Sulla configurabilità del reato di omessa consegna dei documenti
Il reato previsto dall'art. 4 della legge n. 628/1961, alla luce del quale sono punibili coloro i quali, legalmente richiesti dagli organi ispettivi di fornire notizie sul processo produttivo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, è l’argomento di questa sentenza della Corte di Cassazione con la quale la stessa, chiamata a decidere su un ricorso presentato da un datore di lavoro, ha annullata la sentenza con la quale lo stesso era stato condannato dal Tribunale prima e dalla Corte di Appello poi alla pena di un mese di arresto e di 200 euro di ammenda per non avere fornito nella qualità di committente di alcuni lavori edili affidati a un’impresa esecutrice ed effettuati nella propria abitazione.
Il reato previsto dall'art. 4 della legge n. 628/1961, ha precisato la suprema Corte, ha la sua ratio nel rafforzamento dei poteri di vigilanza dell’organo ispettivo competente in materia di lavoro in sede amministrativa, sia per la richiesta di notizie che per l'omessa esibizione di documenti e lo stesso, quindi, non è configurabile quando l’ispettore agisce quale delegato della Procura della Repubblica, o anche in via autonoma quale autorità di P.G. in indagini penali. Del resto, ha aggiunto la stessa Corte, se la P.G. (ad esempio Carabinieri o Polizia di Stato) chiedesse documenti in sede di indagini penali a un indagato (o possibile indagato) non si configurerebbe certamente un reato se viene rifiutata l'esibizione. La P.G., infatti, ha poteri suoi propri già molto incisivi in quanto potrebbe sequestrare i documenti, se fosse necessario, cosa che certamente non è consentito in sede amministrativa agli ispettori di vigilanza con la stessa facilità e con gli stessi poteri che ha la polizia giudiziaria in sede di indagini penali.
Il caso, il ricorso per cassazione e le decisioni della suprema Corte
La Corte di appello ha confermata la decisione del Tribunale che aveva condannato la committente di alcuni lavori edili da effettuarsi nella propria abitazione alla pena di un mese di arresto e di 300 euro di ammenda, relativamente al reato di cui all'art. 4, comma 7 della legge n. 628/1961 perché non aveva fornito entro il termine stabilito le informazioni legalmente richieste dagli ispettori del lavoro con un loro verbale di diffida.
L'imputata ha proposto ricorso per cassazione adducendo alcune motivazioni. La stessa ha messo in evidenza soprattutto che nell'ambito di un'indagine penale non vi è l’obbligo di consegnare dei documenti ai sensi dell’art. 4 della legge n. 628/1961 e che nel caso particolare di cui al giudizio la richiesta di produzione documentale non era stata effettuata per l'espletamento di indagini di polizia amministrativa ex art. 8 del D.P.R. n. 520/1955 e neanche per lo svolgimento di compiti di vigilanza o istituzionali dell'organo ispettivo, ma nell'ambito dello svolgimento delle indagini relative a un infortunio mortale accaduto a un lavoratore durante i lavori in corso nella propria abitazione, nelle quali avrebbe potuto essere coinvolta per il reato di omicidio colposo in concorso.
Anche nella stessa diffida ad esibire la documentazione fatta dall’ispettore, ha così proseguito la ricorrente, era stato indicato espressamente che lo stesso agiva su delega della Procura della Repubblica in riferimento a un procedimento penale e di tale particolare era stato anche dato atto nella sentenza di primo grado. Nessuno, ha così concluso la ricorrente chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, può essere obbligato a produrre documenti contro la sua posizione processuale nell'ambito delle indagini penali costituendo peraltro tale obbligo una violazione dell'articolo 24 della Costituzione.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso relativamente al motivo legato all’assenza di un obbligo di consegna dei documenti nell'ambito di un'indagine penale. “Il reato previsto dall'art. 4, legge n. 628/1961”, ha precisato la suprema Corte, “ha la sua ratio nel rafforzamento dei poteri di vigilanza dell'Ispettorato del lavoro in sede amministrativa, sia per la richiesta di notizie e sia per l'omessa esibizione di documenti”.
L'art. 4 citato, ha così proseguito la Sez. III, prevede espressamente che siano puniti coloro che, legalmente richiesti dall'Ispettorato di fornire notizie, non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete per cui è la stessa norma che limita la sua applicazione solo all'attività in via amministrativa dell'Ispettorato del lavoro e non anche all'attività di polizia giudiziaria svolta da appartenenti allo stesso Ispettorato. Del resto se la P.G. (ad esempio Carabinieri o Polizia di Stato) chiedesse documenti in sede di indagini penali a un indagato (o possibile indagato) non si configurerebbe certamente un reato nel caso rifiutasse l'esibizione. La P.G. ha poteri suoi propri già molto incisivi, infatti potrebbe sequestrare i documenti, se fosse necessario; cosa che certamente in sede amministrativa non è consentito agli Ispettori del lavoro, con la stessa facilità e con gli stessi poteri della polizia giudiziaria in sede di indagine penale.
Nel caso in giudizio, ha così proseguito la Corte suprema, è stato documentalmente accertato che l’ispettore del lavoro aveva richiesto la documentazione in oggetto quale attività di polizia giudiziaria nell'ambito del procedimento di indagine per la morte del lavoratore e che lo stesso stava agendo su delega della Procura della Repubblica per cui conseguentemente il rifiuto alla consegna di documentazione, consistente nel contratto di appalto, non poteva configurare il reato contestato. Nel caso particolare anzi si sarebbero potuti configurare altri reati, quale ad esempio il favoreggiamento, ma ciò non è stato fatto.
La Corte di Cassazione in conclusione, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, ha enunciato il principio di diritto secondo cui “il reato previsto dall'art. 4, legge n. 628/1961 ha la sua ratio nel rafforzamento dei poteri di vigilanza dell'Ispettorato del lavoro in sede amministrativa, sia per la richiesta di notizie e sia per l'omessa esibizione di documenti e, quindi, lo stesso non è configurabile quando l'Ispettorato del lavoro agisce (quale delegato della Procura della Repubblica, o anche in via autonoma quale autorità di P.G.) in indagini penali”.
Gli obblighi del datore di lavoro di cui all’articolo 2087 del Codice Civile non configurano una forma di responsabilità oggettiva. Focus sul contratto di somministrazione.
L’obbligo datoriale della massima sicurezza tecnicamente fattibile di cui all’articolo 2087 del Codice Civile non configura una forma di responsabilità oggettiva. Approfondimento sul contratto di somministrazione.
Gerardo Porreca
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.