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Sul contenuto del documento di valutazione dei rischi

Sul contenuto del documento di valutazione dei rischi
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

25/07/2016

Nel DVR vanno indicate, secondo il d. lgs. 81/08, le procedure per l’adozione delle misure di prevenzione da attuare nonché i ruoli che vi devono provvedere. Di Gerardo Porreca.


Vengono messe a confronto dalla Corte di Cassazione in questa sentenza le disposizioni emanate, in merito alla valutazione dei rischi ed alla redazione del documento di valutazione dei rischi, dall’attuale D. Lgs. 81/2008 con quelle corrispondenti emanate nella precedente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro con l’articolo 4 del D. Lgs. n. 626/1994, dovendo la stessa Corte decidere sul ricorso presentato da un datore di lavoro secondo il quale la disposizione particolare di individuare nel DVR le procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli della organizzazione aziendale che vi devono provvedere sono state introdotte dalla nuova normativa e non erano invece previste in quella preesistente vigente al momento dell’evento infortunistico di cui alla sentenza.

Il fatto che l’obbligo di formalizzare le procedure necessarie per l’approntamento degli strumenti  cautelari fosse stato imposto con la normativa di sicurezza successiva all’evento, ha sostenuto in merito la suprema Corte, non significa affatto, secondo il senso della logica comune, che, vigente la precedente normativa, non fosse comunque da contemplare una procedimentalizzazione.

 

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Il fatto e l’iter giudiziario

La Corte di Appello ha confermata la sentenza emessa dal Tribunale con la quale, il presidente del consiglio di amministrazione e il dirigente di una società sono stati giudicati colpevoli del reato di lesioni colpose gravi, con violazione della normativa antinfortunistica, ai danni di un lavoratore dipendente e condannati alla pena rispettivamente stimata di giustizia, nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede, ponendo provvisionale a carico di entrambi. Il lavoratore aveva patito lesioni in quanto era stato violentemente sbalzato a terra dal cassone di un autocarro, sul quale era intento a contenere con la forza delle braccia delle transenne parapedonali, che caricate sul mezzo, dovevano ancora essere assicurate e che, a causa di un repentino sbalzo in avanti del mezzo, hanno finito per sospingerlo fuori dal cassone.

Al presidente del consiglio di amministrazione, quale datore di lavoro, era stato imputato di aver redatto un documento di valutazione rischi (DVR) inadeguato e carente a riguardo della procedura da rispettare per ridurre al minimo i rischi derivanti dal carico e impilamento delle transenne parapedonali, utilizzate per disciplinare l'afflusso delle persone in occasione di manifestazioni, omettendo, in particolar modo di prescrivere all'autista di scendere dal mezzo durante la fase di caricamento di tali manufatti. Al dirigente era stato invece contestato di essere venuto meno ai propri obblighi di formazione ed informazione del lavoratore.

 

I ricorsi in Cassazione e le motivazioni

Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione lamentando che  l’inadempimento che gli era stato contestato e cioè il non avere stilato il “programma di attuazione” non era previsto dalla legislazione vigente al momento del fatto in applicazione dell’art. 4, comma 2, del D. Lgs. n. 626/1994, ma solo dalla normativa successivamente emanata con l’art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008, la quale aveva apportato la novità consistente nella “individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare” ragione per cui, a suo parere, il documento di valutazione dei rischi elaborato doveva ritenersi, alla data del fatto, completo e idoneo secondo le disposizioni dell'art. 4 citato. Nel documento, infatti, era stata prevista la possibilità d'infortuni nell'utilizzo dei mezzi meccanici di movimentazione, il pericolo di cadute dall'alto nella fase di salita e discesa dai mezzi e la possibilità di traumi dorso-lombari nelle operazioni di movimentazione dei carichi. Secondo il datore di lavoro la Corte di merito aveva errato nel considerare tali enunciati generici e, comunque, non strettamente pertinenti e, suggestionata dal nuovo DVR (stilato dopo l'infortunio), aveva ritenuto che l’unica prescrizione efficace sarebbe stata quella di imporre all'autista di scendere dal mezzo fino a constatata conclusione dell'attività di caricamento. Quella esposta, comunque, non era che una delle tante cautele praticabili secondo le ordinarie regole prudenziali che l'operatore posto alla guida avrebbe dovuto tenere. Come seconda motivazione il ricorrente ha sostenuto che la condotta dell’autista era da ritenersi abnorme, imprevista ed imprevedibile ed aveva pertanto interrotto il nesso di causalità.

Il dirigente, da parte sua, ha sostenuto nel suo ricorso che non si poteva richiedere a lui un obbligo di formazione ed informazione a riguardo di una procedura operativa non prevista dal DVR ed ha messo in evidenza, altresì, che la perdita d'equilibrio del lavoratore non era dipesa dalle modalità di carico, bensì dalla condotta improvvida dell'autista dell'automezzo.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha fatto osservare preliminarmente che dopo la sentenza di secondo grado è venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato e, quindi, s'imponeva la declaratoria estintiva agli effetti penali. Quanto alle statuizioni civili ha fatto invece osservare che le doglianze, esaminate analiticamente, non meritavano di essere accolte.

Entrambi gli imputati, secondo la Corte suprema, hanno proposto, in definitiva, un'inaccettabile lettura frammentaria e formalistica delle previsioni normative volte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Lo stesso datore di lavoro, ha fatto notare la suprema Corte, aveva affermato che la disposizione di cui alla lett. b) del comma 2 dell'art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008 coincide, nella sostanza, con quella di cui alla norma in precedenza in vigore (art. 4, comma 2, del D. Lgs. n. 626/1994). Per comodità la suprema Corte ha ripreso le parole esatte della disposizione di cui all’art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008, la quale, fra l'altro, prescrive di riportare nel DVR “l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati” il che da solo basta a confermare la penale responsabilità del datore di lavoro. Dall’elenco dei rischi individuati nel DVR, ha fatto notare la Sez. IV, non è dato cogliere alcuno specifico e puntuale riferimento alla delicata operazione di carico, affastellamento e fermo dei numerosi, ingombranti e pesanti parapedonali sul cassone dell'autocarro, manovra, questa, che era resa ancor più difficile dal fatto che i predetti manufatti, costruiti per essere fermati al suolo attraverso i pioli posti alle loro estremità, da affogare nei fori predisposti al suolo, implicava la difficoltà di mantenere in piedi i parapedonali stessi, costipandoli verso il fondo del cassone a forza di braccia e meno che mai è dato cogliere la misura cautelare atta a prevenire possibili infortuni  (è evidente che non si tratta del generico rischio da salita e discesa dai mezzi o da sollevamento di oggetti pesanti).

In merito alla prescrizione di cui alla lett. c) dell'art. 28, indicata nel ricorso riguardante “l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare...”) la Corte suprema ha fatto osservare che tale espressione descrive ipotesi complesse nelle quali è utile non solo prevedere le misure prevenzionali, ma anche il percorso attuativo, coinvolgente ruoli, funzioni e competenze diverse, attraverso il quale giungere al risultato cautelare. In definitiva, la nuova normativa, fermo restando l'obbligo di prevenzione e protezione, previa individuazione delle specifiche ipotesi (se del caso mediante l'apporto di figure professionali ad hoc), ha disposto di formalizzare le procedure necessarie, ove l'applicazione delle misure preventive imponga il coinvolgimento plurisoggettivo e plurisettoriale citato. “Ciò non significa affatto, già secondo il senso della logica comune”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “che, vigente la precedente normativa, ove la misura prevenzionale per la sua attuazione imponesse una qualche procedimentalizzazione, non fosse da contemplare”. Restava, semmai, fuori dall'area del precetto, appunto, l'iter procedimentale, da intendersi quale scelta delle soggettive competenze da coinvolgere. Nel caso in esame, peraltro, secondo la suprema Corte, e ciò solo basterebbe, si è ben al di fuori di quelle complesse ipotesi nelle quali la tutela antinfortunistica richiede un'apprezzabile procedura attuativa. Qui, infatti, sarebbe bastato prevedere (come, poi, dopo l'infortunio è stato fatto) che l'autocarro restasse fermo per tutto il tempo dell'operazione di carico, imponendo all'autista di scendere dalla cabina o qualunque altra precauzione, atta allo scopo.

Radicalmente destituita di fondamento è apparsa pertanto, secondo la Sez. IV, la pretesa dei ricorrenti di qualificare la condotta lavorativa dell'autista dell'autocarro imprevedibile e imprevenibile, in quanto abnorme essendo da escludere, secondo la logica comune, la sussistenza di una condotta avulsa dallo svolgimento della mansione, abnorme e, pertanto, imprevedibile da parte del soggetto protetto dalla garanzia. Contrariamente a quanto sostenuto, infatti, si è trattato di un tragico evento occorso nell'esercizio e a causa dello svolgimento d'una attività integrata puntualmente nel contesto lavorativo e ,come tale, del tutto prevedibile e prevenibile dal garante. La circostanza che l'autista abbia messo intempestivamente in movimento l'autocarro, dovuta a più ipotizzabili ragioni (erroneo convincimento che l'operazione di carico si fosse conclusa, improvvido bilanciamento frizione/acceleratore, accidentale azionamento, ecc.), non può costituire una ipotesi di imprevedibilità  in quanto si è trattato, al contrario, di un tipica, e perciò prevedibile e prevenibile avventatezza compatibile con l’attività lavorativa in corso.

Con riferimento, infine, al ricorso del dirigente ed all’obbligo di formazione e informazione, la Corte di Cassazione ha fatto notare che lo stesso era limitato a quanto definito nel DVR, anche se lo stesso fosse da considerare difettoso, trovando, invece, fonte negli attuali articoli 36 e 37 riportanti sostanzialmente le previsioni previgenti. In altri termini, allo stesso era stato assegnato uno dei compiti datoriali e cioè quello di cui all'attuale art. 18, comma 1, lett. i) per cui aveva l'obbligo di organizzare la didattica antinfortunistica per tutti gli addetti, concernente tutte le tematiche settorialmente rilevanti ed ha fatto notare, altresì, che ove l'imputato avesse fatto luogo all'azione doverosa omessa, che avrebbe portato il lavoratore ad acquisire piena consapevolezza delle modalità attraverso le quali caricare in sicurezza l'autocarro, l'evento non si sarebbe verificato, o avrebbe avuto conseguenze meno gravi.

Per quanto sopra detto la Corte di Cassazione ha quindi annullata senza rinvio, ai fini penali, la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione ed ha rigettato il ricorso ai fini civili.

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 4347 del 2 febbraio 2016 (u. p. 26 novembre 2015) -  Pres. Brusco – Est. Grasso – Ric. V.G. e T.F. - Nel dvr vanno indicate, secondo il d. lgs. 81/08, le procedure per l’adozione delle misure di prevenzione da attuare nonché i ruoli che vi devono provvedere. L’obbligo di tale indicazione era di fatto esistente anche in vigenza del d. lgs. 626/94.





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Rispondi Autore: Paolo Veronese - likes: 0
28/07/2016 (15:32:00)
In riferimento alla vicenda credo che sia da sottolineare un elemento importante che a mio avviso non viene risaltato in maniera adeguata e cioè il fatto che il datore di lavoro, così come anche il lavoratore, deve fare tutto il possibile affinché sia garantita la sicurezza durante lo svolgimento del proprio lavoro. Finiamo sempre a ridurre la sicurezza ad un semplice adempimento di legge quando invece dovrebbe andare ben oltre diventando quindi una prassi abituale. Non formo e proteggo il lavoratore perché una legge me lo impone ma perché lavori meglio, in maniera più efficiente e sicura. Stessa cosa vale per il lavoratore che dovrebbe vedere nella sicurezza l'unica modalità di lavoro
Rispondi Autore: lui che sa - likes: 0
01/08/2016 (13:32:26)
Ok, anche se il rischio fosse stato analizzato nel DVR, cosa sarbbe cambiato? il lavoratore non si sarebbe infortunato per caso?

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