Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing' Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 - Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00095)
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Somministrazione di lavoro e obblighi di sicurezza dopo il Jobs Act
Come noto, le norme che regolamentavano la somministrazione di lavoro dal punto di vista della ripartizione degli obblighi di salute e sicurezza sul lavoro, cioè gli articoli 3 comma 5 del D.Lgs.81/08 e 23 comma 5 del D.Lgs.276/2003, da circa un anno sono state espressamente abrogate dall’art.55 c.1 lett.d ed e) del D.Lgs. 15 giugno 2015 n.81 e sono state concettualmente sostituite dall’articolo 35 comma 4 di quest’ultimo decreto, che ora rappresenta il punto di riferimento normativo in tale materia.
Ciò è avvenuto nell’ambito di unapiù generale riforma - il Jobs Act, di cui il D.Lgs.81/2015 è attuativo - che ha abrogato gli articoli 20-28 del D.Lgs.276/2003 che disciplinavano in precedenza il contratto di somministrazione di lavoro (non solo dal punto di vista della salute e sicurezza ma a 360 gradi) sostituendo la precedente regolamentazione con una nuova disciplina avente ad oggetto il contratto di somministrazione di lavoro nel suo complesso (e quindi anche gli aspetti connessi alla salute e sicurezza sul lavoro).
In particolare, tale nuova regolamentazione del contratto di somministrazione è contenuta nel Capo IV (articoli 30-40) del Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n.81, recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n.183” (G.U. 24 giugno 2015, n. 144 - S.O. n.34) ed è entrata in vigore il 25 giugno dell’anno scorso.
Prima di analizzare gli aspetti relativi alla salute e sicurezza, premettiamo che la sezione del D.Lgs.81/2015 dedicata al contratto di somministrazione di lavoro si apre con la nuova definizione di tale contratto (art.30 D.Lgs.81/2015 - “Definizione”), secondo la quale “il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un'agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003 , mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore.”
Le norme del D.Lgs.81/2015 che attualmente disciplinano la somministrazione di lavoro dal punto di vista degli obblighi di salute e sicurezza
Ripartizione degli obblighi prevenzionistici
Come si è già avuto modo di accennare, la norma che attualmente regolamenta la ripartizione degli obblighi prevenzionistici tra somministratore e utilizzatore è oggi contenuta nell’articolo 35 comma 4 del D.Lgs.81/2015 (“Tutela del lavoratore, esercizio del potere disciplinare e regime della solidarietà”), il quale prevede che:
“Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e li forma e addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale essi vengono assunti, in conformità al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore.
L'utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori somministrati gli obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti.”
Dal punto di vista della ripartizione degli obblighi prevenzionistici tra somministratore e utilizzatore, può essere utile - solo per una valutazione generale, essendo le norme di seguito riportate non più in vigore - un raffronto con il regime normativo previgente ormai abrogato (che era contenuto nell’articolo 3 c. 5 del Testo unico di salute e sicurezza), il quale in precedenza disponeva quanto segue:
“Nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell’utilizzatore”.
Il rinvio operato dalla norma all’articolo 23 c.5 del decreto 276/2003 (“fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003”) faceva riferimento alla previsione secondo cui “il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore.
Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. L’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.”
Divieto di avvalersi del contratto di somministrazione per ragioni collegate alla salute e sicurezza
Anche con il nuovo decreto, il contratto di somministrazione di lavoro continua ad essere “vietato […] da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.” (Art. 32 c.1 lett.d) D.Lgs.81/2015).
Contenuti necessari del contratto di somministrazione collegati alla salute e sicurezza
Tale contratto, inoltre, deve anche contenere, tra gli altri elementi necessari, “l'indicazione di eventuali rischi per la salute e la sicurezzadel lavoratore e le misure di prevenzione adottate” (Art. 33 c.1 lett.c) D.Lgs.81/2015).
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Allorché poi questi ultimi due requisiti (il divieto di cui sopra e i contenuti necessari del contratto) - riguardanti le tutele di salute e sicurezza sul lavoro - vengano disattesi, è previsto quanto segue: “quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione” (tranne che nella pubblica amministrazione). Tale eventuale rimedio si aggiunge peraltro ad una sanzione amministrativa pecuniaria (art. 40).
Nell’eventualità che il lavoratore avanzi la richiesta di cui sopra, “tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione.”
(Art. 38 c. 2, 3 e 4 D.Lgs.81/2015).
L’esercizio del potere disciplinare - I danni verso i terzi
Il decreto attuativo del Jobs Act specifica poi che “ai fini dell'esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore, l'utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970” e che “l'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni.” (Art. 35 commi rispettivamente 6 e 7 D.Lgs.81/2015)
Il computo dei lavoratori
Ai sensi del D.Lgs.81/2015, “il lavoratore somministrato non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” (art. 34 c.3 D.Lgs.81/2015).
Questa norma va a collegarsi all’articolo 4 c.2 del D.Lgs.81/08, il quale - rimasto invariato - prevede che “i lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 [ora art. 30 e seguenti D.Lgs.81/2015, n.d.r.], e successive modificazioni e i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un semestre.”
(N.B.In tema di computo dei lavoratori si ricorda peraltro che una nuova norma - avente ad oggetto il “telelavoro” - è stata introdotta da un altro decreto attuativo del Jobs Act: il D.Lgs.80/2015, recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, all’art. 23 “Disposizioni in materia di telelavoro” ove si prevede che “i datori di lavoro privati che facciano ricorso all'istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.”)
Gli obblighi di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (D.P.R.1124/65)
Viene infine precisato dal nuovo decreto che “gli obblighi dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124, e successive modificazioni, sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso medio o medio ponderato, stabilito per l'attività svolta dall'impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tasso medio o medio ponderato della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata.” (Art. 37 c.3 D.Lgs.81/2015, “Norme previdenziali”.)
Cenni alla giurisprudenza: due sentenze della Cassazione sulla somministrazione di lavoro
Chiudiamo questo contributo riportando un paio di sentenze della Cassazione in materia di somministrazione di lavoro.
Cassazione Penale, Sez. IV, 21 maggio 2015 n. 21304
All’amministratore di una s.p.a., imputato per omicidio colposo in danno di una lavoratrice, erano state contestate “le condotte consistite: 1) nella mancata formazione e informazione della lavoratrice sui rischi inerenti l'utilizzo degli strumenti di lavoro (in particolare dei transpallet utilizzati per il trasporto merci) in uso presso la società utilizzatrice dell'opera della MG.A. [la lavoratrice, n.d.r.]; 2) nell'adozione di inadeguate procedure di movimentazione delle merci (con la conseguenza che, nel caso di specie, la lavoratrice era stata adibita al trasporto di un liquido che, per peso e caratteristiche dei contenitori, non permetteva un corretto bilanciamento e non garantiva la stabilità del carico); 3) nell'utilizzo del transpallet su una pavimentazione irregolare con dislivelli e pendenza media del 4%; 4) nella mancata valutazione dei rischi connessi alle descritte operazioni lavorative: condizione che non avrebbe neppure consentito la somministrazione di manodopera, ai sensi dell'art. 20, co. 5, lett. e), d.lgs. n. 276/2003, nella specie stipulata dalla società Q. s.p.a. senza verificare l'esistenza di alcun documento di valutazione dei rischi per l'unità produttiva cui l'MG.A. era stata addetta.”
In termini di dinamica dell’evento, la lavoratrice, nel trasportare a mezzo di un transpallet una cisterna contenente sapone liquido del peso di 750 kg., era stata travolta e schiacciata dal contenitore trasportato caduto dal transpallet, decedendo.
In primo grado il GUP presso il Tribunale ha dichiarato non doversi procedere in quanto “in ragione delle dimensioni e dell'organizzazione della Q. s.p.a. il presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante non aveva avuto alcun ruolo nella stipulazione del contratto di somministrazione delle prestazioni della lavoratrice, la cui gestione era stata integralmente affidata ai responsabili commerciali di filiale.
Sotto altro profilo” - secondo il Tribunale - “nessun rimprovero per l'omessa formazione della dipendente o per l'adozione di inadeguate procedure di lavoro poteva essere sollevato nei confronti dell'imputato, tenuto conto che la società somministratrice non aveva alcun obbligo formativo e informativo nei confronti della lavoratrice somministrata avendone contrattualmente trasferito i corrispondenti oneri (ai sensi dell'art. 23 d.lgs. n. 276/2003) alla società destinataria delle prestazioni.
Quanto alla mancata verifica dell'esistenza del documento di valutazione dei rischi per l'unità produttiva cui la lavoratrice era stata adibita, il giudice a quo - dopo aver evidenziato l'avvenuta espressa dichiarazione contrattuale della società destinataria delle prestazioni di avere effettuato, in data 31/1/2008, la valutazione dei rischi, ai sensi degli artt. 17, 18, 28 e 36 del d.l gs. n. 81/2008 - ha rilevato come l'eventuale mancanza del documento o la mancata valutazione dello stesso non potessero in ogni caso costituire la causa del decesso della MG.A., nella specie cagionata in via esclusiva da un'inadeguata formazione e informazione della lavoratrice e dal conseguente utilizzo di una scorretta procedura di lavoro.”
Il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione avverso l’assoluzione lamentando il fatto che il Tribunale avrebbe errato nel considerare irrilevante, dal punto di vista causale, l’“eventuale mancanza del documento di valutazione dei rischi, tenuto conto che […] ai sensi dell'art. 20, co. 5, d.lgs. n. 276/2003 [ora art.32 D.Lgs 81/2015], il ricorso al contratto di somministrazione di lavoro è precluso per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 d.lgs. n. 626/94 (oggi riferito all'art. 28, d.lgs. n. 81/2008): situazione di fatto del tutto coincidente con quella di specie, attesa l'assoluta inidoneità, tanto del documento depositato agli atti del giudizio (privo financo dell'indicazione dell'unità produttiva alla quale farebbe riferimento), quanto della dichiarazione meramente formale, emessa in sede contrattuale dalla società destinataria dell'opera della lavoratrice, di aver effettuato la valutazione dei rischi.”
La Cassazione dichiara fondato il ricorso e annulla la impugnata sentenza con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.
Cassazione Penale, Sez. IV, 9 giugno 2011 n. 23314
Il legale rappresentante della S. s.p.a., fornitrice di lavoro temporaneo, viene ritenuto in primo grado responsabile di un infortunio sul lavoro occorso al lavoratore D.M., “il quale, dipendente, secondo la contestazione, della società sopra indicata, mentre lavorava in virtù del contratto di fornitura di prestazione di lavoro temporaneo con la mansione di carrellista presso lo stabilimento C. spa, durante le operazioni di spostamento di alcuni bancali, riportava fratture varie con prognosi iniziale di gg. 30 e successivamente superiore a gg. 40.
All'imputato, nella qualità di datore di lavoro del D., era stato contestato di avere omesso di fornire al dipendente una formazione adeguata alle specifiche mansioni di carrellista, espressamente indicata nel contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo tra la S. e la C.
La sentenza argomentava la responsabilità dell'imputato proprio attraverso la constatazione, fondata sulla valutazione tecnica degli ispettori della S., del fatto che il D. non aveva adottato le procedure di sicurezza da considerarsi “scontate” per qualsiasi carrellista e comunque riportate in tutti i manuali d'uso dei carrelli che impongono di muovere il mezzo sempre con le forche abbassate fino ad un'altezza dal suolo di cm 20.”
L’imputato ricorre in Cassazione ma poiché tale ricorso contiene delle censure in ordine alla valutazione delle prove, esso viene qualificato dalla Corte come appello e pertanto ne viene disposta la trasmissione degli atti alla Corte di merito competente.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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Rispondi Autore: Giorgio Fiorentini - likes: 0 | 24/06/2016 (18:40:21) |
Ho letto con molto interesse questo articolo. Ringrazio la bravissima Dott.ssa Guardavilla che tutti noi (interessati alla Sicurezza)aspettiamo all'Università di Lecce il primo luglio p.v.! Vorrei approfittare per anticiparle un chiarimento che,in quell'occasione, le chiederemo: nel basso Salento vi sono varie industrie calzaturiere che somministrano lavoro a domicilio, fornendo macchinari e materiale In un'interpello, il Ministero del Lavoro, chiarisce che il lavoro a domicilio non è da considerare in "luogo di lavoro". Il D.Lgs 81/08 riporta che il DVR deve essere elaborato solo nei luoghi di lavoro. Il Servizio Ispettivo della locale ASL, comunque, lo pretende. Forse è il caso di fare un nuovo interpello? |