto assunto anche dal datore di lavoro di fatto”. Per quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata di proscioglimento dell'imputato con rinvio, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Gerardo Porreca
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